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Il riconoscimento della lingua dei segni italiana e le opzioni della Convenzione ONU

Lo scorso 19 maggio è stato approvato il cosiddetto “Decreto Sostegni”. Al suo interno sono contenute anche alcune disposizioni sul riconoscimento della lingua dei segni italiana (LIS) e della figura dell’interprete della stessa. Alcune persone sorde gioiscono e parlano di giorno storico, altre esprimono grande disappunto. Si registra nella realtà una contrapposizione che però non sembra trovare corrispondenza nel dettato della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

 

Primo piano delle mani di una donna che con un segno della lingua dei segni americana dice “interprete”.

Uno dei principi cardine fissati dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità – che l’Italia ha ratificato con la Legge 18/2009 – è l’autodeterminazione delle persone con disabilità. Che tradotto in concreto significa: vuoi sapere chi sono, cosa vogliono e di cosa hanno bisogno le persone con disabilità? Chiedilo a loro! La qual cosa, messa così, potrebbe sembrare una faccenda semplice e lineare, salvo poi scoprire che su alcuni temi le stesse persone con disabilità hanno posizioni molto differenti. Uno degli esempi più significativi di questa varianza riguarda le persone con disabilità uditive.

Tra loro tu chiedi a diverse persone chi sono, cosa vogliono, e di cosa hanno bisogno, e ricevi risposte molto diverse. A quel punto potremmo concludere che, se le esigenze sono così varie, si potrebbe lavorare per accoglierle tutte. Sennonché sembra proprio che ciascuno dei due “schieramenti” visibili e formalmente rappresentati consideri solo le proprie istanze come legittime e disconosca, e in un qualche modo si senta minacciato da quelle altrui. Una contrapposizione non nuova, anzi, ma che in questi ultimi giorni si avverte con particolare nitidezza.

Ma cosa è successo in questi giorni? È accaduto che una norma ha riconosciuto ufficialmente la lingua dei segni italiana (LIS) e la figura dell’interprete della stessa. Infatti il 6 maggio scorso il Senato ha approvato il testo emendativo del Decreto Legge 41/2021 (Sostegni per imprese, operatori economici, servizi territoriali, lavoro e salute, correlate alla grave emergenza Covid-19), il quale è passato in qualche modo “blindato” all’esame della Camera che lo ha approvato in via definitiva il 19 maggio. Ebbene, il 3 maggio, agendo di soppiatto, il senatore Matteo Salvini e una dozzina di altri senatori leghisti hanno inserito nel testo in fase di approvazione un emendamento – l’Articolo 34 ter che trascriviamo in calce – che «riconosce, promuove e tutela la lingua dei segni italiana (LIS) e la lingua dei segni italiana tattile (LIST)». Lo stesso Decreto, giornalisticamente ribattezzato “Decreto Sostegni”, riconosce anche «le figure dell’interprete in LIS e dell’interprete in LIST quali professionisti specializzati nella traduzione e interpretazione rispettivamente della LIS e della LIST». Fatto sta che molte persone con disabilità uditiva non sono favorevoli a questo riconoscimento perché ritengono che grazie agli ausili sempre più evoluti e ai percorsi riabilitativi sia possibile l’acquisizione della parola e che l’uso della LIS, per il fatto di avere necessità di un intermediario, limiti l’autonomia della persona sorda. Queste persone rifiutano inoltre di definirsi come una comunità diversa e distinta da quella di tutti e tutte. Di parere opposto sono invece altre persone sorde che si battono da decenni per il riconoscimento della lingua dei segni – considerandola una vera e propria lingua –, ed anche per essere riconosciute come una comunità distinta, portatrice di una propria cultura oltre che di una lingua, che in Italia ha iniziato a venir studiata negli anni ’80 presso il CNR di Roma da Virginia Volterra che ha svolto ricerche pioneristiche sulla lingua dei segni italiana collaborando con innumerevoli colleghi sordi e udenti.

