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Riforma della disabilità: eliminiamo la possibilità di istituzionalizzare le persone

Una recente vicenda di gravi maltrattamenti ai danni di persone con importanti disabilità intellettive e cognitive, ospiti di una Comunità situata in Piemonte, offre lo spunto per una riflessione su come i temi della prevenzione dell’istituzionalizzazione e della promozione la deistituzionalizzazione siano stati trattati nel Decreto Legislativo 62/2024, uno dei decreti attuativi della Legge Delega in materia di disabilità. La riflessione evidenzia come, sul tema considerato, il decreto in questione si discosti sia dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, sia dalla Legge di delegazione.

Messaggio in bottiglia (foto di Ylanite Koppens su Pexels).

Nella giornata di ieri, 19 giugno 2025, sul sito dei Carabinieri, è stato pubblicato un comunicato stampa dal titolo Maltrattamenti su persone con gravi disabilità, 8 arresti in Piemonte, a firma del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute Torino – Torino, Cuneo (il testo è disponibile a questo link). Nel comunicato è scritto che nella mattina del 19 giugno i Carabinieri del NAS di Torino (il Nucleo Antisofisticazioni e Sanità), al termine di un’attività complessa e articolata, svolta in collaborazione con altri soggetti, hanno eseguito otto ordini di custodia e sei perquisizioni domiciliari a carico di sette operatori socio sanitari ed uno psicoterapeuta, ritenuti responsabili di gravi maltrattamenti su persone con importanti disabilità intellettive e cognitive ospiti di una Comunità situata nel Pinerolese, e facente capo ad una Cooperativa che gestisce molteplici strutture in Piemonte e in Lombardia. Uno degli arrestati è accusato anche di violenza sessuale nei confronti di un ospite disabile. Le indagini hanno permesso «di svelare le condotte abituali tenute nei confronti degli ospiti disabili, sottoposti a gravi umiliazioni e violenze fisiche e verbali. L’attività investigativa ha evidenziato la presenza di quotidiani episodi di maltrattamenti, consistenti in ingiurie, strattoni, schiaffi, percosse, nonché continui atteggiamenti vessatori, intimidatori e di scherno sia a livello fisico che psichico. Gli arrestati sono stati tutti sottoposti agli arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni», si legge nel comunicato, che tuttavia precisa che i fatti sono ancora in fase di accertamento. La notizia è stata rilanciata anche da diversi organi di stampa che hanno individuato la struttura di cui si tratta nella Comunità Mauriziana di Luserna San Giovanni, un Comune della città metropolitana di Torino, ed ulteriori particolari (se ne legga, ad esempio, in questo articolo pubblicato su «Torino Cronaca» il 20 giugno 2025). Tuttavia, ai fini della presente riflessione, non è utile addentrarsi ulteriormente in questi terribili avvenimenti ancora in fase di definizione, è invece importante soffermarsi sul fatto che, davanti a vicende come questa, altre ad esprimere la giusta indignazione, spesso ci si limita a chiedere maggiori controlli, pene esemplari per i colpevoli, o altre misure repressive, senza però arrivare a mettere in discussione la stessa esistenza di queste strutture. Il sotteso – molto probabilmente inconsapevole – è che l’istituzionalizzazione sia necessaria, e che “l’unico” problema siano le condotte che configurano fattispecie di reati. Nella sostanza l’istituzionalizzazione in sé, col suo portato segregante, rimane fuori fuoco, non diviene l’oggetto della riflessione perché non è percepita come una violazione dei diritti umani, né come una forma di violenza ai danni delle persone con disabilità, come invece indicato dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ad esempio, nelle Linee guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza del 2022 (si veda in particolare il punto 6). Purtroppo questo approccio sembra ancora largamente condiviso. Non è un caso che sino ad oggi nel nostro Paese non sia stato predisposto nessun piano nazionale o regionale per la deistituzionalizzazione, né risulta che la questione venga trattata come una priorità politica anche all’interno dell’associazionismo delle persone con disabilità (salvo pochissime eccezioni, che al momento sembrano minoritarie). Ma le tracce di questo approccio, a volerle cercare, sono rinvenibili anche nella normativa più recente.

