recensione a cura di Nadia Muscialini*
“Grande meraviglia”, l’ultima opera di Viola Ardone, appena pubblicata per i tipi di Einaudi, «è la storia dell’incontro tra Elba, figlia di una donna rinchiusa in manicomio, e il giovane “dottorino” Meraviglia, psichiatra basagliano che vuole aprire le mura dei nosocomi e rendere la psichiatria più umana introducendo terapie gentili», spiega Nadia Muscialini nella recensione che volentieri ospitiamo. Essa è anche la testimonianza della «riuscita, almeno parziale, di due grandi rivoluzioni che sono andate quasi di pari passo: quella dell’antipsichiatria e quella per i diritti delle donne».
Grande meraviglia di Viola Ardone (Einaudi, 2023) è un libro che si vorrebbe leggere tutto di un fiato e contemporaneamente non finirlo.
Si fanno volutamente delle pause perché c’è bisogno di sostare nelle emozioni e nei pensieri che la trama e i personaggi sollecitano dentro di noi.
È la storia dell’incontro tra Elba, figlia di una donna rinchiusa in manicomio, e il giovane “dottorino” Meraviglia, psichiatra basagliano che vuole aprire le mura dei nosocomi e rendere la psichiatria più umana introducendo terapie gentili come ad esempio la psicoanalisi.
Una delle prime cose pratiche che vorrebbe fare il medico appena giunto in ospedale è de-istituzionalizzare Elba, “liberare” la giovane adolescente che vive in manicomio semplicemente perché non ha un altro posto dove andare. Ci prova… ma non è così semplice.
L’impegno del nuovo psichiatra non rappresenta solo il cambio di passo della psichiatria ma anche il desiderio di un cambiamento sociale.
L’apertura dei manicomi non è stato un processo semplice, non facile né immediato. Non solo per la resistenza delle istituzioni e dei Signori della psichiatria, ma anche per la difficoltà di chi aveva a lungo abitato quei luoghi e non ne conosceva altri.
Elba non vuole andarsene dal Mezzomondo perché è la sua casa, li c’è la sua Mutti (la mamma di Elba), la sua famiglia, fatta di altre donne istituzionalizzate e del personale che ci lavora, altrettanto alienato; perché le istituzioni totali sono alienanti, per chiunque le abiti.
Il libro racconta la storia dell’anti psichiatria, ma anche della ribellione delle donne alla legge del patriarcato. Donne ribelli all’ordine costituito dato per naturale che venivano punite dai mariti facendole internare nei manicomi.
«Ce ne sono tante, continuo – donne giudicate sbagliate, imperfette, eccentriche, volubili, perché non sono rimaste dal lato del mondo in cui erano state messe. Dichiarate pazze dal padre, da un fratello, dal marito, per liberarsi da una moglie che non voleva più.»
È la storia della Vita e del Tempo che scorre in modo uguale per tutti rendendoci simili, accomunati dalla stessa fragilità di essere umani. Tutti, alla resa dei conti, dobbiamo confrontarci con le nostre vite e ciò che ne abbiamo fatto. «Il tempo è come la neve: cadendo, si posa su tutto, non fa eccezioni.»
Grande meraviglia è la storia di un intero Paese, di una parte di umanità che viene punita perché non vuole conformarsi, uniformarsi alle regole ingiuste e discriminatorie imposte dal potere o semplicemente perché esprime la propria sofferenza e la fatica di vivere. È la storia di persone doloranti per mancanza di amore o perché impedite di essere se stesse, di persone con disabilità o senza una famiglia, di bambini esposti per rifiuto o necessità, ma anche di sentimenti, solidarietà e cura tra pari; è la rivendicazione del diritto ad essere diversi, della ribellione dall’omologazione anche nel modo in cui esprimere il mal d’amore.
La lotta per la libertà avviene attraverso il sintomo psichiatrico e la poesia «dice il dottorino – la poesia è la libertà, non si può tenere chiusa dietro le sbarre.»
Nel testo si racconta la storia della psichiatria e delle persone ricoverate nei manicomi prima e durante l’approvazione della Legge 180/1978, di un manicomio, Mezzomondo, in cui esiste «una sola stagione» quella «dell’attesa» in un’epoca in cui i manicomi erano luoghi di detenzione piuttosto che di cura.