Com’era prevedibile, le due associazioni che più di altre hanno voce in capitolo presso le istituzioni e i media hanno salutato la notizia del riconoscimento della LIS in modo molto diverso. L’Ente Nazionale Sordi (ENS) ha pubblicato sul suo sito un articolo trionfale («È un giorno storico: la Repubblica riconosce la Lingua dei Segni Italiana!») che inizia così: «”La Repubblica riconosce, promuove e tutela la lingua dei segni italiana (LIS)”. Ce l’abbiamo fatta. Il 19 maggio 2021 entra di diritto nella storia della comunità sorda italiana. È un giorno storico per tutti noi; l’Italia, oggi, colma il grave ritardo che l’aveva portata ad essere l’ultimo dei Paesi in Europa a non aver riconosciuto la propria lingua dei segni nazionale. Dopo una lotta pluridecennale, speranze deluse, battaglie in tutte le sedi, campagne di sensibilizzazione, sit-in, petizioni, convegni, progetti e imponenti manifestazioni di piazza e dopo questo periodo così complicato, che non ha fatto altro che mettere a nudo e amplificare le discriminazioni che vivono ogni giorno le persone sorde, siamo arrivati finalmente a questo risultato importantissimo, un segno di civiltà e una conquista non solo per le persone sorde, ma per tutta Italia». Di tutt’altro tenore è la reazione della Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi  (FIADDA). Quest’ultima infatti ha osservato che nel Paese e nella propria Associazione «grande è la delusione e l’amarezza delle persone sorde e delle loro famiglie, per questa azione promossa nell’ambito di un Decreto Governativo molto importante per la rinascita del Paese». La FIADDA ha inoltre sottolineato che la copertura economica del provvedimento (pari a 4 milioni di euro) è stata sottratta al Fondo Sociale per l’Occupazione e la Formazione (FSOF), e che, in contrasto con la citata Convenzione ONU, l’emendamento è stato introdotto senza il coinvolgimento delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni rappresentative, senza alcun passaggio presso l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, istituito e operante presso la Presidenza del Consiglio, e senza alcun dialogo con le grandi Federazioni Nazionali di rappresentanza (fonte: Non è così che si tutelano i diritti delle persone sorde e delle loro famiglie, «Superando.it», 10 maggio 2021). In linea con la posizione della FIADDA sono anche le osservazioni dell’Associazione Portatori Impianto Cocleare di Torino (APIC). Nell’articolo Una storia di numeri, di LIS e di un autogol perfetto, pubblicato sul sito dell’Associazione, sono riportate anche le seguenti considerazioni espresse da Giuseppe Gitti, logopedista e professore a.c. dell’Università di Firenze dal 1978 ad oggi, «i sordi di cui si parla sono circa 43000 e di questi solo meno della metà usa la LIS perché anziani e educati negli ormai ex Istituti per Sordomuti. In Italia da oltre 40 anni i bambini sordi frequentano le scuole normali e non imparano la lingua dei segni che, se non verranno riaperti gli Istituti per sordi, è destinata a scomparire». Dal canto suo Paolo De Luca, presidente APIC, ritiene che «il riconoscimento del LIS serve da simbolo a chi vive e lavora con i sordi, ma non serve alle persone con disabilità uditiva. Protesi acustiche, protesi impiantabili, impianti cocleari, tecnologie assistive, sistemi educativi, logopedia, CAA [comunicazione aumentativa e alternativa, N.d.R.], progressi sanitari e di assistenza; insieme a prevenzione, screening audiologici neonatali e ad una reale applicazione dei LEA [livelli essenziali di assistenza, N.d.R.]; queste sono le cose che servono alle famiglie e alle persone con disabilità uditive. Non serve un mondo a parte, non serve uno status identitario di sordità e a chi non accetta la condizione di disabilità chiederei di rinunciare a provvidenze e certificazioni di disabilità». Va peraltro osservato che l’APIC riconosce l’utilità della LIS come metodo di comunicazione (e non come lingua) per tutte le persone che la utilizzano, sebbene ribadisca che queste costituiscano una minoranza delle persone sorde.

D’altra parte, c’è invece una moltitudine di persone, non solo tra quelle sorde anziane, che utilizza la lingua dei segni «con cui puoi farti una famiglia, uscire con gli amici, lavorare, viaggiare e giocare e puoi persino andare a ballare», come raccontano i protagonisti di Segna con me”, docufilm uscito nel 2013. Si tratta di un documentario realizzato dalla giornalista Silvia Bencivelli e dalla videomaker Chiara Tarfano, con la consulenza scientifica di Valentina Foa.

Come può regolarsi chi non vive la sordità sulla propria pelle davanti a posizioni così diverse?
In primo luogo, non può far altro che prendere atto di queste distanze, mettendosi al contempo in viaggio, per scoprire il variegato mondo delle persone con disabilità uditive, oltre pregiudizi e stereotipi. A tal fine si può esplorare il sito Arcipelago Sordità, fondato dalla psicologa Enrica Répaci, in cui il sapere dell’esperienza incontra il sapere esperto e mondi, spesso tenuti separati, entrano in contatto, facendo scoprire come la diversità sia una ricchezza. In secondo luogo può esaminare la Convenzione ONU per conoscere quali sono gli indirizzi su questa materia. Vediamo alcuni passaggi.

L’articolo 7 (Minori con disabilità) impegna gli Stati Parti a garantire «ai minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori, il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni su tutte le questioni che li riguardano».

L’articolo 9 (Accessibilità) prevede che gli Stati Parti adottino, tra le altre, misure adeguate per «mettere a disposizione forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione, incluse guide, lettori e interpreti professionisti esperti nella lingua dei segni, allo scopo di agevolare l’accessibilità a edifici ed altre strutture aperte al pubblico».

