Dall’esame del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, approvato nei giorni scorsi, risulta che esso, pur con qualche lacuna, contiene sufficienti elementi per predisporre un Piano operativo concretamente tutelante per le donne con diverse disabilità nelle aree strategiche individuate dai quattro Assi in cui è strutturato il Piano stesso. Ma verosimilmente ciò si verificherà solo se nella stesura del Piano operativo ci sarà il coinvolgimento delle Associazioni di persone con disabilità, non solo per una verifica dell’accessibilità dei servizi – che comunque rimane imprescindibile –, ma anche per una disamina complessiva dell’intero sistema antiviolenza alla luce delle competenze in tema di disabilità di cui Associazioni stesse sono depositarie.
Porta la data del 17 novembre 2021 il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023 approvato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed è strutturato in quattro Assi: prevenzione, protezione e sostegno alle vittime, perseguire e punire i colpevoli, assistenza e promozione. Per ogni Asse sono indicate più Priorità che si concretizzano in specifiche Aree di intervento di rilevante interesse nazionale e regionale. Si tratta di un documento che individua la strategia del contrasto alla violenza contro le donne e che demanda le modalità attuative ad un successivo Piano operativo. Per quel che concerne l’analisi generale dei contenuti dello stesso si può fare riferimento al testo Violenza sulle donne, ecco il nuovo piano strategico 2021-2023, a firma Simona Rossitto («Alley Oop» blog de «Il Sole 24 Ore», 5 novembre 2021), in questo spazio intendiamo prendere in esame le parti del Piano inerenti alla violenza nei confronti delle donne con disabilità.
Tuttavia, prima di entrare nel merito del tema considerato, è opportuno ricordare che per questa materia il riferimento giuridico più elevato è costituito dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica del 2011, meglio nota come Convenzione di Istanbul, che l’Italia ha autorizzato alla ratifica con la Legge 77/2013. La Convenzione di Istanbul prevede, quale meccanismo di controllo, la costituzione di un Gruppo di esperti/e indipendenti responsabile del monitoraggio della sua attuazione, il GREVIO. Nell’ambito delle sue funzioni, nel gennaio 2020, questo organismo ha pubblicato il primo Rapporto di valutazione sull’Italia. In questo importantissimo testo il GREVIO ha rivolto al nostro Paese molteplici raccomandazioni in tema di contrasto alla violenza nei confronti delle donne con disabilità (si veda a tal proposito il seguente approfondimento). Nel Rapporto erano contenute anche delle osservazioni sul Piano strategico nazionale precedente, il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, riguardo al quale il GREVIO, pur riconoscendo che la questione della discriminazione intersezionale che colpisce i gruppi di donne svantaggiate (tra i quali rientrano anche le donne con disabilità) era stata considerata, tuttavia rilevava anche che i riferimenti del Piano inerenti a queste donne rimanevano frammentari e non includevano obiettivi operativi concreti e impegni in tutti i settori della prevenzione, della protezione delle vittime, della punizione dei colpevoli e delle politiche coordinate. A tal proposito il GREVIO ha osservato che le politiche volte a contrastare la discriminazione nei confronti di queste donne avrebbero tratto grandi benefici dalla creazione in Italia di un’Istituzione Nazionale Indipendente per i Diritti umani operante con il coinvolgimento delle organizzazioni femminili che rappresentano i loro interessi e difendono i loro diritti (punto 24). Il Gruppo ha inoltre raccomandato che le questioni di genere e la violenza di genere venissero sistematicamente integrate nelle politiche generali riguardanti le persone con disabilità (punto 25). Partendo da queste premesse ci disponiamo ad esaminare il nuovo Piano.
Un primo riferimento alle donne con disabilità si trova nella Premessa, e precisamente nella parte in cui tra le diverse finalità del piano è indicata anche «la tutela delle donne migranti e vittime di discriminazioni multiple» (pag. 1, grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni testuali). Si tratta di un riferimento implicito perché le donne con disabilità, essendo discriminate sia in quanto donne che in quanto persone con disabilità, sono ricomprese tra i soggetti esposti a discriminazione multipla. Anche tra i principi ispiratori si possono trovare concetti che suonano familiari a chi si occupa di disabilità. Si parla infatti di empowerment femminile, inteso come processo per il rafforzamento e l’autonomia economica delle vittime, di inclusione, nella prospettiva di considerare le vulnerabilità e le discriminazioni delle vittime, e di intersezionalità, giacché la parità di genere va considerata in rapporto a tutte le possibili discriminazioni (pag.2).
