Menu Chiudi

Il “Supporto tra Pari” come strumento trasformativo

di Susanna Brunelli, Esperta Per Esperienza (ESP)

Parte dal proprio vissuto, mettendo insieme il ‘patire’ e il ‘sapere’, Susanna Brunelli nella sua articolata esposizione sulla figura dell’ESP – Esperto/a Per Esperienza o Esperto/a in Supporto tra Pari nell’àmbito della salute mentale, il cui tratto distintivo è, appunto, l’aver avuto un’esperienza diretta di determinate situazioni. Partire dal proprio vissuto è corretto, ma non è dovuto né scontato, dunque ringraziamo sentitamente Brunelli per questa generosa condivisione.

Elaborazione dedicata alla figura dell’“ESP” (Esperto/a Per Esperienza) di Susanna Brunelli.

Il mio nome è Susanna, dal 1963, ma sono rinata il 18 marzo 2019. La mia vita è ricca di episodi e di esperienze gioiose, ma anche molto tristi e drammatiche. Non c’è bene o male, giusto o sbagliato, ma solo ciò che evidentemente serviva per portarmi dove sono ora. Da molti anni conosco l’ambiente psichiatrico, prima come familiare; poi, per un periodo relativamente breve ma intenso come l’inferno, ho vissuto un’esperienza come diretta interessata. Tutto il resto lo racconto a chi mi vuole ascoltare oppure conoscere personalmente. Il mio motto è: TUTTO È POSSIBILE!

«Solo chi ha vissuto una crisi emotiva o esistenziale può definirsi un ESP – Esperto/a Per Esperienza. Questa figura si distingue nettamente da chi ha acquisito conoscenze attraverso la letteratura; le cicatrici raccontano le proprie battaglie interiori. Se il ‘patire’ e il ‘sapere’ si unissero, potrebbero allargare la possibilità di aiutare altri a superare situazioni di disagio, creando un ponte tra la crisi e la rinascita.»

Dopo un periodo di crisi esistenziale profonda,
dopo aver tentato di non esistere più,
dopo essermi sentita morta in vita,
dopo essermi confrontata con le mie paure più profonde,
dopo tanto (R)esistere e aver scoperto il diritto di Esistere,
dopo essermi liberata da condizionamenti che mi portavano a reagire in modo sistematico,
dopo aver fatto un lungo periodo di rielaborazione dei miei pensieri,
dopo aver rotto la catena della sofferenza e ritrovato una nuova dimensione
dopo aver ritrovato la mia creatività,
dopo aver dato un senso a tutto ciò che è accaduto e che ho vissuto…
sono uscita dalla porta sbarrata e sono rientrata dalla finestra per dare il mio contributo al mondo. In questo spazio di libertà si è aperto il campo delle infinite possibilità e mi sono riconosciuta come un’esperta per esperienza. Il mio sapere esperienziale è stato rafforzato dal desiderio di formarmi e acquisire conoscenza di me stessa; ho seminato nel pianto e raccolto nella gioia, e la vulnerabilità si è trasformata in forza.

Ora, ogni anima che si sente persa e incontra il mio cammino mi offre l’opportunità di tenderle una mano, accompagnando il messaggio che la crisi porta con sé il potere della trasformazione e permette di volare verso orizzonti inaspettati.

………………………………………………………………………………………………………………………………

In questo spazio illustrerò la figura dell’ESPEsperto/a Per Esperienza o Esperto/a in Supporto tra Pari, essendo io stessa un’ESP, a partire dai seguenti elementi: Chi, Quando, Come, Cosa, Dove, Perché e Quanto.

Chi è l’ESP?

Quando si parla di ESP, ci si riferisce a chi è “Esperto/a per Esperienza” o “Esperto/a in Supporto tra Pari”.  L’ESP è una persona che ha vissuto sulla propria pelle un forte disagio psichico, come una separazione che coinvolge tanto la ragione quanto il cuore. Questa esperienza può causare una ferita dell’anima, manifestandosi in sintomi o comportamenti inusuali, fino ad arrivare a uno stato alterato di coscienza. È importante sottolineare che le diagnosi servono solo a identificare come si manifesta il disagio, ma non vanno oltre.

