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La malattia è solo piccola parte rispetto alla felicità

Intervista a Elena Semenzato a cura di Chiara Santato*

Elena Semenzato è la mamma di Leonardo, 6 anni e mezzo, e di Laura, tre anni e mezzo. Vive a Mogliano Veneto (in provincia di Treviso) con il marito Giulio e da alcuni mesi è impegnata, insieme ad altri genitori, in una battaglia importantissima: fare in modo che l’EMA, l’Agenzia Europea del Farmaco, riveda il parere negativo sul farmaco Translarna destinato al trattamento per la distrofia muscolare di Duchenne. Leonardo infatti convive con questa patologia, di cui ha ricevuto diagnosi nel 2022. In occasione della Festa della mamma, abbiamo chiesto a Elena di raccontare della sua esperienza.

Una bella immagine nella quale Elena Semenzato, il marito Giulio, e i loro figli, Leonardo e Laura, sorridono mentre camminano in un parco tra le foglie secche.

«La diagnosi di distrofia muscolare di Duchenne è arrivata a ottobre 2022, quando Leonardo aveva quasi cinque anni. È stato come morire e ricominciare da capo. Questa malattia è passata sotto gli occhi di tutti per poi rivelarsi attraverso le analisi del sangue: ho notato un valore elevato, mi sono informata cercando online, e da lì ho visto l’elenco di tutti i campanelli d’allarme collegati. La diagnosi di Leonardo ha fatto emergere che io sono portatrice sana nonché caso zero della mia famiglia perché mia madre non lo è. Da subito però è arrivata anche una speranza dal medico che ci segue a Padova, il dottor Luca Bello: Translarna (Ataluren). È stata la luce in quel momento. A settembre 2023 arriva la notizia sconvolgente che l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) esprime parere negativo su questo farmaco [se ne legga a questo link, N.d.R.]. Quello è stato un altro trauma nella mia vita perché mi è crollato il mondo addosso di nuovo.

Una svolta è arrivata quando io e Alice – un’altra mamma che ho conosciuto durante la battaglia che stiamo portando avanti [la testimonianza di Alice è disponibile a questo link, N.d.R.] – abbiamo capito che dovevamo essere noi madri a contattare le altre famiglie europee. L’impegno è iniziato con la campagna di raccolta firme “Buy Some Time” per guadagnare tempo [promossa dall’Associazione Parent Projet, N.d.R.], e tante firme sono arrivate proprio dalla provincia di Treviso, dove vivo. Se penso a cosa ho fatto non ci credo: ho scritto a tanti sindaci, ho chiesto ai commercianti di attaccare la locandina con il QR code per firmare la petizione, tutte persone che hanno preso a cuore questa battaglia. La notizia ha iniziato a girare sempre di più, ho fatto interviste e utilizzato i canali social per allertare più persone possibili. Grazie alla raccolta firme ci siamo chiesti però come mai i genitori europei non si stavano allertando come noi italiani. Ecco perché insieme ad Alice abbiamo cominciato a muovere mari e monti.

Quando il 25 gennaio è arrivato il secondo parere negativo sul farmaco siamo crollati. Eravamo sfiniti e arrabbiati, soprattutto per le motivazioni date. Per noi genitori è stato grave soprattutto il fatto che il “no” sia arrivato a fronte del parere di tanti medici che assicurano la sicurezza e l’efficacia del farmaco. Parlando con loro ci siamo resi conto di un aspetto importante: EMA non si è comportata “male” perché lei stessa vive all’interno di regole rigide che non tengono conto delle diverse caratteristiche delle malattie rare.

Lo sto imparando anch’io. Ad esempio, con il farmaco Givinostat: se si fossero interrotti al terzo anno rispetto al placebo, i dati non sarebbero stati così forti. Dopo 4 anni di trattamento invece i risultati positivi sono arrivati. Le malattie rare vanno trattate in modo diverso. Anche un farmaco che rallenta è meglio di niente! Soprattutto quando non ha effetti collaterali come l’Ataluren».

Hai iniziato anche un percorso per diventare paziente esperto, giusto?

