Sottratto alle cure della sua famiglia che gli ha prestato assistenza per 18 anni, col pretesto di un procedimento per ipercura che è stato archiviato, Carlovittorio è stato richiuso in una struttura sanitaria su richiesta del suo amministratore di sostegno. Un luogo in cui le sue condizioni di salute sono andate peggiorando di giorno in giorno. Ora è stato disposto che egli possa rientrare a casa per tre giorni alla settimana, ma sono state fissate delle condizioni così onerose per la famiglia che di fatto escludono che ciò si concretizzi. Ieri, 20 aprile, è stata presentata un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro della Giustizia per far cessare questa situazione disumana. Purtroppo dobbiamo raccontare un altro caso di abuso nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno.
Carlovittorio ha 20 anni ed una grave disabilità fisica acquisita al momento del parto. Abita in provincia di Brescia e da 2 anni vive in una struttura sanitaria. Il giovane è stato sottratto alle cure della sua famiglia – sino ai 18 anni ha vissuto con i suoi genitori ed i suoi nonni –, in particolare a quelle di sua madre Patrizia Tibaldo. Tibaldo è stata considerata inadeguata al ruolo genitoriale e sottoposta a un procedimento penale per ipercura (i servizi sociali hanno sostenuto che le cure fornite al figlio fossero eccessive). Il procedimento è stato archiviato, ma suo figlio che – va sottolineato – ha difficoltà a verbalizzare, ma non ha una disabilità cognitiva, continua a vivere in istituto. Da quando è stato allontanato dalla sua abitazione, Carlovittorio ha smesso di alimentarsi per bocca (come aveva sempre fatto) ed è passato alla PEG (gastrostomia endoscopica percutanea, un tipo di alimentazione effettuata tramite una sonda), ha perso 18 chili, è completamente allettato (prima riusciva a stare seduto e a tenere il capo eretto), presenta grandi piaghe da decubito. Le sue condizioni di salute sono andate peggiorando di giorno in giorno.
«È ridotto a un mucchietto di ossa ed è piagato. Vengo sgridata perché lo abbraccio e lo bacio, e posso vederlo per venti minuti alla settimana», dichiara Tibaldo all’Agenzia di stampa «DiRE» in un servizio curato da Silvia Mari, Storia di Carlovittorio, disabile grave allontanato dalla madre che lo amava troppo, pubblicato ieri, 20 aprile, proprio nel giorno nel quale la madre rivolge un accorato appello alla Camera dei Deputati. L’appello è stato lanciato in una conferenza stampa indetta dalla deputata Stefania Ascari, per chiedere «che Carlovittorio torni a casa dai suoi genitori e che il ministro della Giustizia Carlo Nordio valuti azioni disciplinari sulle autorità coinvolte in questa drammatica vicenda», si legge nel servizio.
«Permanere nel centro, che è peraltro una struttura per disabili anziani, è rischioso per la vita di Carlovittorio al quale ancora oggi non permettono di tornare a casa dove è stato accudito per 18 anni– argomenta Laura Andrao, l’avvocata che ha seguito il caso – È un ragazzo di 20 anni con una disabilità complessa, ma questo non vuol dire che non senta amore. È stato curato e amato dalla mamma e dal papà, 24 ore su 24, in particolare dalla mamma con cui conviveva. Due caregiver che hanno dedicato la loro vita alla valorizzazione del figlio». L’avvocata racconta che nel 2021 le premure della famiglia sono state considerate eccessive, e che al compimento dei 18 anni a Carlovittorio è stato assegnato un amministratore di sostegno esterno alla famiglia che ha chiesto la sua istituzionalizzazione. Da quel momento la salute del giovane ha iniziato a peggiorare, mentre sua madre per due anni è stata trattata come una delinquente, sebbene il procedimento penale per ipercura sia stato archiviato.
Ai genitori sono concessi venti minuti di visita alla settimana, ma questi si svolgono sotto sorveglianza. «Il CTU [consulente tecnico d’ufficio, N.d.R.] – spiega ancora Andrao – ha disposto che [il giovane] potrà rientrare solo 3 giorni a settimana con un’assistenza infermieristica h24 finalizzata al mero controllo della mamma, perché oggi al centro in cui si trova non ce l’ha. Ricordiamo che la mamma che non ha alcuna condanna». Tale disposizione è insostenibile per la famiglia giacché tra assistenza infermieristica e l’auto speciale per il trasporto, si arriva ad una spesa media di circa 12mila euro al mese, ciò che di fatto esclude che il rientro a casa di Carlovittorio si concretizzi. Secondo l’avvocata «l’amministrazione di sostegno è stata utilizzata per “eliminare” i genitori e impedire loro di sapere cosa facesse il figlio e come stesse».
Anche Maurizio Brighenti, il neuropsichiatra che segue Carlovittorio, si schiera dalla parte della famiglia. «Siamo all’interno di un ricatto e non c’è nessuna indagine clinica che dica che Carlovittorio sia stato male con la mamma», afferma, e spiega come dai test ai quali è stata sottoposta la madre sia «emersa una normale personalità della signora». E prosegue: «C’è un pregiudizio sulle persone con grave disabilità motorie ovvero che se non parlano non capiscono, come se non sentissero la sofferenza intorno».
Come anche in altre circostanze, i problemi sono iniziati ad emergere quando i familiari sono entrati in contrasto coi servizi sociali. Tibaldo afferma di essersi impegnata perché il figlio potesse frequentare il liceo chiedendo tutti i supporti necessari all’apprendimento, mentre le assistenti sociali intendevano la frequentazione scolastica solo in termini di socializzazione. Giustamente l’avvocata osserva che mentre alla famiglia è richiesto uno sforzo economico insostenibile al fine di impedire che Carlovittorio rientri a casa, le assistenti sociali sembrano sparite. «Perché non sono coinvolte le assistenti sociali che hanno causato tutto questo?», chiede Andrao.
Dunque nella giornata di ieri «è stata presentata un’interrogazione parlamentare indirizzata al ministro Nordio – ha dichiarato la deputata Ascari – e abbiamo chiesto quali misure intenda adottare con urgenza per verificare eventuali azioni disciplinari sulle autorità coinvolte ed evitare danni ad altri ragazzi».
Pur con alcune specificità, molte delle problematiche relative all’applicazione dell’amministrazione di sostegno, istituto giuridico introdotto nel nostro ordinamento con la Legge 6/2004, scaturiscono dal fatto che esso viene utilizzato come strumento per imporre alla persona con disabilità decisioni prese da terzi, invece che come strumento di supporto – sostegno, appunto – per l’autodeterminazione della persona stessa. L’articolo 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (che l’Italia ha ratificato con la Legge 18/2009) riconosce a tutte le persone con disabilità «la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione». Ciò che Carlovittorio sta subendo è una grave violazione dei suoi diritti umani, possiamo solo augurarci che il ministro della Giustizia riesca a farla cessare al più presto. Contestualmente auspichiamo anche che il Parlamento introduca delle modifiche che impediscano una volta per tutte che la Legge 6/2004 possa essere usata per negare il diritto all’autodeterminazione delle persone con disabilità. Se la Legge non verrà modificata, episodi come questi sono destinati a ripetersi. (Simona Lancioni)
Vedi anche:
Amministrazione di sostegno, doveva essere un abito su misura… invece, «Informare un’h», 18 febbraio 2022.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema della “Tutela giuridica”.
Ultimo aggiornamento il 23 Aprile 2023 da Simona