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Una mamma di vecchia generazione, ovvero l’albinismo dalla parte del genitore

di Laura Bonanni*

«Sono una mamma di “vecchia generazione” con una figlia albina – scrive Laura Bonanni, nell’imminenza della Giornata Internazionale dell’Albinismo del 13 giugno – e vorrei accompagnare questa mia testimonianza personale con un augurio di incoraggiamento alle attuali mamme di bambini albini: non scoraggiatevi e se avete bisogno di aiuto, cercatelo. Conoscere il problema, parlarne, confrontarsi è un fatto positivo che aiuta a uscire dall’anonimato e a non sentirsi più “bestie rare”».

Il viso di una bambina con albinismo.

In prossimità del 13 giugno, Giornata Internazionale dell’Albinismo, ho pensato di condividere la testimonianza di una mamma di figlia albina e più precisamente la mia, Angelica. Credo infatti che questo tipo di testimonianze possano veramente aiutare a ridimensionare paure, ansie, luoghi comuni e pregiudizi: ne abbiamo tutti un grande bisogno per andare avanti nella vita, con ottimismo, costruttività e adultità.
Questa esperienza si trova pubblicata, in forma anonima, nel libro Chiari per natura, uscito nel 2012, frutto di un progetto editoriale nato su idea dello staff del portale Albinismo.eu, condiviso e successivamente finanziato dall’Ospedale Niguarda di Milano.
Il libro, fondamentalmente diviso in due parti, raccoglie, nella prima, relazioni di vari professionisti che trattano a tutto campo l’anomalia genetica dell’albinismo e le normative legislative, mentre nella seconda, vi sono testimonianze di vario genere.
Riporto dalla quarta di copertina: «L’idea di scrivere un libro sull’albinismo nasce dal bisogno e dal desiderio di far conoscere l’esistenza di questa anomalia genetica, non molto diffusa, così “particolare” soprattutto per le sue peculiarità estetiche, che spesso destano curiosità e falsi giudizi nelle persone. Un libro per divulgare in modo scientificamente corretto cosa sia effettivamente l’albinismo e per esplicitare a chiare lettere, con serenità e positività, che con questa “diversità” si può vivere, convivere e crescere».

Sono una mamma di “vecchia generazione” con una figlia albina. Ai miei tempi (Anni Sessanta), almeno per la mia esperienza, gli albini sembravano provenire da un altro pianeta. Nessuno, tra le persone da me conosciute, ne aveva mai visto uno; la curiosità della gente, quando uscivo, la ricordo morbosa e invadente: sguardi insistenti e risolini erano all’ordine del giorno. Ricordo una signora nella stazione di Roma Termini che, strattonando sua figlia, indicava nella nostra direzione, a voce alta, destando la curiosità di altri passeggeri in partenza.
Quella volta la mia reazione fu immediata; affrontai la signora, dicendole che poteva «soddisfare la sua curiosità malata» semplicemente chiedendo! Le dissi che era una maleducata, che mia figlia non era un fenomeno da baraccone e tante altre cose. Come finì? La signora perse il treno, la gente intorno, frettolosamente scomparve, mia figlia, che aveva allora solo quattro anni, stringendomi la mano si prese cura di me e disse: «Mammina non ti preoccupare, fa finta di niente…!».
Certo è che da allora il mio atteggiamento nei confronti del mondo, della vita è radicalmente cambiato. Come ho fatto? Sono cresciuta in fretta, sono diventata più responsabile e determinata; la vita stessa, nella quotidianità, mi è stata maestra! Intanto ho imparato a rimboccarmi le maniche senza contare troppo sugli altri; ho cercato di documentarmi leggendo anche testi di genetica e una volta capito che il pianeta “albini” sarebbe rimasto inesplorato, mi sono affidata con forza a Dio.

