Presentato il 25 novembre scorso, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è ora disponibile la versione digitale del “Libro bianco per la formazione sulla violenza maschile contro le donne”, un testo dal Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica. Un esame dettagliato del testo evidenzia come in esso il tema della disabilità sia stato sviluppato in maniera più articolata nella parte descrittiva, mentre la trattazione risulta molto più debole nella parte operativa (quella che contiene gli indirizzi per la formazione di tutti gli operatori e le operatrici che entrano in contatto con le donne vittime di violenza e i loro figli e figlie).
Presentato il 25 novembre 2024, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è ora disponibile la versione digitale del Libro bianco per la formazione sulla violenza maschile contro le donne, un testo elaborato dal Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica istituito presso il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri (esso è disponibile a questo link). L’opera è introdotta dalla premessa di Fabrizia Giuliani, coordinatrice del gruppo di lavoro che ha prodotto il testo, nonché docente di Filosofia e teoria dei linguaggi e Studi di Genere presso La Sapienza Università di Roma, e da un’introduzione di Eugenia Roccella, Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità. Ed è proprio Roccella a specificare che il Libro bianco costituirà la base per l’elaborazione delle «linee guida nazionali» previste dall’articolo 6 della Legge 168/2023 (Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica), che dovranno essere predisposte «al fine di orientare una formazione adeguata e omogenea degli operatori che a diverso titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza». Il Libro bianco è articolato in due parti. La prima, che potremo definire descrittiva, è dedicata al Riconoscimento della violenza così come definita dalle fonti giuridiche e non, con una illustazione delle diverse forme in cui può manifestarsi e alcuni paragrafi dedicati al femminicidio, al ruolo dei Centri antiviolenza, agli/alle orfani/e dei crimini domestici e alla vittimizzazione secondaria. La seconda parte, più operativa, è specificamente centrata sulla Formazione, e fornisce sia indirizzi di carattere generale per la formazione di tutti gli operatori e le operatrici che entrano in contatto con le donne vittime di violenza e i loro figli/figlie, sia indicazioni per i singoli gruppi/soggetti che a vario titolo possono svolgere un ruolo nel contrasto alla violenza (operatori/operatrici giudiziari, della sanità, sociali e socio-educativi e della comunicazione, insegnanti ed educatori/educatrici, ma anche commercialisti/commercialiste per quel che riguarda gli aspetti della violenza economica). Essendo il Centro Informare un’h impegnato in modo specifico nel contrasto alla violenza nei confronti delle donne con disabilità, abbiamo analizzato il testo per verificare come questa specificità sia stata trattata nell’opera.
L’esame del testo ha evidenziato che il tema della disabilità è stato affrontato in diversi punti con un approfondimento specifico ed alcuni richiami in altre parti dell’opera. Entriamo nel dettaglio.
Nell’approfondimento “Donne sottoposte a violenza di genere con discriminazioni multiple” (pubblicato a pagina 33), Silvia Cutrera, componente del Forum Italiano Disabilità (FID), ha fatto riferimento alle Osservazioni pubblicate nel 2024 dal Comitato ONU preposto a monitorare l’attuazione della CEDAW (la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne) rispetto all’ottavo rapporto periodico prodotto dall’Italia su questa materia (le Osservazioni sono disponibili in lingua inglese a questo link). Cutrera, tra le altre cose, evidenzia come dal Comitato venga «segnalata la persistenza, nel nostro Paese, del sessismo e degli stereotipi di genere a livello sociale e istituzionale e dei discorsi di odio contro le donne e le ragazze LBGTI e le donne e le ragazze con disabilità. Quest’ultime sono esposte più delle altre a violenza di genere, compresa la violenza domestica, la sterilizzazione forzata e la cyberviolenza. Per le ragazze e donne con disabilità l’accesso alla giustizia è limitato, spesso le loro denunce non vengono riconosciute o non sono considerate attendibili. Alle ragazze e donne con disabilità psicosociali spesso viene negata la capacità giuridica. Andrebbe aumentata la conoscenza e la sensibilizzazione sulle varie forme di violenza subìte e potenziata l’accoglienza nei Centri antiviolenza e nelle Case rifugio tenendo conto delle esigenze specifiche delle donne con disabilità». Altri importanti temi toccati sono la mancanza di dati sulla violenza di genere disaggregati anche per la disabilità della vittima, le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari (soprattutto quelli per la salute sessuale e riproduttiva), e l’esigenza che il personale sanitario riceva una specifica formazione «sul diritto delle donne e delle ragazze con disabilità di decidere autonomamente sulle questioni relative alla loro salute». Un altro documento citato da Cutrera è il Terzo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea (disponibile in lingua italiana a questo link) che si focalizza su alcuni aspetti specifici quali l’empowerment, la leadership, la partecipazione politica e la lotta contro la violenza di genere.