L’articolo 21 (Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione), esordisce così: «Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, ivi compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con gli altri e attraverso ogni mezzo di comunicazione di loro scelta». Nello stesso articolo sono indicati diversi interventi ai quali gli Stati devono provvedere, tra i quali figurano anche i seguenti: «accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità, alla lingua dei segni, al Braille, alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta», e «riconoscere e promuovere l’uso della lingua dei segni».

L’articolo 24 (Educazione) prevede che gli Stati Parti adottino, tra le altre, misure adeguate, in particolare al fine di «agevolare l’apprendimento della lingua dei segni e la promozione dell’identità linguistica della comunità dei sordi», e di «garantire che le persone cieche, sorde o sordocieche, ed in particolare i minori, ricevano un’istruzione impartita nei linguaggi, nelle modalità e con i mezzi di comunicazione più adeguati per ciascuno ed in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione». Al fine di facilitare l’esercizio del diritto all’educazione è anche previsto che siano impiegati «insegnanti, ivi compresi insegnanti con disabilità, che siano qualificati nella lingua dei segni o nel Braille».

Nella Convenzione ONU non vi è traccia della contrapposizione che si sperimenta nella realtà italiana e che ha portato i vari soggetti rappresentativi delle persone sorde ad avere reazioni opposte rispetto al riconoscimento giuridico della LIS. Infatti dai passaggi evidenziati emerge che la Convenzione ONU prevede sia il riconoscimento della lingua dei segni, sia che ogni persona con disabilità (e dunque anche ogni persona sorda) possa liberamente scegliere il mezzo, la modalità e il sistema accessibile di comunicazione che preferisce utilizzare. Se, come abbiamo visto, l’autodeterminazione delle persone con disabilità è uno dei principi cardine della Convenzione stessa, non è neppure ipotizzabile che possa essere diversamente. La libertà di scelta in cui si sostanzia l’autodeterminazione esiste solo se esistono almeno due opzioni tra cui scegliere. Senza alternative esiste solo l’obbligo. Ora sarà da osservare come il riconoscimento della lingua dei segni italiana si tradurrà in azioni concrete, senza che vengano trascurati la diagnosi di sordità il più possibile tempestiva, l’applicazione di soluzioni per l’udito sempre più evolute (oltre agli impianti cocleari gli apparecchi acustici), la riabilitazione e i sostegni necessari alle persone con disabilità uditive per vivere e lavorare in autonomia, imparando quella che Fabrizio Acanfora, nel recente libro In altre parole. Dizionario minimo di diversità (Effequ, 2021), definisce la “convivenza delle differenze”.

Simona Lancioni, responsabile del centro Informare un’h di Peccioli (PI), e Martina Gerosa, urbanista e Disability & Accessibility Manager.

 

Nota bene: la formattazione delle citazioni puntuali differisce da quella dei testi originali.

Di seguito il testo dell’emendamento che ha introdotto il riconoscimento della lingua dei segni italiana:

Articolo 34-ter.

(Misure per il riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana e l’inclusione delle persone con disabilità uditiva)

  1. In attuazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione e degli articoli 21 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché in armonia con gli articoli 9, 21 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, la Repubblica riconosce, promuove e tutela la lingua dei segni italiana (LIS) e la lingua dei segni italiana tattile (LIST).
  2. La Repubblica riconosce le figure dell’interprete in LIS e dell’interprete in LIST quali professionisti specializzati nella traduzione e interpretazione rispettivamente della LIS e della LIST, nonché nel garantire l’interazione linguistico-comunicativa tra soggetti che non ne condividono la conoscenza, mediante la traduzione in modalità visivo gestuale codificata delle espressioni utilizzate nella lingua verbale o in altre lingue dei segni e lingue dei segni tattili. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le disabilità, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definiti i percorsi formativi per l’accesso alle professioni di interprete in LIS e di interprete in LIST e sono altresì definite le norme transitorie per chi già esercita le medesime professioni alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
  3. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165, promuovono progetti sperimentali per la diffusione dei servizi di interpretariato in LIS e in LIST e di sottotitolazione.
  4. Al fine di favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità uditiva, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove campagne di comunicazione.
  5. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 456, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che, per l’anno 2021, è incrementato di 4 milioni di euro.
  6. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, il comma 458 è sostituito dal seguente: “458. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro con delega in materia di disabilità, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, sentite le altre amministrazioni interessate e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabiliti i criteri e le modalità per l’utilizzazione delle risorse del Fondo di cui al comma 456”.
  7. Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 5, pari a 4 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come rifinanziato dall’articolo 41 del presente decreto».

 

Ultimo aggiornamento il 31 Gennaio 2023 da Simona