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La “Carta di Solfagnano”, una Carta poco femminile

Archiviato il “G7 Inclusione e Disabilità”, abbiamo esaminato come il tema del genere sia stato affrontato la Carta di Solfagnano, il documento conclusivo dell’evento che si è svolto in Umbria nei giorni scorsi. Ne emerge un quadro abbastanza deludente: non ci sono riferimenti agli aspetti del genere né nell’introduzione né nelle conclusioni, e nell’illustrazione delle aree prioritarie di intervento il riferimento alle donne con disabilità figura in sole tre aree su otto.

Il logo del G7 Inclusione e Disabilità, che si è svolto in Umbria, dal 14 al 16 ottobre scorsi, sotto la Presidenza italiana, nel quale è stata prodotta la Carta di Solfagnano.

Archiviato il G7 Inclusione e Disabilità, che si è svolto in Umbria, dal 14 al 16 ottobre scorsi, sotto la Presidenza italiana, possiamo esaminare la Carta di Solfagnano, ovvero il documento conclusivo che individua otto aree* definite prioritarie al fine, è scritto nel testo, «di garantire la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella vita civile, sociale, economica, culturale e politica di tutte le persone con disabilità» (esso è scaricabile in lingua inglese a questo link). In questa sede non prenderemo in esame il documento nel suo complesso, ma focalizzeremo la nostra attenzione sulle diposizioni che trattano degli aspetti legati al genere, ed in specifico alle discriminazioni multiple a cui sono esposte le ragazze e le donne con disabilità.

Prima di entrare nel merito del tema individuato, è importante segnalare che la Carta, che prende il nome da una piccola frazione del Comune di Perugia, si richiama esplicitamente alla normativa internazionale in materia di disabilità, ed in particolare alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. È dunque utile ricordare che quest’ultima attribuisce un grandissimo rilievo alle questioni di genere**, e sottolinea «la necessità di incorporare la prospettiva di genere in tutti gli sforzi tesi a promuovere il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità» (Preambolo, lettera S, grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni testuali). Ragion per cui è lecito aspettarsi che la prospettiva del genere sia stata presa in considerazione in tutte le aree prioritarie individuate nella Carta stessa.

Questa aspettativa è rafforzata anche dal fatto che prima del G7 Inclusione e Disabilità, si era già tenuto a Matera, dal 4 al 6 ottobre scorsi, il G7 sulla parità di genere e l’empowerment femminile, conclusosi con una dichiarazione ministeriale finale denominata G7 Ministerial meeting on gender equality and women’s empowerment (anch’essa disponibile online, in lingua inglese, a questo link, della quale segnaliamo anche una presentazione curata da Silvia Cutrera, se ne legga a quest’altro link). Questa dichiarazione consiste in un documento di 10 pagine articolato in 53 punti che contengono elementi importanti che sarebbe stato utile tenere presenti anche nella stesura della Carta di Solfagnano, onde evitare che le politiche e le misure volte a garantire alle donne e alle ragazze con disabilità «il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» (come recita l’articolo 6 della Convenzione ONU), vengano incanalate su binari distinti e paralleli rispetto alle politiche e le misure elaborate e predisposte per le persone con disabilità in generale, o a quelle relative alle donne. Riteniamo infatti che questa prassi del doppio binario, purtroppo ancora attuale, abbia portato (e porti) a una sistematica invisibilizzazione delle istanze specifiche delle donne e delle ragazze con disabilità. Istanze che possono essere colte solo considerando simultaneamente le variabili del genere e della disabilità.

Venendo ora all’esame del testo della Carta di Solfagnano, constatiamo che non ci sono riferimenti agli aspetti del genere né nell’introduzione né nelle conclusioni, e che nell’illustrazione delle aree prioritarie di intervento il riferimento alle donne con disabilità figura in sole tre aree su otto.

Entrando nel dettaglio, vi è un riferimento alle discriminazioni multiple a cui sono esposte le donne e i/le minori nel paragrafo dedicato alla Priorità 1: L’inclusione come questione prioritaria nell’agenda politica di tutti i Paesi. In specifico è scritto: « L’inclusione sociale delle persone con disabilità implica l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, del diritto alla piena ed effettiva partecipazione a tutti gli aspetti della vita, compresa la vita civile, sociale, economica, culturale e politica dei nostri Paesi; il coinvolgimento attivo nei processi decisionali – politici, legislativi e amministrativi – di ogni individuo per quanto riguarda tutte le dimensioni della vita: autonomia, formazione e opportunità di istruzione equa e di qualità e di apprendimento permanente, lavoro e occupazione di qualità, mobilità, accesso a prodotti, servizi e infrastrutture, sport, vita culturale e ricreativa, affettiva e relazionale. In questo contesto, riconosciamo che le persone con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple, in particolare le donne, le ragazze e i bambini, e adotteremo tutte le misure necessarie per eliminare la criminalità e promuovere le pari opportunità per tutti» (pag. 5, traduzione nostra anche nelle citazioni successive).

Il secondo riferimento al genere è presente nella Priorità 4: La valorizzazione dei talenti e inclusione lavorativa. Questo il passaggio: «Nell’ambito delle politiche attive del mercato del lavoro, ci impegniamo [il grassetto è presente anche nel testo originale, N.d.R.] a considerare, valorizzare e garantire le preferenze e le aspirazioni delle persone con disabilità, comprese quelle con disabilità intellettiva o psicosociale. Come nella maggior parte dei Paesi, le donne e gli altri gruppi svantaggiati con disabilità affrontano svantaggi particolarmente gravi nel mercato del lavoro, per cui orientiamo le nostre politiche verso la promozione di un’occupazione dignitosa e del pieno godimento dei diritti del lavoro, tra cui salari equi, sicurezza e salute sul lavoro, accesso alla protezione sociale e opportunità di avanzamento di carriera» (pag. 11).

