di Lorenza Vettor*
«Nel 2013 – scrive Lorenza Vettor – è stato sottoscritto il “Trattato di Marrakech per facilitare l’accesso ai testi pubblicati alle persone cieche, con incapacità visive o altre difficoltà ad accedere al testo stampato”, che introduce forti deroghe al diritto d’autore per i testi destinati a persone cieche, ipovedenti o con difficoltà di lettura. Ma ogni casa editrice sembra applicarlo in modo differente, facendo il bello e il cattivo tempo, come da mia esperienza personale».
Vorrei raccontare una mia vicenda personale, sollevando un problema che per ora non ha una sola risposta. La questione è quella dei libri in formato accessibile alle persone cieche e ipovedenti o con difficoltà di lettura.
Tutti sappiamo che nel 2013 è stato sottoscritto il Trattato di Marrakech (Trattato di Marrakech per facilitare l’accesso ai testi pubblicati alle persone cieche, con incapacità visive o altre difficoltà ad accedere al testo stampato) e che esso introduce forti deroghe al diritto d’autore per i testi destinati alle categorie di persone che ho indicato. Ma perché ne parlo? Perché ogni casa editrice si comporta in modo differente, facendo il bello e il cattivo tempo. E vengo, allora, alla mia vicenda.
Ho deciso di conseguire una seconda laurea e ovviamente ho bisogno dei testi di studio per i vari esami. Siamo nel 2023 – mi sono detta – e da trent’anni a questa parte, quando i libri venivano registrati su cassette o su CD-Rom, quasi sempre da persone di buona volontà, qualcosa sarà pur cambiato! Non proprio…
Inizio a contattare i singoli editori, chiedendo di ricevere, previa presentazione della certificazione comprovante la mia disabilità, i libri in formato elettronico accessibile. Infatti, ad oggi sono pochissimi i libri di studio già in formato e-book accessibile, che come tali non presentano alcun problema: basta acquistarli sui vari store e il gioco è fatto! Una volta tanto chi non vede è messo nelle stesse identiche condizioni degli altri e questa, a casa mia, si chiama inclusione! Ma torno alla mia storia.
Per la precisione, sono tre le case editrici a cui mi sono rivolta e dalle quali ho ricevuto altrettante diverse risposte.
Primo caso: parliamo di un editore locale, ma abbastanza conosciuto. L’editore mi informa che non vende testi in formato elettronico e che per poter avere il libro, se sono una studentessa, devo rivolgermi all’Ufficio Inclusione della mia università, cosa che faccio prontamente. Sono fortunata: il libro che cerco è già stato passato allo scanner e così l’Ufficio me lo mette a disposizione, previa compilazione di una liberatoria dove dichiaro di fare un utilizzo personale dell’opera, nel rispetto delle norme sul diritto d’autore. Si tratta però di un prestito limitato nel tempo (tre mesi) e la modalità di accesso è solamente online.
Secondo caso: è la casa editrice più brava e magari tutte si comportassero così! Basta mandare la certificazione di disabilità (certificato di invalidità o di Legge 104) e la ricevuta del bonifico: il libro lo ricevo circa un’ora dopo via mail.
Terzo caso: l’editore (anche questo molto noto, come il secondo) è bravo, ma non bravissimo. Devo acquistare l’opera cartacea – che non mi serve a nulla – e inviare la solita certificazione oltre alla prova d’acquisto. Anche in questo caso, ricevo il libro a tempo di record.
Sono appena agli inizi e considerato che per ogni esame ci sono almeno un paio di testi da studiare, quasi sempre pubblicati da editori diversi, capisco che devo armarmi di tanta, tanta pazienza per arrivare alla fine.
Ma un interrogativo mi sorge spontaneo: possibile che non ci possa essere una regola uniforme? Un Trattato, per quanto bello, serve a poco se poi le norme vengono applicate in questo modo.
* Il presente contributo è già stato pubblicato su «Superando.it», il portale promosso dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.
Ultimo aggiornamento il 23 Ottobre 2023 da Simona