«Il progetto di vita tende a favorire la libertà della persona con disabilità di scegliere dove vivere e con chi vivere, individuando appropriate soluzioni abitative e, ove richiesto, garantendo il diritto alla domiciliarità delle cure e dei sostegni socioassistenziali, salvo il caso dell’impossibilità di assicurare l’intensità, in termini di appropriatezza, degli interventi o la qualità specialistica necessaria»: recita così il primo comma dell’articolo 20 del Decreto Legislativo 62/2024, recante Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato. Il menzionato decreto, va ricordato, è uno di quelli emanati in attuazione della Legge 227/2021ovvero la Legge Delega al Governo in materia di disabilità, comunemente individuata con l’espressione “riforma della disabilità”. Come risulta anche dalla denominazione, il decreto disciplina, tra le altre cose, anche il progetto di vita individuale personalizzato e partecipato, e la disposizione riportata fa riferimento proprio a questo strumento.

Quella citata è una disposizione che va letta con attenzione, perché nei fatti la previsione dell’eccezione – introdotta dalla dicitura «salvo il caso» – consente di negare alle persone con disabilità «la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione», riconosciuta alla lettera a dell’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Un trattato che, è bene sottolinearlo, è stato ratificato dall’Italia con la Legge 18/2009. Nella sostanza il decreto prevede che se lo Stato non è in grado di assicurare in modo appropriato interventi particolarmente intensi o una specialistica di qualità, allora la libertà della persona con disabilità di scegliere dove vivere e con chi vivere – che in realtà si configura come un diritto umano – può essere compressa o negata. E probabilmente è vero che attualmente lo Stato non è in grado di erogare certi servizi, ma la riforma della disabilità dovrebbe servire proprio per rimodulare il sistema dei servizi in modo da «promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità»: è esattamente questo lo Scopo della Convenzione ONU (indicato al primo comma, dell’articolo 1 della stessa). Pertanto, l’idea che i diritti umani si possano garantire ad alcune persone (con o senza disabilità) e non ad altre è incompatibile con lo stesso concetto di diritto umano.

Quella dell’articolo 20 è dunque una disposizione in contrasto con la Convenzione ONU perché quest’ultima non prevede eccezioni alla libertà della persona con disabilità di scegliere dove vivere e con chi vivere. Non solo, la persona disabile costretta a vivere in una struttura residenziale in ragione della propria disabilità, e per la mancata predisposizione di un’alternativa inclusiva, sta subendo un’arbitraria privazione della propria libertà che confligge anche con l’articolo 14 (Libertà e sicurezza della persona) della medesima Convenzione ONU, nonché con un stratificato complesso di norme, nazionali e internazionali, tutte orientate a prevenire l’istituzionalizzazione e promuovere la deistituzionalizzazione. Ulteriori considerazioni potrebbero poi essere fatte sull’impiego dell’espressione «tende a favorire», riferita alla «libertà della persona con disabilità di scegliere dove vivere e con chi vivere» – presente anch’essa, come abbiamo visto, nella menzionata disposizione dell’articolo 20 –, che, stando a una recente analisi sociologico-giuridica della riforma della disabilità, introdurrebbe nel nostro ordinamento giuridico «l’ambigua figura del “diritto tendenziale” che ripartisce pragmaticamente i soggetti giuridici fra coloro che sono titolari di diritti effettivi e coloro che dispongono di meri diritti tendenziali»*.

Già questi elementi dovrebbero essere sufficienti per chiedere con urgenza che il primo comma dell’articolo 20 del Decreto Legislativo 62/2024 venga interamente riscritto. Ma vi è anche un altro aspetto che pone interrogativi problematici. Il fatto è che il Decreto Legislativo 62/2024 si discosta anche dai principi e criteri direttivi enunciati nell’articolo 2 della Legge di delegazione.

