Cosa possono ancora fare le vittime del peculato commesso nell’àmbito dell’amministrazione di sostegno, e i loro familiari, dopo aver esperito ogni altra via percorribile? Piero Michele Atzori, ex docente di liceo e fratello di Maria Antonietta, un tempo dirigente ospedaliera, oggi donna con grave disabilità derubata dalla sua amministratrice di sostegno, ha deciso di scrivere una lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Non uno sfogo, ma un testo argomentato e documentato che, ripercorrendo le tappe di questa dolorosa vicenda, mette in luce le opacità e le disfunzionalità di un sistema che allo stato attuale, con ogni evidenza, non è in grado di prevenire l’abuso né di tutelare/risarcire chi quell’abuso l’ha subito.
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«Sette anni e otto mesi di reclusione per l’ex amministratrice di sostegno di Oliena [in provincia di Nuoro, N.d.R.], Roberta Barabino, a processo a Nuoro per peculato, falso e autoriciclaggio per aver utilizzato i soldi dei suoi assistiti, circa 590mila euro, per fini impropri e personali», così l’Agenzia «ANSA», nel luglio 2024, dava notizia della Sentenza pronunciata dal Giudice dell’Udienza Preliminare al termine di un processo con rito abbreviato nel quale è stato condannato a tre anni e dieci mesi per riciclaggio anche il marito della donna, Graziano Coinu (Nuoro, amministratrice di sostegno infedele condannata a 7 anni, «ANSA – Regione Sardegna», 17 luglio 2024). Poche righe di fredda cronaca ci informano che la pena è stata dimezzata rispetto alle richieste del Pubblico Ministero, ma nulla dicono sui drammi umani che si possono verificare quando lo Stato dispone l’amministrazione di sostegno per tutelare persone in situazioni di vulnerabilità, anche estrema, senza adeguate verifiche sulle persone chiamate a rivestire questo delicatissimo ruolo, senza reali controlli sul loro operato in fase di svolgimento, senza risarcimenti alle vittime nei (troppi) casi in cui queste vengono derubate dei loro averi. Tutti aspetti che invece marchiano in modo indelebile le persone che si ritrovano, loro malgrado, travolte da questo meccanismo infernale.
Lo sanno bene, tra i tanti, Piero Michele Atzori, ex docente di liceo ora in pensione, e sua sorella Maria Antonietta. «Signor Presidente, mia sorella Maria Antonietta, classe 1954, un tempo dirigente medico ospedaliero, da anni è affetta da grave afasia progressiva, quella stessa dell’attore Bruce Willis, che le ha tolto completamente la parola. All’inizio del 2021, per dissidi familiari, mia sorella è stata affidata al Tribunale di Nuoro e da questo all’amministratrice di sostegno (ads) Roberta Barabino, classe 1986. Costei, in cinque anni e mezzo, ha trafugato due milioni di euro ai suoi amministrati, così hanno riportato le cronache giornalistiche»: esordisce in questo modo la lettera aperta che Piero Atzori indirizza al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Non uno sfogo, ma un testo argomentato e documentato che ripercorre le tappe della “vicenda Barabino”, com’è stata ribattezzata, sin da quando essa ha preso avvio, proprio grazie ad un esposto Piero Atzori, ma anche, soprattutto, mette in luce le opacità e le disfunzionalità di un sistema – sia pubblico (per quel che attiene alla predisposizione/gestione degli istituti di tutela giuridica, nonché all’amministrazione della giustizia), sia privato (per la parte di competenza degli istituti di credito) – che allo stato attuale, con ogni evidenza, non è in grado di prevenire l’abuso né di tutelare/risarcire chi quell’abuso l’ha subito.