Molti medici allora liquidavano il “problema” con la stessa frase: «È albina!». Le malattie esantematiche erano confuse, l’intervento alle tonsille era sconsigliato, perché temevano non ricordo più quali conseguenze; comunque fu operata da un bravo e rinomato professore e tutto andò per il meglio.
Dare testimonianza della mia esperienza, dover riportare alla memoria ricordi in gran parte dimenticati e, tra l’altro, condensarli in poche righe, non è facile, quindi il mio racconto sarà lacunoso per forza maggiore. Ma devo comunque dire che, nel frattempo anche il mio matrimonio andava in pezzi; il papà di mia figlia non voleva accettare l’idea che fosse albina. Ripeteva spesso che la figlia era come gli altri bambini, voleva farle tingere i capelli, la spingeva comunque nella direzione del “nascondimento”; io da subito, invece, cercavo di spiegarle la realtà e di rispondere a tutte le sue tante domande con sincerità.
Sono stata sempre convinta, e lo sono tuttora, che prima ci si accetta, facendo un lavoro su di sé, più si diventa forti; al mondo c’è posto per tutti e la consapevolezza dei nostri limiti ci aiuta a raggiungere prima i nostri obiettivi! Non è sempre facile, ma ci si deve provare, chi la dura la vince!
È proprio così. Io, con tanta gioia, posso dire di avere raggiunto l’obiettivo più ambizioso della mia vita: vedere mia figlia realizzata come persona, competente e rispettosa.
Avevo fatto con me stessa una scommessa, mia figlia ce l’avrebbe certamente fatta, nonostante ogni sfavorevole previsione. La strada da percorrere, come del resto lo è per tutti gli esseri umani, è stata generosa di difficoltà, bisogna armarsi di pazienza ed essere perseveranti. Ho sempre creduto in lei, anche nei momenti più difficili e il risultato mi ha dato ragione! Non mi sono mai arresa.
Tante volte, quando ha cominciato a frequentare la scuola dell’obbligo, mi sono sentita dire che mia figlia aveva un deficit intellettivo e alcuni insegnanti mi hanno consigliato anche la scuola per non vedenti.
Nella scuola allora non c’erano ausili né insegnanti di sostegno. Allora sì che andavo giù con il morale, ma sono sempre stata convinta che mia figlia non fosse stata capita e che il deficit visivo influisse psicologicamente sulla resa. Ad esempio nelle scuole superiori alcuni insegnanti non le consentivano di avvicinarsi alla lavagna, oppure la obbligavano a leggere a voce alta qualche brano…! Un maestro delle elementari, che ricordo sempre nelle mie preghiere, nel silenzio e con i fatti, ha portato mia figlia a farle “scoprire” come chiunque può diventare, se vuole, molto bravo, senza poi doversi vergognare di questa bravura e temere l’invidia dei compagni!
Abbiamo lavorato molto insieme e quando andavo a colloquio mi ripeteva sempre che a mia figlia non dava i voti e i giudizi migliori, per non scatenare le cattiverie sopite nell’animo di alcuni bambini meno dotati di mia figlia. Secondo il maestro la sua intelligenza e sensibilità erano senz’altro fuori dal comune e i temi svolti in classe ne erano la prova.
Sono convinta che questo maestro sia stato la figura di riferimento più importante nella vita di mia figlia: era riuscito a entrare a piccoli passi nel suo cuore e a stabilire con lei un rapporto forte di fiducia e di complicità. Mia figlia si sentiva protetta dal suo maestro, valorizzata, accolta: ancora oggi lo ricordiamo con profondo affetto e gratitudine.

Vorrei chiudere questa mia breve testimonianza con un augurio di incoraggiamento alle attuali mamme di bambini albini. Non scoraggiatevi!! Se avete bisogno di aiuto, cercatelo! A volte abbiamo più bisogno noi adulti di imparare ad accettare la realtà che i nostri figli.
Forse le mamme di oggi sono più brave di quanto lo sia stata io ai miei tempi, ma le fonti di informazione erano veramente carenti.
Oggi internet ci ha sconvolto la vita nel bene e nel male. Le informazioni sono alla portata quasi di tutti; ci sono stati convegni nazionali sull’albinismo, è importantissimo che se ne parli, che le persone comuni non ignorino più questa anomalia genetica, che in alcune parti del mondo conduce anche alla soppressione di tanti piccoli.
Prendere contatto con persone competenti diventa solo un “atto di volontà”. Conoscere il problema, parlarne, scambiare informazioni, confrontarsi è senz’altro un fatto positivo che aiuta a uscire dall’anonimato e a non sentirsi più “bestie rare”.
L’unione fa la forza! Viva internet! Anche se per me non vale, io sono una donna all’antica, una mosca bianca e, per comunicare ho ancora bisogno del contatto umano.

 

*Psicologa, psicoterapeuta, specialista in analisi transazionale. Il presente testo è già stato pubblicato su «Superando», il portale promosso dalla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie, già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

 

Ultimo aggiornamento il 11 Giugno 2025 da Simona