Le difficoltà possono includere traumi, disturbi alimentari, problemi di studio o lavoro, crisi esistenziali, difficoltà economiche, delusioni amorose, squilibri emotivi (non chimici) legati a perdite, abusi, relazioni tossiche, situazioni familiari disfunzionali e problemi fisici cronici, dipendenze…. la maggior parte di natura psicosociale. In alcuni casi, la sofferenza psichica può portare a pensieri suicidari, nel tentativo di porre fine a una situazione percepita come insopportabile.

Un ESP diventa un “Esperto/a per Esperienza” perché ha vissuto queste sfide in prima persona. Anche se può capitare di essere sia familiare che utente, l’esperienza diretta è ciò che lo/la distingue. Attraverso un percorso di consapevolezza e autoconoscenza, questa persona intraprende un percorso di Recovery, cioè un recupero delle proprie capacità naturali. Ritrova così l’autonomia e una visione più accettabile della propria esistenza, riconoscendo i propri limiti ma anche le proprie risorse, punti di forza e talenti.

Quando si diventa ESP?

Alla fine di questo percorso, l’ESP può riacquistare l’autostima e sentirsi pronto e decidere di mettere a disposizione il proprio sapere esperienziale e il suo percorso di Recovery per accompagnare e supportare altre persone che stanno vivendo situazioni simili. Questo impegno diventa una missione, un modo per restituire ciò che ha ricevuto in termini di benessere generale.

La propria storia personale diventa uno strumento di confronto; l’ESP è in grado di condividere le strategie di sopravvivenza, trasmettendo speranza sulla possibilità di uscire dalla crisi, recuperare l’autonomia perduta o attuare un cambiamento significativo nel proprio stile di vita. Può così fungere da “mediatore emozionale” e parlare la stessa “lingua emotiva” di chi sta vivendo un disagio psichico, una particolare sofferenza o emergenza.

Tre elementi importanti:

– AUTOSTIMA
– AUTONOMIA
– CREATIVITÀ

Come si muove o dovrebbe muoversi l’ESP?

L’ESP può contribuire significativamente alla comprensione e all’applicazione di strategie di miglioramento personale e crescita individuale. Attraverso esperienze positive vissute in prima persona. L’ESP sensibilizza, supporta gli altri e li incoraggia a prendere un ruolo attivo nel recupero delle proprie forze, autonomia, indipendenza.

Cosa fa l’ESP?

Inoltre, l’ESP, svolge attività di advocacy, ascoltando attentamente le persone in difficoltà e aiutandole a identificare i loro reali bisogni e a far rispettare i diritti delle persone con disabilità psicosociale, secondo i principi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – CRPD [un trattato internazionale che l’Italia ha ratificato con la Legge 18/2009, N.d.R.]. Questo approccio promuove la ricerca di dare un senso all’esperienza vissuta e alla vita stessa facilitando la reintegrazione nella società.

L’ESP può utilizzare i propri talenti o conoscenze personali come strumenti complementari al sapere acquisito dall’esperienza. Alcuni esempi includono:
– Creatività e arti visive
– Pragmatismo
– Scrittura
– Capacità relazionali e di comunicazione
– Conoscenza di lingue straniere
– Competenze informatiche o burocratiche
– Lauree specifiche in vari settori

Queste competenze arricchiscono il bagaglio personale e possono essere messe a disposizione per il bene comune. L’ESP conosce i propri diritti e i servizi disponibili nel territorio, partecipa a gruppi di lavoro su temi relativi al benessere psichico delle persone, come formazione e aggiornamenti, partecipa a incontri nazionali e internazionali, oltre a interventi in campo associazionistico e volontariato, nel campo della salute mentale.

L’ESP è informato su questioni rilevanti, come la riduzione del danno da psicofarmaci, il consenso informato, le coercizioni (come il TSO [trattamento sanitario obbligatorio, N.d.R.]), la contenzione e le cattive pratiche in psichiatria. Grazie al suo spirito critico, l’ESP contribuisce al miglioramento dei servizi, evidenziando criticità e punti di forza, e offrendo spunti di riflessione per sviluppare soluzioni strategiche in fase di co-progettazione e co-produzione, se inserito in contesti decisionali.

Dove opera l’ESP?