Un ulteriore riferimento si trova nella parte dedicata alla ricostruzione del contesto normativo. In specifico è citata la Convenzione 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro approvata dall’OIL, Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel 2019, nella parte in cui stabilisce che vengano assunte misure normative coerenti con la costatazione «che [poiché] le molestie e la violenza di genere colpiscono sproporzionatamente donne e ragazze, […] un approccio inclusivo, integrato e in una prospettiva di genere, che intervenga sulle cause all’origine e sui fattori di rischio, ivi compresi stereotipi di genere, forme di discriminazione multiple e interconnesse e squilibri nei rapporti di potere dovuti al genere, si rivela essenziale per porre fine alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro» (pag. 5).
Entrando nel vivo delle disposizioni strategiche, le donne con disabilità sono considerate nell’Asse della prevenzione, ed in particolare nella Priorità 1.1 “Aumentare il livello di consapevolezza nella pubblica opinione e nel sistema educativo e formativo sulle radici strutturali, sulle cause e sulle conseguenze della violenza maschile sulle donne e promuovere la destrutturazione degli stereotipi alla base della violenza”, laddove prevede tra le azioni generali la predisposizione di un «documento, sotto forma di “Carta”, di definizione di obiettivi generali e specifici da raggiungere attraverso un’azione di prevenzione sistemica che individui i gruppi maggiormente vulnerabili come le donne disabili, le donne anziane, le donne migranti e definisca anche il concetto di violenza in tutte le sue declinazioni come la violenza domestica, psicologica, economica, sessuale, fisica» (pag. 28). Sempre nell’Asse della prevenzione sono definiti i contesti specifici di intervento e cui associare azioni portanti e interventi pilota, ebbene, in relazione ai “Luoghi di socializzazione, di accoglienza e di cura del sé” è previsto che l’attività di prevenzione sia attuata anche mediante «codici o linee guida da predisporre e adottare da parte delle Istituzioni per la prevenzione e il contrasto delle molestie, degli abusi e dello sfruttamento sessuale, a tutela sia del personale (prevenzione molestie sul lavoro) sia dei beneficiari degli interventi svolti, con particolare riferimento alle donne maggiormente vulnerabili come le donne disabili, le donne anziane, le donne migranti» (pag. 29). È inoltre prevista «la predisposizione e realizzazione di campagne [di sensibilizzazione] sul fenomeno inclusive e rivolte ai giovani e agli adulti» (pag. 30). La Priorità 1.4, sempre sullo stesso Asse, contiene un riferimento esplicito sia nella denominazione: “Attivare azioni di emersione e contrasto della violenza contro donne vittime di discriminazione multipla, donne migranti, richiedenti asilo e rifugiate, donne disabili, in particolare nei luoghi maggiormente a rischio” (pag. 31), sia al suo interno, laddove prevede «interventi di sensibilizzazione specifici rivolti a particolari categorie fragili quali le donne anziane e le donne disabili vittime di violenza di genere» (pag. 32).
Passando all’Asse protezione e sostegno, le donne con disabilità sono citate nella Priorità 2.4 “Potenziamento della Linea telefonica nazionale gratuita antiviolenza h24 1522, attraverso l’implementazione della collaborazione tra 1522, CAV [centri anti violenza, N.d.R.], CR [case rifugio, N.d.R.], reti territoriali, forze dell’ordine e sistema giudiziario”, nella parte in cui sono previste «campagne di comunicazione a carico del 1522 targettizzate e specifiche, ad esempio per: donne migranti regolari e irregolari, donne con disabilità, donne anziane, giovani, uomini, sulla violenza economica, sulla cyber violenza» (pag. 38). Invece nella Priorità 2.5 “Protezione tutela e sostegno psicosociale delle/dei minori vittime di violenza assistita”, proprio in riferimento alle minori è sottolineato come «le specifiche e ulteriori vulnerabilità di tale popolazione, come la disabilità, richiedano una risposta che includa considerazioni mirate a livello a livello programmatico, con riferimento particolare all’età adolescenziale, fase critica sia per il rischio di violenza sia per il bisogno di supporto» (pag. 39).