«Sì, serve per capire quali strumenti possiamo utilizzare per cambiare le regole. All’interno si parla anche di come si sviluppa un farmaco per arrivare a una cura. Spero che mi dia la possibilità di avere voce in capitolo e poter rappresentare meglio le esigenze dei nostri bambini. Dopo tutta la fatica di questi mesi, avere un titolo che mi permetta di essere ascoltata di più sarebbe davvero importante. Noi mamme, noi genitori, crediamo davvero che possa arrivare una cura. Sempre di più serve l’apporto dei pazienti e delle famiglie in questi àmbiti. Questa battaglia per l’Ataluren è una grande lezione di vita. Pur avendo una solida base scientifica, pur essendo essenziale, senza noi madri non sarebbe bastata: serve qualcuno che proprio come un martello insiste per essere ascoltato».

A chi hai chiesto aiuto all’inizio?

«Per me è stato naturale, anche per sopravvivenza psicologica, fare tutto quello che potevo per aiutare Leonardo al meglio. All’inizio ho contattato UILDM Venezia (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), poi sono arrivata a Parent Project. Tutto è partito dal mio bisogno di mamma, di genitore, di essere guidata. All’inizio è molto difficile. È gravissimo che questa assistenza psicologica non venga inclusa da subito insieme alla diagnosi. Questa “cosa” la ricevi ma poi torni a casa da solo. Quelli sono i momenti più importanti perché se da subito ti fanno vedere la luce in fondo al tunnel riesci a reagire. A noi invece è stato detto che, pur di fronte a una malattia grave, non avremmo visto nessun medico prima di 10 giorni. Stavo impazzendo. Non potevo confrontarmi con nessuno. E non avevo tempo per riprendermi perché lavoro, ho una famiglia. E sono contenta di lavorare perché quella dimensione è davvero molto importante per me.

La quotidianità che abbiamo è devastante. Leonardo ha un impegno al giorno, poi ci sono le medicine, e ogni sera circa 40 minuti sono dedicati alla ginnastica. E c’è Laura, la sorellina, che non voglio far sentire da meno perché, da sorella a mia volta di una persona con disabilità, so cosa significa. Questa esperienza mi ha caricato di voglia di riscatto. All’epoca, negli Anni ‘90, mentre crescevo l’ho vissuta male. Come sorella non era contemplato che anche io potessi soffrire. E poi ci sono tante domande sul “dopo”: quando non ci saranno più i miei genitori sarò io a occuparmi di mio fratello? Come? Ed è la situazione che si è riproposta con mia figlia. So quello che non devo fare ma so quali potrebbero essere i suoi pensieri un domani. Sto lavorando su questi aspetti con la psicologa».

In casa che clima c’è?

«Leonardo mi sconvolge a volte per la sua consapevolezza. Nonostante il dolore abbiamo cercato, quando si è presentata l’occasione, di spiegargli cosa stava succedendo. Perché si fanno delle cose, perché si va in ospedale. La sorellina è gelosa, ad esempio, perché la ginnastica la vuole anche lei. Pochi giorni fa le ha chiesto perché vuole farla: “Tu i muscoli li hai”. Lo ha detto per cercare di capire, senza pensieri.

Da mamma è straziante perché non vorresti affrontare quelle cose però se le vivi come le vive lui al momento, le affronti. C’è comunque la speranza che questa situazione che cresce insieme a lui – accompagnata sempre dal dialogo – non diventi uno choc. Leonardo ha già delle aspettative adatte a quanto può permettersi di fare.

Alla fine ho capito che la malattia è una piccola parte della felicità. La cosa più importante rimane la testa, l’atteggiamento con cui affronti le cose che succedono. E poi nutro speranza: al momento stiamo continuando a ritirare Translarna».

C’è un messaggio che vorresti far passare più di altri?

«Sì, che deve cambiare il modo di trattare i farmaci per le malattie rare. Questa battaglia è un’apripista: se penso alla terapia genica, dovremmo ricominciare da capo? Il rischio è di perdere altre opportunità, altri farmaci e veder peggiorare la vita dei nostri bambini o peggio. Bisogna guardare anche agli obiettivi secondari che vengono raggiunti».

 

* La presente intervista è già stata pubblicata sul sito della Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM Nazionale), e viene qui ripresa, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

 

Per informazioni: Alessandra Piva Chiara Santato uildmcomunicazione@uildm.it.

 

Vedi anche:

UILDM Nazionale – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare.

 

Ultimo aggiornamento il 13 Maggio 2024 da Simona