L’ESP si muove in contesti della salute mentale orientati al Recovery. Questi contesti possono includere i servizi territoriali, gruppi appartamento e le comunità, insieme alle varie figure professionali, familiari e amicali, oltre a gruppi di Auto Mutuo Aiuto (AMA), associazioni, cooperative sociali e organizzazioni del terzo settore. L’ESP può anche operare in autonomia, offrendo supporto one-to-one, attraverso l’ascolto telefonico o da remoto. Utilizza diversi mezzi di comunicazione, come social media, blog, podcast e webinar, e favorisce la creazione di una rete tra gli utenti per lo scambio di informazioni ed esperienze.

Il gruppo alla pari si basa sull’Empowerment e sul rispetto dei ruoli e dei tempi individuali, accompagnando le persone con empatia, senza giudicare, forzare o infierire, ma ispirandole con il proprio esempio.

È fondamentale che l’ESP non si sobbarchi di troppa carica emotiva e riconosca i limiti delle proprie forze, siano esse fisiche o psichiche. È importante sapere fare un passo indietro e chiedere aiuto in caso di difficoltà. Non deve mai perdere di vista il proprio benessere personale per evitare il burnout [si tratta di uno stato di stress cronico legato all’attività lavorativa caratterizzato dalla sensazione di completo esaurimento delle proprie energie fisiche e mentali, N.d.R.]. Avere intorno a sé una rete di supporto, un gruppo di “pari” con cui confrontarsi, un mentore o una guida spirituale costituisce un elemento essenziale per il suo equilibrio psichico e la sua efficacia.

Stare con gruppi di pari è fondamentale per sviluppare la capacità di lavorare in squadra. Questo approccio consente di dare e ricevere un numero maggiore di informazioni. È importante frequentare ambienti motivanti e formativi che favoriscano una continuità, magari anche divertenti, per alleggerire i momenti di pesantezza. Vivere in contesti sociali al di fuori di quelli abituali è utile per sentirsi liberi e indipendenti riguardo le scelte individuali secondo le proprie preferenze.

Prendersi cura di sé è essenziale. Conoscere sé stessi è cruciale per saper gestire le relazioni, le emozioni e la sofferenza altrui. Un buon radicamento è necessario per non farsi travolgere dai problemi di chi soffre. Inoltre, contribuisce all’abbattimento e al superamento dello stigma e dell’auto-stigma.

Perché si diventa ESP?

L’ESP decide di diventare Esperto/a in Supporto alla Pari perché sente l’esigenza e il desiderio di contribuire e dare un suo contributo nel contesto della salute mentale. La presenza di un ESP è molto utile per migliorare e salvaguardare la qualità di vita dei fruitori dei servizi, ma anche per chi ne viene a contatto privatamente, aiutando a riscoprire il desiderio e il piacere di vivere attraverso percorsi individualizzati. Questa figura è fondamentale nel supportare e individuare i bisogni personali, dando un senso alle loro azioni, seguendo un approccio graduale e sistematico.

Inoltre, l’ESP svolge una funzione preventiva, ponendo le basi per evitare situazioni di crisi e ospedalizzazioni. Solo chi ha vissuto esperienze simili può comprendere appieno questo tipo di disagio e potrebbe inoltre far evitare un possibile TSO.

Se questa figura fosse maggiormente considerata, integrata e riconosciuta, potrebbe apportare un significativo contributo, come dimostrato da realtà internazionali.

È importante sottolineare che l’ESP è una figura che si distingue dagli altri ruoli professionali per la sua specificità e conosce il proprio posto nel contesto lavorativo. La sua unicità e il suo valore dovrebbero essere riconosciuti e rispettati, anche se questa figura in Italia è ancora poco conosciuta, riconosciuta e accettata. Tuttavia, ci sono aspetti che necessitano di un’analisi e di una valutazione approfondita, potrebbe comunque contribuire alla possibilità di far risparmiare tempo e risorse preziose.

Quanto dovrebbe essere pagato un ESP?

Un ESP dovrebbe essere retribuito quando è in grado di dimostrare l’efficacia della sua presenza, dopo aver completato un periodo di tirocinio e acquisito esperienza sul campo. L’ispirazione a diventare un ESP non dovrebbe derivare solamente dall’intenzione di guadagnare; piuttosto, il guadagno dovrebbe essere una conseguenza di un buon percorso di Recovery, supportato da una adeguata formazione, e un servizio che documenta il valore individuale. La retribuzione richiede competenze e caratteristiche specifiche, che possono essere valutate anche da altri ESP già formati o da professionisti obiettivi e aperti a una collaborazione paritaria.