I primi sospetti circa la condotta illecita di Barabino, Piero Atzori li ebbe sin da quando a domande su specifici aspetti delle finanze di sua sorella l’amministratrice di sostegno tergiversava. Sospetti che sono stati confermati dapprima dal rendiconto annuale «che puzzava ad un miglio. Infine è successo che la banca, che dal marzo 2021 aveva inviato le comunicazioni solo all’indirizzo dell’ads, ad un certo punto, dopo circa due anni, ne ha inviato alcune a casa di mia sorella. Non tutte, solo quelle relative ai bonifici. Inizialmente tre bonifici, due ad un dentista di Firenze dove mia sorella non era stata e uno ad un elettricista mai sentito per un lavoro mai fatto. Si trattava di tre bonifici-peculato. Da qui l’immediato esposto. Solo dopo si verrà a sapere che i tre bonifici erano il 53.simo, 54.simo e il 55.simo di una lunga serie di bonifici-peculato. Non si è indagato sul perché ad un certo punto la banca ha cambiato l’indirizzo delle comunicazioni».
È stato come scoperchiare il vaso di Pandora. Racconta Piero Atzori: «Le indagini della Polizia Giudiziaria (PG) hanno finora portato alla luce migliaia di peculati commessi dal 2017 a danno di circa cinquanta persone. I processi con rito abbreviato, iniziati a metà del 2024, si succedono».
Il primo processo, quello che si è concluso con la Sentenza di condanna a cui si riferiva la nota dell’«ANSA», ha riguardato sei persone, tra cui, appunto, Maria Antonietta Atzori, il cui caso è stato definito “caso madre”. «Si è trattato in tutto di € 591.109,58 trafugati in 5 anni e 5 mesi, € 610,65 al giorno, di 968 delitti, 1 reato ogni 2 giorni. Il processo ha chiarito che i conti correnti (c/c) venivano svuotati a catena e che le spese degli amministrati con il c/c prosciugato venivano pagate svuotando i c/c di altri amministrati», è scritto nella lettera.
È interessante conoscere anche il meccanismo di computo della pena. Atzori lo spiega così: «La condanna è stata calcolata partendo dalla pena base di 8 anni per il peculato relativo ad un bonifico del 2019 di € 21.000, quello con la cifra più importante. La pena è stata quindi aumentata per la continuazione a 11 anni e 6 mesi per i rimanenti 967 reati, con un aumento complessivo di 3 anni e 6 mesi di reclusione pari a 2 giorni di reclusione per i primi 308 reati e di 1 giorno di reclusione per i rimanenti 659 reati. La pena è stata quindi ridotta per il rito abbreviato a 7 anni e 8 mesi. Siccome di reati l’ads ne ha presumibilmente commessi diverse altre migliaia, la pena aggiuntiva, se ci sarà nelle nuove sentenze, sarà simbolica. Dal giorno per ogni altro peculato si scenderà alle ore e forse ai minuti. Di contro non è certo simbolico il danno alle vittime». A ciò si deve aggiungere che la frammentazione della vicenda in diversi processi a porte chiuse impedisce di cogliere gli intrecci tra i vari casi; ciò preclude la ricostruzione del quadro d’insieme e «nasconde il malfunzionamento della Volontaria giurisdizione». Ad esempio, il fatto che il processo relativo alla sorella di Atzori si sia svolto con «rito abbreviato ha contribuito a nascondere l’incompletezza delle indagini, non essendo stato ad esempio accertato per lei né l’inizio né la fine del peculato». Infatti i furti ai danni di Maria Antonietta Atzori si sono svolti nell’arco temporale 8 marzo 2021-18 aprile 2023, ma le indagini hanno riguardato un periodo più ristretto (1° aprile 2021-6 aprile 2023), con la conseguente esclusione dal processo di diversi episodi rilevanti. Ne consegue che anche la somma di 264.673,62 euro, che risulta sottratta a Maria Antonietta Atzori, in realtà è sottostimata.
Tra i tanti esempi di episodi esclusi riportati, merita di essere segnalata l’affermazione del Giudice Tutelare che, in risposta alla domanda del Pubblico Ministero su quale fosse la prassi per l’analisi del rendiconto, argomentava così: «avendo centinaia di fascicoli, facciamo un controllo sommario».