L’ultimo riferimento alle donne con disabilità riguarda il tema della violenza, ed è stato inserito nella Priorità 7: Dignità di vita e servizi adeguati basati sulla comunità. Ecco il passaggio in questione: «Garantire la dignità e l’autonomia individuale delle persone con disabilità significa rimuovere le barriere che devono affrontare e superare nella loro vita quotidiana, promuovere la consapevolezza delle capacità e dei contributi delle persone con disabilità e abbattere le resistenze culturali, gli stereotipi e i pregiudizi che impediscono loro di partecipare e contribuire alla società su base paritaria con gli altri. Implica anche la protezione delle persone con disabilità, l’eliminazione e la prevenzione di tutte le forme di violenza che colpiscono le persone con disabilità, in particolare i bambini, le ragazze e le donne, e le persone anziane con disabilità» (pag. 17).

Qualche considerazione conclusiva.

La circostanza che le questioni di genere non siano citate né nell’introduzione né nelle conclusioni, e che siano accennate in meno della metà delle aree prioritarie in cui si articola la Carta di Solfagnano, denota quanto sia ancora radicata la prassi del doppio binario. Pesano in particolare l’assenza di un riferimento alle donne con disabilità in alcuni àmbiti nei quali sono particolarmente penalizzate, come l’accesso ai servizi sanitari (soprattutto quelli dell’area sessuale e riproduttiva) o a quelli antiviolenza. Anche l’importante riferimento al tema della violenza contenuto nella Priorità 7 non è accompagnato da indicazioni operative specifiche, e non vi è un richiamo a questo tema nella Priorità 8: La prevenzione e la gestione della preparazione alle emergenze e delle situazioni di gestione post-emergenza, comprese quelle legate alle crisi climatiche, ai conflitti armati e alle crisi umanitarie. La qual cosa è abbastanza impressionante se si considera che solo qualche giorno prima nella citata dichiarazione ministeriale finale del G7 sulla parità di genere e l’empowerment femminile, troviamo scritto: «Esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per l’impatto sproporzionato dei conflitti sulla realizzazione dei diritti umani di donne e ragazze e condanniamo fermamente tutte le violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali di donne e ragazze in tutto il mondo. Deploriamo tutte le perdite di vite umane in tutti i conflitti, con particolare preoccupazione per le esigenze di protezione uniche di donne, bambini e persone in situazioni vulnerabili. Denunciamo con forza il ricorso alla violenza sessuale e di genere in situazioni di conflitto e post-conflitto e sottolineiamo che tali atti possono costituire crimini di atrocità, inclusi crimini contro l’umanità o crimini di guerra» (punto 11).

Non solo, nella dichiarazione ministeriale si parlava di «dati disaggregati per genere» (punto 5), ma nella Carta di Solfagnano la questione non è toccata. Dunque diventa difficile immaginare come i Paesi del G7 pensino di dare attuazione anche ai pochi impegni presi riguardo ai diritti delle donne e delle ragazze con disabilità senza aver disposto la produzione di dati adeguati e finalizzati a tale scopo.

Come accennato nella parte introduttiva del presente testo, la Convenzione ONU attribuisce un grandissimo rilievo alle questioni di genere, ci dispiace davvero moltissimo non poter dire altrettanto della Carta di Solfagnano.

Simona Lancioni, responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)

 

* Le otto aree prioritarie individuate dalla Carta di Solfagnano sono:

1 L’inclusione come questione prioritaria nell’agenda politica di tutti i Paesi;

2 L’accesso e accessibilità;
3 La vita autonoma e indipendente;
4 La valorizzazione dei talenti e inclusione lavorativa;
5 La promozione delle nuove tecnologie;
6 La dimensione sportiva, ricreativa e culturale della vita;
7 La dignità della vita e servizi adeguati basati sulla comunità;
8 La prevenzione e la gestione della preparazione alle emergenze e delle situazioni di gestione post-emergenza, comprese quelle legate alle crisi climatiche, ai conflitti armati e alle crisi umanitarie.

 

** La Convenzione ONU affronta esplicitamente le questioni di genere in numerosi passaggi: quattro richiami solo nel Preambolo; “la parità tra uomini e donne” è annoverata tra i suoi Principi generali (art. 3, lettera g); l’articolo 6 è interamente dedicato alle donne con disabilità ed al contrasto delle discriminazioni multiple a cui sono soggette; altri richiami sono presenti nell’art. 8 (Accrescimento della consapevolezza), nell’art. 16 (Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti), nell’art. 25 (Salute), nell’art. 28 (Adeguati livelli di vita e protezione sociale), e nell’art. 34 (Comitato sui diritti delle persone con disabilità). Ed anche quando il genere non è esplicitamente citato, essendo “la parità tra uomini e donne” uno dei Principi generali della Convenzione stessa, la prospettiva di genere va applicata in modo trasversale a tutti gli articoli della Convenzione. Questa interpretazione è ribadita anche nel Commento Generale n. 3 elaborato, nel 2016, dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità proprio per dare agli Stati Parti indicazioni precise su come applicare l’articolo 6 della Convenzione ONU, quello che riconosce e garantisce i diritti umani delle donne e delle ragazze con disabilità.

 

Vedi anche:

Silvia Cutrera, Donne con disabilità: aspettando il G7 Inclusione e Disabilità, «Informare un’h», 11 ottobre 2024.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Ultimo aggiornamento il 24 Ottobre 2024 da Simona