Nell’Asse Assistenza e Promozione va segnalato il riferimento contenuto nella Priorità 4.4 “Miglioramento del sistema di Governance attraverso la costruzione di luoghi stabili di confronto e programmazione per gli organismi politici, le istituzioni e le strutture amministrative titolate a trattare il tema della violenza maschile contro le donne”, in cui si specifica che a livello generale «è importante tener conto della trasversalità di alcune tematiche come la disabilità e l’immigrazione, che determinano la previsione di alcuni punti qualificanti» che fanno riferimento alla necessità di: attivare luoghi stabili e una Agenda di incontri con cadenza semestrale per il presidio dell’attuazione del Piano Strategico Nazionale 2021-2023, così da costruire una governance strutturata e stabile degli organismi politici, delle Istituzioni e delle strutture amministrative titolate a trattare la materia della violenza contro le donne; creare e mettere a sistema una banca dati informatizzata, attraverso la raccolta delle informazioni ed i dati disponibili da parte delle diverse Amministrazioni accessibile ai soggetti che operano per sostenere le donne vittime di violenza maschile; definire protocolli specifici finalizzati a regolare i rapporti e gli impegni tra le parti in modo puntuale e stringente attraverso l’elaborazione di Procedure Operative Standard (SOP) che consentano di garantire una continuità di intenti e azioni anche in caso di sostituzione di uno o più referenti (pagine 49-50). Infine, nella Priorità 4.5 “Comunicazione dell’Asse Assistenza e Promozione” è prevista la predisposizione di un «Piano di comunicazione basato su una differenziazione di contenuti, modalità e mezzi utilizzati per le campagne di comunicazione in base ai target (popolazione generale, donne vittime, uomini, uomini maltrattanti, minori, comunità interculturali, ecc.), ai contenuti, ai canali di diffusione ed ai messaggi che si intendono veicolare» (pag. 50). Sebbene in quest’ultimo caso le donne con disabilità non siano espressamente citate, il riferimento alla differenziazione di contenuti, modalità e mezzi in base ai diversi target letto alla luce dell’indicazione di considerare la disabilità quale tematica trasversale dovrebbe indurre – il condizionale e d’obbligo – a un’interpretazione inclusiva anche delle donne con disabilità.
Tutto bene, dunque? Non del tutto.
Nell’Asse assistenza e promozione, ad esempio, quando nella Priorità 4.1 “Implementazione del Sistema Informativo integrato: raccolta ed analisi dei dati sul fenomeno e sulle diverse articolazioni” è prevista la raccolta di «dati disaggregati sulla violenza di genere» si parla esplicitamente di sviluppare «rilevazioni mirate rispetto a persone richiedenti asilo e rifugiate» (pag. 47), che va benissimo, intendiamoci, purché non ci si scordi di disaggregare i dati anche in funzione delle persone con disabilità anche se non esplicitamente citate, soprattutto se si considera che proprio la mancanza di dati statistici specifici ha reso e rende invisibile la violenza nei confronti donne con disabilità, ha impedito ed impedisce che sia descritta in modo puntuale e non ha consentito e non consente di programmare attività e servizi mirati.
Sempre nell’Asse assistenza e promozione, ulteriore esempio, alla Priorità 4.3 “Predisposizione di linee guida, in accordo con le regioni, per uniformare a livello nazionale gli standard qualitativi e quantitativi dei servizi erogati dai Centri Antiviolenza, dalle reti territoriali e dal sistema socio sanitario” si parla di un aggiornamento «della mappatura dei centri (Centri Antiviolenza e dalle Case Rifugio), che siano finanziati con risorse pubbliche o meno, attivi a livello nazionale e territoriali monitorando la loro attività e le risorse finanziarie messe a disposizione per fonte di finanziamento» (pag. 48), ecco, nell’aggiornamento della mappatura non è prevista una rilevazione dell’accessibilità dei Centri Antiviolenza e dalle Case Rifugio, né risulta che il requisito dell’accessibilità sia considerato quale prerequisito da soddisfare per accedere a fondi pubblici. Come si fa ad indirizzare le vittime di violenza con disabilità a servizi per i quali non è previsto che sia richiesta e verificata l’accessibilità (non solo architettonica)? Anche volendo considerare che rendere tutti questi servizi accessibili non sia realisticamente possibile – o quanto meno non lo sia nell’immediato –, non sarebbe il caso di fissare almeno una percentuale di servizi adeguati a garanzia di una copertura almeno minima su base regionale?
