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Violenza (non solo sulle donne): la vergogna deve cambiare campo!

Viviamo in società in cui chi è indotto/a a vergognarsi non è chi la violenza la commette, ma chi la subisce. Accade alle donne, ma anche alle persone con disabilità, alle vittime di razzismo, di bullismo, di omo/lesbo/transfobia… Dunque sì, concordiamo con Gisèle Pelicot, la donna francese drogata e fatta violentare dal marito per oltre dieci anni, quando afferma che “la vergogna deve cambiare campo”, purtroppo però non possiamo affermare che quel campo ci sia estraneo.

Un bel primo piano di Gisèle Pelicot (© ANSA/AFP).

Si è concluso ieri (19 dicembre 2024) il processo di quello che i media hanno chiamato il “caso Pelicot”, un’efferata storia di violenza di genere che ha sconvolto la Francia e non solo.  Il tribunale di Avignone ha condannato a 20 anni di carcere Dominique Pelicot, l’uomo che per oltre dieci anni ha drogato e fatto violentare sua moglie Gisèle Pelicot, 72 anni, filmandone gli abusi. Tutti dichiarati colpevoli e condannati anche i 51 uomini imputati nel medesimo processo: quarantasette per stupro, due per tentato stupro e due per aggressione sessuale (a questo link il servizio di Marina Nasi su «Valigia Blu», a quest’altro link un ulteriore testo dell’AFP – Agence France-Presse, un’agenzia di stampa francese, su «Internazionale»).

La vittima, Gisèle Pelicot, una pensionata che vive nella cittadina francese di Mazan, è diventata simbolo della lotta contro la violenza di genere per aver scelto di affrontare i suoi aggressori in Tribunale, rifiutando il processo a porte chiuse con questa motivazione: «Que la honte change de camp» (in italiano: «Che la vergogna cambi campo»). Non sono le vittime di violenza a doversi vergognare, ci sta dicendo questa coraggiosa donna, ma chi la violenza la compie. Cosa c’è di rivoluzionario in questa affermazione? C’è che viviamo in società in cui chi è indotto/a a vergognarsi non è chi la violenza la commette, ma chi la subisce. Accade alle donne, quante volte la vita privata delle donne che hanno denunciato una violenza è stata utilizzata nei processi come strumento per screditare quelle stesse donne? Ma anche alle persone con disabilità, alle vittime di razzismo, di bullismo, di omo/lesbo/transfobia…

«Eh, ma non tutti gli uomini!», è il mantra autoassolutorio che spesso parte in automatico dalla sponda maschile, come se tutti noi, uomini e donne, in quella stessa cultura patriarcale non ci fossimo immersi/e.

«Eh, ma non tutte le persone senza disabilità!», potrebbe azzardare chi si sente rinfacciare il privilegio di vivere in ambienti e contesti pensati e progettati quasi esclusivamente per persone senza nessun tipo di disabilità, come se questa agevolazione non dovesse essere messa in conto nel bilancio che definisce l’uguaglianza tra cittadini e cittadine. Ma ci sono aspetti ancora più sottili.

L’Italia si tiene inalterati tre istituiti di tutela giuridica – l’interdizione, l’inabilitazione e l’amministrazione di sostegno – che in decine di migliaia di casi vengono utilizzati per fa sì che le persone con disabilità, ed in particolare quelle con disabilità psicosociale, non abbiano più voce in capitolo sulle loro vite. Ci aspetteremmo di trovare tutto l’associazionismo di settore sulle barricate per contrastare questa violenza di Stato, e invece no. Contrastare la violenza di Stato, non sembra una priorità per la quasi totalità delle persone con disabilità. «Eh, ma non tutte le persone con disabilità!», potrebbe essere, in questo caso, la formula distanziante, come se la violenza fosse solo una responsabilità di chi la compie e non anche di chi, potendo agire per prevenirla/contrastarla, non ci prova nemmeno.

Dunque sì: la vergogna deve proprio cambiare campo, e non possiamo affermare che quel campo ci sia estraneo. (Simona Lancioni)

 

Per approfondire:

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema della “Tutela giuridica”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento il 20 Dicembre 2024 da Simona