Sebbene ancora oggi persistono molti stereotipi negativi riguardo ai videogiochi, essi possono essere proficuamente utilizzati per portare ad un rafforzamento dell’attenzione, del pensiero multi-tasking e del probem solving. Si tratta della Video Game Therapy, la “terapia dei videogiochi”, che ora è utilizzata anche in Italia.
Proprio nei giorni in cui il racconto di paura e di guerra incombe sulle nostre vite, può essere d’aiuto cercare un supporto psicologico che possa venire incontro a persone di diverse generazioni. Si tratta di un bisogno che quale potrebbe trovare una risposta nella Video Game Therapy, la “terapia dei videogiochi”. Ancora oggi persistono molti stereotipi sul gaming, spesso associato alle dipendenze, ad una maggiore aggressività o ad altri effetti psicopatologici, senza valutare che esso può invece rivelarsi utili per alleviare lo stress in diverse situazioni di socialità quotidiana. Ed è proprio la comunità scientifica ad evidenziare come il gaming possa portare ad un rafforzamento dell’attenzione, del pensiero multi-tasking e del problem solving (risoluzione di problemi), e a ritenere che i videogiochi possano essere utilizzati in setting educativi e terapeutici.
In specifico si ritiene che la Video Game Therapy possa portare benefici in molteplici situazioni: in ambienti psichiatrici, con utenti con diagnosi di psicosi e disturbi dell’umore e di personalità borderline; con i minori interessati da ADHD (disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività), DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), e autismo; con persone interessate da psicosi organiche o disabilità fisiche in seguito a traumi fisici nel soggetto adulto.
Inoltre il videogioco può essere inteso come strumento dal forte valore psicopedagogico ed educativo, come facilitatore dell’apprendimento creativo attraverso lo storytelling e la narrazione; ma anche come facilitatore di emozioni nuove rispetto al vuoto esistenziale, come compensazione positiva per soggetti con abuso di sostanze o alcool o come dimensione creativa e ripartiva per soggetti ludopatici; o, ancora, come uno strumento esperienziale attraverso cui un team di lavoro può sviluppare le abilità di collaborazione, competizione e negoziazione. Sotto quest’ultimo profilo esso si presenta anche come uno strumento per sviluppare le abilità di leadership e comunicazione assertiva, per favorire il team building (la costruzione della squadra) ed il team working (il lavoro di squadra). Infine i videogiochi possono utilmente essere utilizzati nel disturbo post traumatico da stress, per la loro funzione contenitiva dell’angoscia e creativa insieme.
«È sempre più difficile essere se stessi. Viviamo in un mondo confuso, bombardati da immagini e strutture che non ci appartengono. Attraverso il videogioco, la Video Game Therapy crea un percorso che ha come obiettivo quello di permetterti di concentrarti su te stesso, su chi sei nel profondo, attraverso l’espressione libera di ricordi, emozioni, pensieri, spesso rimossi. Tutto questo a prescindere dal giudizio degli altri. Il videogioco è infatti un concentrato di luci, suoni, colori, musica, immagini, che, se guidato, può permetterti di sfogarti, di riscoprire la tua creatività, di ricordarti chi sei veramente», sono le parole di Francesco Bocci, ideatore della Video Game Therapy in Italia.
In questo periodo la Video Game Therapy può essere utile perché riprende tutte le dinamiche del gioco classico, quindi identificazione in un ruolo e la proiezione in esso di tutte quelle parti del se collegate alla vita reale, che sono caratterizzate, ad esempio, da emozioni quali l’angoscia, la paura, la minaccia, il terrore della morte, ma anche da un forte sentimento di inferiorità legato ad un vissuto di impotenza, di fallimento, di fatica e vuoto. Tutte emozioni, magari in parte già presenti nella vita dei ragazzi e delle ragazze anche prima della pandemia nelle loro dinamiche intra ed extra familiari e nelle loro esperienze, ma che il Covid ha amplificato, e che oggi anche questa guerra inevitabilmente riattiva, se pur inconsciamente.
Come avviene tutto questo? «Il gioco riattiva il fenomeno della “catarsi” ed il nostro gamer [giocatore/trice, N.d.R.] si libera, rivivendole virtualmente, delle emozioni negative, e così facendo mette in atto, se pur a livello immaginativo nel contesto ludico, strategie di sopravvivenza, di resistenza e di resilienza, attivando il proprio Sé Creativo. Ed è proprio quest’ultima la forza del gioco/videogioco. Per questo ritengo che un approccio clinico come quello della Video Game Therapy, abbia come prima istanza, il valore dell’inclusione sociale e della riscoperta di certe parti/emozioni di sé. E tutto questo avviene perché mentre giochiamo, le nostre skill [abilità, N.d.R.], come l’attenzione, sono attivate dalla memoria di lavoro e lasciano spazio al nostro emisfero destro di esprimersi più liberamente che in precedenza, poiché é meno “occupato” a doversi difendere da questa “energia emotiva” spesso insopportabile. Come diceva Alfred Adler, il gioco è quindi una “lotta creativa”», spiega ancora Bocci.
C’è un interesse crescente per i “serious games” (giochi progettati a fini educativi), soprattutto per l’area dedicata alle sedute terapeutiche. I giochi, infatti, consentono ai/alle pazienti di sentirsi liberi dalle normali pressioni quotidiane, con la conseguente capacità di agire più liberamente ed esprimere loro stessi. Questo fatto può aiutare i terapeuti e altri professionisti della salute mentale ad arrivare alla radice del disturbo di un paziente, portando a un trattamento più efficace. Rispetto al gioco classico, il videogioco rappresenta una dimensione più ampia a livello di stimolazione e di variabili presenti, per questo le potenzialità del mezzo sono maggiori, come maggiore è la necessità di mantenimento del setting relazionale, come confine rispetto al rischio che il videogioco stesso diventi disfunzionale al processo di co-costruzione di significati e di riattivazione del Sé creativo. In pratica, nelle sedute, oltre al colloquio, vengono utilizzate schede di lavoro specifiche che il professionista ha appreso durante la formazione e che rappresentano lo strumento di lavoro prioritario (una sorta di protocollo, ma non rigido, più uno strumento di lavoro).
Innovativo come metodo scientifico e come comunicazione facilitata anche con le generazioni più giovani, la game Therapy ha obiettivi terapeutici predefiniti, come promuovere la sperimentazione emotiva con l’altro (terapeuta o caregiver); attivare i processi empatici, accedendo alla sfera emozionale ed affettiva; promuovere l’alfabetizzazione emotiva, attraverso l’attivazione di un livello di coscienza più cognitivo e razionale; promuovere un sentimento sociale in cui il gioco diventa cooperazione reciproca e condivisione di dinamiche interne; promuovere la consapevolezza di un proprio ruolo o identità in un dato momento di vita, grazie alla correlazione tra lo stile di vita reale del gamer, tra le sue mete finzionali espresse attraverso i compiti vitali, con l’avatar del protagonista o di un personaggio del videogioco all’interno di una storia narrata virtualmente. La Video Game Therapy può essere eseguita solo da chi viene adeguatamente formato all’approccio in esser, tramite i corsi dedicati per psicologi e per tutte le professioni sanitarie.
Fonte: comunicato Ufficio Stampa di Valentina Tomirotti
Per informazioni: Valentina Tomirotti e-mail: press@valentinatomirotti.it
Per approfondire:
Sito Video Game Therapy.
Ultimo aggiornamento il 20 Giugno 2022 da Simona