Posto che l’approfondimento del FID è incluso nella prima parte, quella descrittiva, vediamo ora agli altri riferimenti alla disabilità contenuti in questa parte del testo.
Il divieto di discriminazione sulla base della disabilità è citato in una nota a margine (pag. 22) di un paragrafo dedicato alla Convenzione di Istanbul (la Convenzione del Consiglio d’Europa in tema di violenza di genere che l’Italia ha ratificato con la Legge 77/2013), evidenziando, appunto, come essa preveda che l’attuazione di tutte le disposizioni contenute nella stessa vengano poste in essere senza nessun tipo di discriminazione, compresa, tra le altre, anche quella sulla base della disabilità (articolo 4).
Nel paragrafo in tema di violenza sessuale la disabilità è considerata in relazione alla validità del consenso ai rapporti sessuali, allorquando è specificato che la «violenza sessuale può verificarsi anche quando la vittima non è in grado di esprimere un valido consenso per uso di alcolici, droghe, farmaci, grave ritardo mentale o per età infantile» (pag. 40).
Nella parte dedicata alla violenza psicologica sono evidenziate le aggravanti penali previste per i reati di maltrattamenti in famiglia «se il reato è perpetrato in presenza o a danno di particolari categorie vulnerabili come minori, donne in stato di gravidanza o persone disabili» (pag. 58).
«[…] la dipendenza finanziaria da un partner abusivo è una ragione chiave per cui lasciare i maltrattanti può essere così difficile», è scritto invece nel paragrafo dedicato alla violenza economica. «Quando ciò avviene su donne vittime disabili o anziane si agisce una discriminazione multipla, e per agire il controllo vengono utilizzati mezzi più o meno legali basati sulla limitazione all’accesso alle proprie risorse di sostentamento ed al contatto con l’esterno», si legge in un ulteriore passaggio del paragrafo (pag. 64).
La disabilità è citata anche nel paragrafo dedicato alla cyberviolenza (violenza informatica), laddove viene evidenziato come l’informazione e la formazione giochino un ruolo importante nel mitigare i rischi di esposizione a questo tipo di violenza e nel creare consapevolezza sui rischi e sulle problematiche della rete. A tal proposito è segnalato che «la regolamentazione europea recentemente varata in tal senso unitamente all’esempio della Legge n. 299/2022 francese contro le cyberviolenze del 2 marzo 2022 sono strumenti esemplari da valutare per proteggere soprattutto le ragazze in àmbito scolastico anche universitario e donne con disabilità dal subire questo tipo di violenze» (pag. 68).
Nel capitolo dedicato al femminicidio è considerata la disabilità che può conseguire alle violenze. Infatti, nel sottolineare la mancanza di dati certi su questo specifico fenomeno, è argomentato che ad oggi «non sono ritenuti femminicidi e comunque non sono calcolati come tali», tra gli altri, anche «i casi di grave inabilità in cui è costretta una donna a seguito di violenze efferate (deformazioni del viso e di apparati sensoriali, paralisi, ustioni, traumi psicologici insuperabili, ecc.)» (pag. 80).
Non ci sono invece riferimenti – ed è gravissimo! – nella parte dedicata alla vittimizzazione secondaria, sebbene le donne con disabilità siano più esposte a questo fenomeno rispetto alle altre donne. A titolo esemplificativo segnaliamo che accade spessissimo che le madri con disabilità vittime di violenza che si rivolgono alla rete dei servizi antiviolenza per chiedere aiuto, non “solo” non riescano ad accedere ai supporti di cui fruiscono le altre donne – per inaccessibilità degli stessi e/o impreparazione del personale a relazionarsi con loro –, ma l’occasione di contatto viene utilizzata dai servizi sociali come pretesto per verificare la loro capacità genitoriale e levare loro i figli sulla base della sola presenza della disabilità. Si tratta di una pratica aberrante che, essendo posta in essere da servizi pubblici, si configura come un esempio indicibilmente crudele di violenza istituzionale ai danni delle madri con disabilità (se ne legga a questo link).
La disabilità nella parte operativa, quella dedicata alla formazione.
Nella seconda parte dell’opera un primo riferimento alla disabilità lo troviamo nel paragrafo dedicato agli indirizzi sulla formazione per gli operatori e le operatrici del comparto giudiziario. In particolare è indicato che nel caso di presentazione da parte della vittima di denuncia o querela presso il Comando di Polizia è necessario, tra le altre cose, «prevedere specifiche modalità investigative nel caso in cui vi siano persone offese minorenni, persone con disabilità, persone di nazionalità straniera, persone che subiscono discriminazioni multiple (per orientamento sessuale, per identità di genere, per età, per provenienza geografica, per colore della pelle, per ragioni religiose, ecc.)» (pag.120).