Infatti, riprendendo in mano la Legge Delega 227/2021, notiamo che essa indica che nell’elaborazione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, si debbano individuare «i sostegni e gli accomodamenti ragionevoli che garantiscano l’effettivo godimento dei diritti e delle libertà fondamentali, tra cui la possibilità di scegliere, in assenza di discriminazioni, il proprio luogo di residenza e un’adeguata soluzione abitativa, anche promuovendo il diritto alla domiciliarità delle cure e dei sostegni socio-assistenziali» (articolo 2 comma 2, lettera c, numero 4). La medesima Legge di delegazione prevede inoltre che l’individuazione dei sostegni e servizi per l’abitare in autonomia e dei modelli di assistenza personale autogestita a supporto della vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, sia attuata «favorendone la deistituzionalizzazione e prevenendone l’istituzionalizzazione» (articolo 2 comma 2, lettera c, numero 12).

Ebbene, come già argomentato, il Decreto Legislativo 62/2024, prevedendo un’eccezione alla libertà della persona con disabilità di scegliere dove vivere e con chi vivere, introduce un elemento di discriminazione che, stando alla Legge di delegazione, dovrebbe essere assente. Inoltre nella Legge di delegazione si fa esplicito riferimento alla promozione della deistituzionalizzazione e alla prevenzione dell’istituzionalizzazione, riferimento che nel Decreto Legislativo 62/2024 è completamente scomparso, mentre l’istituzionalizzazione è addirittura ammessa, sia pure come eccezione.

Dunque viene da chiedersi: perché nel Decreto Legislativo 62/2024 ci sono cose che non ci dovrebbero essere, e ne mancano altre che invece sono previste dalla Legge di delegazione? E ancora: chi ha la responsabilità politica di questo discostamento dalla Legge di delegazione e dalla Convenzione ONU?

Nei giorni scorsi Giampiero Griffo, membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peopoles’ International) e condirettore del CeRC (Centre for Governmentality and Disability Studies Robert Castel) dell’Università suor Orsola Benincasa di Napoli, ha scritto un interessate testo nel quale ha intrapreso un’analisi dei decreti attuativi della Legge Delega 227/2021, soffermandosi, in questo primo contributo, sul tema delle valutazioni (attualmente in fase di sperimentazione) e rilevando alcune criticità, tra cui, in particolare, la mancanza di un chiaro riferimento ai diritti umani nel Decreto Legislativo 62/2024 (si veda: Il tema delle valutazioni nella “riforma della disabilità” e il mancato riferimento ai diritti umani, del 19 giugno 2025). Nel concludere la sua analisi, Griffo osserva come, sui differenti aspetti delle valutazioni, nel Decreto Legislativo 62/2024 possano essere apportate migliorie su tanti temi, «e il tempo della sperimentazione dovrebbe essere sufficiente, fino al giugno del 2026, per introdurre gli appropriati correttivi». Ci auguriamo, dunque, che anche la disciplina del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato, definita nel medesimo decreto legislativo, possa essere corretta esplicitando che detto progetto di vita debba mirare a prevenire l’istituzionalizzazione – senza eccezioni – e a promuovere – con convinzione – la deistituzionalizzazione delle persone con disabilità.

Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)

 

Nota: tutti i grassetti nelle citazioni testuali sono un intervento della redazione, mentre la formattazione della citazione del testo di Griffo non corrisponde a quella originale.

* Ciro Tarantino e Cecilia M. Marchisio, Gli spiriti della legge. Sulle tensioni istituenti del decreto legislativo 62/2024 in tema di progetto personalizzato per le persone con disabilità. Uno studio di animismo giuridico, pubblicato nel Dossier Aspetti e aspettative della riforma della disabilità, in «Sociologia del diritto» (Vol. 52, Numero 1, 2025), pag. 367. In merito alla presente pubblicazione si segnala anche la seguente presentazione: Simona Lancioni, Un dossier che indaga le tensioni che animano la riforma della disabilità, «Infermare un’h», 15 giugno 2025.

 

Ultimo aggiornamento il 20 Giugno 2025 da Simona