La vecchia psichiatria basata sulle contenzioni, gli elettroshock e la deumanizzazione della sofferenza psichica è incarnata dal vecchio psichiatra Colavolpe; la nuova visione è incarnata da Meraviglia che agisce una rivoluzione gentile attraverso l’informazione, la trasformazione dei malati considerati abnormi, devianti, disumani in persone che esprimono una sofferenza che va accolta, considerata parte integrante della vita perché «la follia è la sorella sfortunata della poesia» (Eugenio Borgna) e si finisce da una parte o l’altra del Mezzomondo solo per fortuna o sfortuna. Elba e Fausto siamo tutti noi, chi è più fortunato e chi lo è meno, due facce della stessa medaglia; una sofferenza simile ma due destini diversi.
Attraverso le parole di Meraviglia si racconta una trasformazione epocale «Ho lottato per la chiusura dei manicomi, ma non sono stato un eroe e men che meno un santo. Ho combattuto, ho fallito, ho provato ancora e qualche volta mi è sembrato di avere vinto, per il resto ho preso per buoni anche i pareggi. Noi non possiamo vincere, diceva Basaglia, perché il potere vince sempre. Noi è già tanto se riusciamo a convincere.»
La vera conquista è per il medico avere compreso, attraverso le storie di Elba e delle altre donne, che non basta togliere sbarre e catenacci dalle porte e dalle finestre per tornare a fare parte dell’altra metà del Mezzomondo, perché la sofferenza psichica e la libertà sono qualcosa di più di questo «le sbarre sono una parte della tua mente e la libertà, è una chiave nella testa che non so ancora girare». E che, a volte «arrendersi è l’unica forma di guarigione».
Il diario dei malanni di Elba raccoglie le osservazioni della giovane sulle altre donne ricoverate e aiuta a comprendere il senso della loro sintomatologia molto meglio di ciò che è scritto ed elencato nei manuali diagnostici dei disturbi mentali, meri elenchi di sintomi senza nessuna connessione con la vita e le esperienze delle persone.
Nel libro viene testimoniata la riuscita, almeno parziale, di due grandi rivoluzioni che sono andate quasi di pari passo: quella dell’antipsichiatria e quella per i diritti delle donne.
È il racconto dei più che fanno la storia, quelli che non sono mai nominati nei libri di storia e che, attraverso piccole battaglie quotidiane, piccole rivoluzioni culturali e lotte per i diritti hanno dato il via e la possibilità di scrivere leggi che hanno giovato a tutta la collettività.
Così è stato per la Legge Basaglia e la cura della salute mentale. Così è stato per la modifica del diritto di famiglia e la condizione femminile.
Come la Legge Basaglia che ha messo sullo stesso piano sani e ammalati, medici e pazienti, la riforma del diritto di famiglia ha determinato l’uguaglianza tra i coniugi; la legge sul divorzio ha legittimato il rifiuto a rimanere in storie di abusi e violenze; la legge sull’aborto a non subire gravidanze indesiderate spesso frutto di stupri. A queste prime leggi sono seguite quelle più recenti a tutela delle vittime di violenza sessuale come persone piuttosto che a tutela dell’onorabilità familiare e del pudore, e quelle ancora più recenti contro la violenza domestica, lo stalking, le discriminazioni e i femminicidi. Leggi a tutela non solo della parte lesa e dei singoli ma dell’intera collettività, perché «una buona legge è come un ombrello che ripara tutti, non solamente quelli che stanno sotto la pioggia».
Il libro è un invito a non desistere dal continuare a lottare per i diritti e marca la differenza tra chi crede nel potere di camminare (e di cambiare) e chi no.
* Nadia Muscialini è una psicologa, psicoanalista, attivista, saggista, tra le massime esperte italiane di lotta alla violenza di genere. Il presente testo è già stato pubblicato su «SpiWeb», il sito della Società Psicoanalitica Italiana, e viene qui ripreso con lievi adattamenti al diverso contesto per gentile concessione.
Ultimo aggiornamento il 13 Dicembre 2023 da Simona