È importante considerare che, in quanto persona con un passato di fragilità psichica, andrebbe valutato con attenzione il tempo di prestazione lavorativa e la sua capacità di gestire lo stress, soprattutto se l’ESP presta servizio nel contesto in cui è stato preso in carico. Alcuni lo sono ancora e operano nella misura in cui sono idonei nello svolgere un certo tipo di attività, che può essere anche attività di volontariato, concordato con l’ente di riferimento.

Se viene retribuito, è importante che non vengano fatti “sconti”: l’ESP deve dare tanto quanto riceve e non fare meno del valore della prestazione. Oppure, potrebbe lavorare in autonomia e stabilire una cifra che ritiene opportuna, da concordare tra le parti.

Le attività degli ESP sono variegate e ogni membro dovrebbe adattare l’operato in base alle proprie attitudini. Questi compiti possono includere: prima accoglienza nei servizi territoriali, visite domiciliari, supporto in centri diurni o appartamenti protetti, comunità e Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), consulenze, co-progettazione e co-produzione di progetti in collaborazione con i professionisti nelle equipe di lavoro. Inoltre, è importante che gli/le ESP si impegnino anche come attivisti in associazioni, promuovendo campagne di sensibilizzazione sui diritti, sulla qualità della vita, sullo stigma e sull’auto-stigma, nonché condividendo testimonianze e interagendo in contesti universitari e formativi.

Cosa non deve essere l’ESP?

L’ESP non deve mai assumere il ruolo di sostituto degli operatori dei servizi di salute mentale. È fondamentale che l’ESP riconosca e rispetti il proprio ruolo specifico, salvaguardando la dignità e l’individualità, rimanendo fedele alla propria esperienza di vita. Non deve essere visto come “un caso clinico” o come una persona fragile da intimidire, svalutare, discriminare o controllare, né deve diventare oggetto di interessi altrui, tantomeno uno strumento su cui esercitare un potere di ruolo.

È essenziale che l’ESP sia consapevole del rischio di stigma e paternalismo, che possono manifestarsi sia in contesti professionali che socioculturali. Non deve sentirsi responsabile delle decisioni prese in collaborazione con un’équipe o un gruppo di lavoro, né deve intraprendere azioni personali, come ad esempio dare consigli su farmaci prescritti dal medico, né effettuare diagnosi, approfittare delle difficoltà temporanee delle persone, evitando giudizi o pressioni che possano danneggiare coloro che ricevono supporto.

L’ESP deve rispettare i tempi di recupero emotivo di ciascun individuo, senza forzare in nessun modo il processo di guarigione. È importante che prenda responsabilità delle proprie azioni e che sia consapevole dei propri diritti e doveri. Inoltre, non deve mai essere costretto a compiere azioni che non siano in linea con i suoi valori o credenze.

Sebbene il riconoscimento istituzionale sia significativo, l’ESP deve saper riconoscere il proprio valore attraverso una consapevolezza autentica di sé, avendo un concetto sobrio di sé stesso.

Infine, l’ESP non è il salvatore del mondo né un super eroe; è una persona che crede profondamente nella propria missione e si dedica agli altri con dignità, umanità, passione e professionalità o gratuità.

Conclusione

L’ESP è colui o colei che ha vissuto una particolare esperienza nel campo della salute mentale e, in questo senso, è un esperto/a per definizione. Le esperienze non possono essere cancellate; possono solo essere elaborate e trasformate in punti di forza. Tuttavia, per offrire un supporto efficace nelle relazioni d’aiuto, è fondamentale che l’ESP riceva una adeguata formazione che integri e arricchisca la sua conoscenza derivante dall’esperienza.

Quando decide di condividere il proprio sapere esperienziale con gli altri, sia che si tratti di un vicino di casa o di una persona incontrata per strada, può portare un miglioramento significativo nella vita degli altri e nella società nel suo complesso, sia come figura riconosciuta a livello istituzionale o in veste di volontario.

Inoltre, ha un’esperienza che include anche la complessità e le sfide che ha dovuto superare a causa del trauma vissuto nel contesto psichiatrico.

Pertanto, possiamo definirlo un “PSE” – Per Sempre Esperto.

 

Per ulteriori informazioni: susi.brunelli@gmail.com

 

Si ringrazia l’Associazione Diritti alla Follia per l’intermediazione.

 

Ultimo aggiornamento il 29 Dicembre 2024 da Simona