Poco più avanti, nello stesso paragrafo, sono invece considerate le eventuali patologie mentali dell’autore di violenza. In merito a questo aspetto è prescritto di «evitare qualunque giustificazione dell’autore del reato fondata sullo stato di tossicodipendenza, dipendenza da alcol o altri tipi di dipendenza, nonché su dichiarate patologie mentali non strettamente connesse con il delitto commesso, sapendo che costituiscono solo acceleratori o aggravatori della violenza» (pag. 122).
Nel paragrafo con gli indirizzi per la formazione della magistratura è richiamato l’articolo 36 della Direttiva 2024/1385/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica che esplicita «la necessità di una formazione sia generale che specialistica, in relazione agli obiettivi della Direttiva, “basata sui diritti umani, incentrata sulle vittime e sensibile alle specificità di genere, delle persone con disabilità e dei minori”» (pag. 129).
Anche alle Forze dell’ordine è richiesto di «prevedere specifiche modalità di ascolto nel caso in cui siano vittime, minorenni, persone con disabilità, anziani, straniere» (pag. 132), ed anche di «evitare qualunque giustificazione dell’autore del reato fondata su stato di tossicodipendenza, alcol dipendenza o altri tipi di dipendenza, nonché su affermate patologie mentali» (pag. 133).
Soni invece impliciti i riferimenti alla disabilità contenuti nel paragrafo relativo ai/alle consulenti tecnici/periti nominati dal giudice o del pubblico ministero nel settore penale che vengono in contatto con i delitti di violenza contro le donne, di genere o domestica. Infatti, in relazione allo svolgimento delle audizioni protette e degli incidenti probatori dei minorenni o di vittime in condizioni di particolare vulnerabilità (espressione, quest’ultima, in cui solitamente sono ricomprese anche le donne con disabilità), a detti soggetti è richiesto, tra le altre cose, «di avere seguito corsi specifici per l’ascolto di minorenni e/o di vittime in condizioni di particolare vulnerabilità» (pag. 137-138). Riguardo invece all’attività di accertamento della capacità di intendere e di volere degli autori di violenze sessuali, domestiche o femminicidi, è indicato quale indicazione generale, tra le altre, che «la presenza di una patologia mentale, anche severa, non basta da sola a diminuire od escludere la responsabilità del comportamento violento perché è indispensabile la dimostrazione che la malattia mentale sia in diretta relazione causale con il reato» (pag. 139). Sempre in relazione alle possibili patologie mentali dell’autore è previsto che il consulente/perito raccolga in modo dettagliato tutte le informazioni e le certificazioni mediche necessarie per ricostruire il rapporto diretto tra patologia mentale e delitto commesso; che sappia che i delitti di violenza di genere e contro le donne non sono mai determinati da impulsi dell’autore, gelosia, frustrazioni personali, abuso di alcol o malattie, ma da misoginia, precisa volontà di possesso e controllo dell’autore; che comprovi il nesso diretto tra accertate (non riferite) e risalenti patologie mentali e delitto commesso (pag. 139).
Riguardo agli operatori e alle operatici sanitari è esplicitamente previsto che la formazione dovrebbe comprendere, tra gli altri aspetti, anche la «tutela delle categorie vulnerabili» (pag. 146), un concetto ripreso poco più avanti con una formulazione ancora più esplicita: «tutela delle categorie vulnerabili, con specifici obblighi e percorsi per donne disabili, in gravidanza, minori, ecc.» (pag. 157).
Nella parte dedicata al tema del trattamento diagnostico-terapeutico vi sono invece specifiche indicazioni sugli aspetti della comunicazione: «L’operatrice/operatore sanitario che prende in carico la donna deve utilizzare una corretta comunicazione, con un linguaggio semplice e accessibile anche alle donne con disabilità sensoriale, cognitiva o relazionale. Deve garantire un ascolto e un approccio empatico, non giudicante, favorendo l’instaurazione di un rapporto basato sulla fiducia. Per donne straniere o con disabilità, è essenziale attivare la presenza di mediatrici culturali o linguistiche, o figure di supporto indicate dalla donna o individuate dagli operatori sanitari» (pag. 151).
Nella parte dedicata alla formazione degli operatori e delle operatrici sociali e socio-educativi è richiamato il carattere universalistico del sistema dei servizi sociali preposto ad offrire risposte a bisogni come, tra gli altri, «le difficoltà di malattia e non autosufficienza che spesso caratterizzano l’età anziana. Il sistema dei servizi sociali è chiamato a garantire e promuovere in tutte queste fasi [della vita], la partecipazione e la piena inclusione sociale, ad offrire sostegno, servizi e risposte ad eventi che possono andare dalla difficoltà nello svolgimento del ruolo genitoriale, alla presenza di disabilità o vulnerabilità, fino alla perdita di autonomia, associata alla perdita del lavoro, dell’abitazione, o all’età» (pag. 162). Più che dare un’indicazione sulla formazione di chi opera nei servizi sociali viene proposta una considerazione generica di carattere descrittivo.