E non si può certo dire che la questione possa essere sanata con un’adeguata indagine. Racconta infatti Atzori: «Nella pratica odierna sembra che sia irrilevante che una parte dei reati passi in cavalleria, soprattutto in Tribunali periferici con gravissime carenze di organico. Mi ha spiegato un Ufficiale di PG dei Carabinieri di Sassari che la differenza che conta è tra 0 e 1, non tra 1 e 100, perché tra 0 e 1 si passa rispettivamente dalla non colpevolezza alla colpevolezza, mentre tra 1 e 100 c’è solo reiterazione del reato e mi ha spiegato che se la PG comprova 50 reiterazioni di peculato su 100 il sistema giudiziario italiano si ritiene soddisfatto».
Si potrebbe pensare che una volta accertato il peculato poi i soldi tornino a coloro a cui sono stati sottratti, ma in questi casi la Legge prevede la confisca dei beni per l’equivalente dell’ammontare del peculato, il che significa che i soldi rimangono allo Stato e dunque non vanno ai cittadini e alle cittadine derubati da soggetti individuati dallo Stato stesso. «Il recupero del maltolto è un’impresa ardua che richiede salute e disponibilità economiche, condizioni entrambe mancanti alle persone fragili vittime di peculato e quasi sempre anche alle loro famiglie. Ma non dovrebbe essere lo Stato a farsi carico di tali recuperi?», si chiede Piero Atzori.
Potremmo poi raccontarci che si tratta di casi isolati, ma «il fenomeno degli amministratori di sostegno che praticano il peculato per anni è piuttosto diffuso in Italia – osserva ancora l’ex professore –. Basta scorrere le cronache dei giornali per rendersene conto. Se si studiasse il fenomeno credo si scoprirebbe la sua corrispondenza biunivoca con la negligenza reiterata del sistema Ufficio del GT – Cancelleria Volontaria Giurisdizione – Istituto di credito. Si scoprirebbero probabilmente anche gli impedimenti frapposti dal sistema giudiziario all’emergere di tale verità».
Cosa potrebbero ancora fare le vittime del peculato commesso nell’àmbito dell’amministrazione di sostegno, e i loro familiari, dopo aver esperito ogni altra via percorribile? Piero Atzori ha individuato due motivi per rivolgersi pubblicamente al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Nella mia inguaribile utopia, immagino che lo Stato potrebbe comportarsi da galantuomo riconoscendo sua sponte le proprie molteplici, personali responsabilità nell’aver scelto di mettere mia sorella nelle mani di una senza garanzie e, in generale, nel non aver prevenuto il peculato e immagino anche che potrebbe porre argine al business immondo delle amministrazioni di sostegno a discapito dell’assistenza». (S.L.)
La lettera aperta rivolta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella da Piero Atzori è disponibile a questo link.
Per informazioni: Piero Atzori: pm.atzori@gmail.com
Nota: segnaliamo che proprio allo scopo di prevenire gli abusi di cui si tratta nel presente testo, ma anche altre pratiche violente, l’Associazione Diritti alla Follia, ha predisposto una Proposta di Legge di iniziativa popolare che prevede l’abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione, nonché per la riforma dell’amministrazione di sostegno (il cui testo integrale è disponibile a questo link). La Proposta è aperta alla sottoscrizione online attraverso il seguente link alla piattaforma pubblica. La sottoscrizione è gratuita. Sollecitiamo l’adesione all’iniziativa e chiediamo aiuto nella sua divulgazione. Ulteriori informazioni su questa Proposta di Legge, ma anche su quella, altrettanto importante, finalizzata ad adeguare l’attuale normativa sul trattamento sanitario obbligatorio (TSO) alla Costituzione italiana e agli obblighi internazionali sottoscritti dal nostro Paese, sono disponibili a quest’altro link. Per informazioni: dirittiallafollia@gmail.com
Vedi anche:
Piero Atzori, Amministrazione di sostegno, le falle del sistema attraverso le quali passa il peculato, «Informare un’h», 25 marzo 2024.
Amministrazione di sostegno, doveva essere un abito su misura… invece, «Informare un’h», 18 febbraio 2022.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema della “Tutela giuridica”.
Ultimo aggiornamento il 17 Febbraio 2025 da Simona