Tutto questo è chiaramente in contrasto sia con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che annovera l’accessibilità tra i suoi Principi generali (articolo 3, lettera f), sia con la stessa Convenzione di Istanbul. Infatti quest’ultima al Capitolo VI, in tema di protezione e sostegno, prevede che «Le Parti si accertano che le misure adottate in virtù del presente capitolo: […] soddisfino i bisogni specifici delle persone vulnerabili, compresi i minori vittime di violenze e siano loro accessibili» (articolo 13, comma 3). Il tema dell’accessibilità ricorre anche nelle disposizioni sulle case rifugio: «Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per consentire la creazione di rifugi adeguati, facilmente accessibili e in numero sufficiente per offrire un alloggio sicuro alle vittime, in particolare le donne e i loro bambini, e per aiutarle in modo proattivo» (articolo 23); ed in quelle sul supporto alle vittime di violenza sessuale: «Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per consentire la creazione di centri di prima assistenza adeguati, facilmente accessibili e in numero sufficiente, per le vittime di stupri e di violenze sessuali, che possano proporre una visita medica e una consulenza medico-legale, un supporto per superare il trauma e dei consigli» (articolo 25).
Ancora, mancano riferimenti alle donne con disabilità nell’Asse perseguire e punire i colpevoli, che comprende tutta la materia dell’accesso alla giustizia, ambito nel quale le donne con disabilità sono frequentemente discriminate ed esposte a vittimizzazione secondaria, come ribadito dal Comitato delle Donne del Forum Europeo sulla Disabilità (EDF) anche nell’ultimo comunicato diramato lo scorso 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Va inoltre ricordato che in relazione alle donne che sono o potrebbero essere vittime di discriminazione intersezionale il GREVIO, nel già menzionato Rapporto di valutazione, ha esortato vivamente le autorità italiane a «garantire l’effettiva attuazione dell’obbligo di diligenza per verificare in modo adeguato l’investigazione, la punizione e attuare gli strumenti riparativi a disposizione delle vittime appartenenti a questi gruppi di donne» (punto 27).
Infine, ultimo esempio, è stato eluso l’invito del GREVIO alla creazione in Italia di un’Istituzione Nazionale Indipendente per i Diritti umani a beneficio delle politiche volte a contrastare la discriminazione intersezionale che colpisce i gruppi di donne svantaggiate, un’indicazione fortemente caldeggiata delle Associazioni di persone con disabilità italiane.
In conclusione possiamo osservare che il nuovo Piano nazionale sulla violenza, pur con qualche lacuna, contiene sufficienti elementi per predisporre un Piano operativo concretamente tutelante per le donne con diverse disabilità nelle aree strategiche individuate dai quattro Assi del Piano stesso. Ma verosimilmente ciò si verificherà solo se nella stesura del Piano operativo ci sarà il coinvolgimento delle Associazioni di persone con disabilità, non solo per una verifica dell’accessibilità dei servizi – che comunque rimane imprescindibile –, ma anche per una disamina complessiva dell’intero sistema antiviolenza alla luce delle competenze in tema di disabilità di cui Associazioni stesse sono depositarie.
Simona Lancioni
Responsabile del centro Informare un’h di Peccioli (Pisa)
Per approfondire:
Italia. Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per le Pari Opportunità, Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, Roma, 17 novembre 2021.
Simona Rossitto, Violenza sulle donne, ecco il nuovo piano strategico 2021-2023, «Alley Oop» blog de «Il Sole 24 Ore», 5 novembre 2021.
EDF: anche le donne con disabilità hanno diritto a una vita libera dalla violenza, «Informare un’h», 25 novembre 2021.
Simona Lancioni, Le valutazioni del GREVIO e la violenza sulle donne con disabilità, «Informare un’h», 24 maggio 2020.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.
Ultimo aggiornamento il 28 Novembre 2021 da Simona