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Vorrei in ogni città uno screening oncologico per le persone con disabilità complessa: ci proviamo assieme?

di Marina Cometto*

«Vorrei – scrive Marina Cometto – che gli screening oncologici per chi ha una disabilità gravissima o complessa fossero previsti in almeno un ospedale di ogni Comune. Non “per piacere”, ma come diritto, perché le persone con disabilità non sono esonerate dalla vita ad ammalarsi di patologie oncologiche e scoprirle per tempo farebbe la differenza». Rivolgendosi quindi alle famiglie, chiede aiuto per raccogliere testimonianze, che confluiscano magari in un libro dal possibile titolo “Screening ed esami per tutti, diritti non concessioni”.

La corsia di un reparto ospedaliero.

Forse potrei portare qualche beneficio a questa nostra società, impegnandomi ancora una volta in un’impresa forse impossibile per alcuni, ma che certamente potrebbe essere utile alle persone con disabilità complessa, spesso trascurate dalla Sanità Nazionale, più ancora per incompetenza che per cattiva volontà.
Pur affetta da una devastante malattia genetica, mia figlia, Claudia Bottigelli, è purtroppo mancata a 50 anni non a causa della sua patologia, come ben si può leggere nel mio libro Una vita a colori. Il prima, il durante e il dopo di una mamma caregiver, recentemente pubblicato [se ne legga anche la presentazione su «Superando», N.d.R.], ma a portarla via è stata una malattia oncologicadiagnosticata troppo tardi per portare a una soluzione positiva e mantenerla in vita senza ulteriori sofferenze.
Mi sono chiesta in questi due anni da quando Claudia ci ha lasciato, come poter sopportare il macigno che pesa sul cuore e una domanda spesso ritorna nella mia mente: come sarebbe andata se la Regione in cui abitiamo avesse messo in pratica un valido programma di screening, adeguato per le persone con disabilità gravissime o complesse, che spesso necessitano di esami quali la colonscopia, con preparazione somministrata in ambiente ospedaliero, oppure un Pap-test o un’ecografia transvaginale in ambiente protetto, con professionisti sanitari competenti? Perché quando si parla di disabilità gravissima o complessa, non basta avere la laurea in medicina, ci vuole anche “la laurea del cuore”, quella della devozione verso i pazienti, per cui oltrepassare i protocolli, poiché questi non sono pazienti da prassi.
Cerco di spiegarlo ogni giorno sui miei profili social, dando spazio a denunce pubbliche di chi vive questo tipo di realtà ogni giorno. Purtroppo senza molta attenzione da parte di chi dovrebbe sentirsi chiamato in causa, perché è più semplice ignorare che fare bene il proprio lavoro, malgrado si sia è remunerati anche a spese di chi si vuole ignorare.

Claudia, dunque, mi è stata ancora una volta ispiratrice ed è per questo che vorrei provare a fare un passo in più, ma da sola non lo posso fare, ho bisogno della collaborazione delle famiglie.
So ad esempio che in nessuna Regione italiana è presente un programma di screening oncologico per le persone con disabilità gravissima e che solo in poche sporadiche occasioni qualche ospedale si è organizzato a risolvere la problematica per uno specifico caso, ma poi è finita li.
Vorrei invece che gli screening venissero programmati anche per chi ha una disabilità gravissima tramite le loro famiglie e fossero previsti in almeno un ospedale cittadino in ogni Comune italiano. Non “per piacere”, ma come diritto, sancito dalla legge, non un obbligo, ma un’opportunità. Purtroppo, infatti, le persone con disabilità non sono esonerate dalla vita ad ammalarsi di patologie oncologiche, e scoprirle per tempo farebbe la differenza tra la vita e la morte.

Pensavo nel mio piccolo, non avendo conoscenze né santi in paradiso, di raccogliere le testimonianze delle famiglie a cui viene anche negata una TAC, una risonanza magnetica, perché necessitano di anestesia (io per ottenere questo ho dovuto fare inviare una mail dal mio avvocato…). Questi esami, infatti, sono fondamentali, ma da soli non si riesce a infrangere la cortina di resistenza che si trova. Pensavo appunto di raccogliere le testimonianze e di raggrupparle tutte in un libro, in modo da rendere ufficiali le gravi carenze che ci sono: raccontatemi ciò che è successo, in quale struttura e il vostro nominativo (quest’ultimo, naturalmente, sarà pubblicato solo con il vostro consenso).
Il libro potrebbe intitolarsi… Screening ed esami per tutti, diritti non concessioni, oppure troveremo insieme un titolo che suggerirete voi. Ci proviamo? Utopia o possibile realtà? Io non smetto di avere speranza che qualcosa possa migliorare. Me l’ha insegnato Claudia, che molto è possibile con un po’ di buona volontà da parte di tutti. Chi condivide con me la volontà di provarci, quindi, può scrivermi a marinacometto@yahoo.com. Grazie.

 

* Il presente testo è già stato pubblicato sulla testata «Superando», e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

 

Ultimo aggiornamento il 18 Luglio 2025 da Simona