Non ci sono invece riferimenti alla disabilità nelle parti dedicate alla formazione dei giornalisti/e e degli operatori/operatrici della comunicazione, degli/delle insegnanti ed educatori/educatrici, dei commercialisti e delle commercialiste.
Considerazioni conclusive
L’esame dettagliato del testo evidenzia che il tema della disabilità è stato sviluppato in maniera più articolata nella parte descrittiva, mentre la trattazione risulta molto più debole nella parte operativa. Non che la descrizione non sia importante – ci mancherebbe, è importantissima –, ma se questa non si traduce in prescrizioni pratiche è del tutto inefficace a contrastare il fenomeno della violenza nei confronti delle donne con disabilità.
Quali prescrizioni pratiche ci sono nel Libro bianco? In concreto, indicazioni specifiche sugli aspetti della disabilità sono esplicitate per il comparto giudiziario (dove si parla di «prevedere specifiche modalità investigative»), per la magistratura (in relazione alla quale è esplicitata «la necessità di una formazione sia generale che specialistica»), per le Forze dell’ordine (alle quali è richiesto di «prevedere specifiche modalità di ascolto»), per i/le consulenti tecnici/periti (in relazione alle audizioni protette), per gli operatori e le operatici sanitari (la cui formazione dovrebbe includere anche la trattazione del tema della «tutela delle categorie vulnerabili», e in relazione ai/alle quali è considerato anche l’importantissimo aspetto della comunicazione corretta e accessibile).
Quali prescrizioni pratiche mancano nel Libro bianco? La gravissima esposizione delle donne con disabilità alla vittimizzazione secondaria non è menzionata, né sono previsti specifici interventi formativi mirati al suo riconoscimento e al contrasto; non sono altresì previsti specifici interventi formativi sulla disabilità per gli operatori/operatrici sociali e socio-educativi (se consideriamo che i servizi sociali sono tra i soggetti coinvolti nelle pratiche di vittimizzazione secondaria ai danni delle donne con disabilità, ci facciamo un’idea di quanto possa essere dannosa questa lacuna); per i/le giornalisti/e e gli operatori/operatrici della comunicazione (che hanno un ruolo e delle responsabilità rilevantissimi nella formazione di un immaginario collettivo inclusivo, e nel contrasto agli stereotipi sulle donne con disabilità); per gli/le insegnanti ed educatori/educatrici (il cui coinvolgimento è imprescindibile nella prevenzione della violenza); per i commercialisti e le commercialiste (fondamentali nel contrasto alla violenza economica).
Va poi segnalato che nel rapporto dell’ISTAT denominato “Sistema di protezione per le donne vittime di violenza”, pubblicato nel 2023, e relativo agli anni 2021 e 2022, riguardo all’attività di formazione svolta dai Centri antiviolenza è specificato che tra gli argomenti trattati nei corsi in questione vi sono quelli «sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (68,3%), sull’accoglienza delle donne migranti (58,2%), sull’accoglienza delle donne con disabilità (30,9%)» (pagina 11). In sostanza l’accoglienza delle donne con disabilità, pur essendo presente, è il tema meno trattato di tutti. Mentre non risulta che tale argomento venga considerato nella formazione del personale delle Case rifugio (sul rapporto in questione si legga il seguente approfondimento). Ecco, questa impostazione che, dati alla mano, mostra chiaramente come al tema dell’accoglienza delle donne con disabilità sia accordata una rilevanza residuale va urgentemente corretta.
Ci auguriamo pertanto che nell’elaborazione delle «linee guida nazionali», di cui ha parlato la Ministra Roccella nell’introduzione del Libro bianco, gli aspetti più propriamente operativi vengano opportunamente e appropriatamente integrati e sviluppati. Anche perché di violenza sulle donne con disabilità se ne parla/scrive ormai da una quindicina d’anni, e non ci sono più alibi per non predisporre misure concrete.
Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)
Nota: i grassetti nelle citazioni testuali sono un nostro intervento.
Si ringrazia Silvia Cutrera per la segnalazione.
Estremi dell’opera
Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per le Pari Opportunità, Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica, Libro bianco per la formazione sulla violenza maschile contro le donne, premessa di Fabrizia Giuliani, introduzione di Eugenia Roccella, a cura di Fabrizia Giuliani (coordinatrice), Paola Di Nicola Travaglini, Vittoria Doretti, Alessandra Kustermann, Lella Palladino, Claudia Segre, [Roma], Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2024 (prima ristampa 2025), 183 pagine, formato pdf.
Vedi anche:
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.
Ultimo aggiornamento il 2 Febbraio 2025 da Simona