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Umbria: le pari opportunità, le donne con disabilità e il concetto di discriminazione

Abbiamo già avuto modo di segnalare che nella Legge Regionale umbra sulla parità di genere sono state introdotte specifiche misure finalizzate a contrastare la discriminazione multipla subita dalle donne con disabilità. Rimane il fatto che il Centro per le Pari Opportunità regionale, pur approvando le modifiche in questione, abbia espresso in merito una severa riserva. Pubblichiamo di seguito una riflessione che indaga le ragioni di tale riserva.

Il “Vaso di Rubin” è una delle immagini ambigue ideate nel 2015 dallo psicologo danese Edgard Rubin (1886–1951) nell’ambito di uno studio sul fenomeno di Figura-Sfondo. L’immagine in bianco e nero presenta un’ambivalenza perché la parte nera raffigura un vaso, mentre la parte bianca descrive due profili di volti umani, pertanto essa si presta a due interpretazioni diverse ma entrambe plausibili.

Lo scorso 11 ottobre, in Umbria, è stata definitivamente approvata la proposta di legge che ha introdotto nella Legge Regionale sulla parità di genere specifiche misure finalizzate a contrastare la discriminazione multipla a cui sono soggette donne con disabilità. La norma di cui si tratta è la Legge Regionale 14/2016, “Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini”, mentre la proposta di legge n. 827 con le integrazioni relative alle donne con disabilità ha come prima firmataria la consigliera regionale Francesca Peppucci, che è essa stessa una donna con disabilità, essendo interessata da sclerosi multipla. Segnalo che il testo della Legge Regionale emendato, vigente dal 3 novembre 2022, è disponibile a questo link, mentre per la descrizione dei contenuti specifici e l’analisi complessiva del provvedimento riamando all’approfondimento disponibile a quest’altro link.

Come ho già avuto modo di argomentare nell’approfondimento citato, ritengo che le integrazioni introdotte dalla proposta di legge siano in linea con quanto statuito in materia di parità di genere dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge 18/2009), con la raccomandazione di integrare le politiche di genere con quelle della disabilità rivolta al nostro Paese dal Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità nel 2016 (si vedano i punti 13 e 14 delle Osservazioni conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione stessa), e con le richieste avanzate dalle attiviste con disabilità impegnate sulle questioni di genere. Per questo motivo ha suscitato in me – e non solo in me – un certo sconcerto il fatto che l’Assemblea del Centro per le Pari Opportunità regionale (CPO), che ha avuto modo di esprimersi sulla proposta di legge prima della sua approvazione, non l’abbia approvata all’unanimità, e che ci siano stati 11 voti favorevoli e 5 contrari (come risulta dalla Deliberazione n. 3, del 14 aprile 2021). Pertanto, nell’esprimere parere positivo, il CPO ha esplicitato anche una severa riserva osservando che «la Legge regionale n. 14/2016 riguarda “tutte” le donne e ne ricomprende tutte le diverse condizioni, inclusa quella della donna con disabilità. Si ritiene quindi che le modifiche proposte alla suddetta Legge introducano, pertanto, una specificazione per la donna disabile per la quale individuare percorsi di maggiore tutela e ciò confligge, a parere di questo CPO, con il principio dell’autodeterminazione che ha sempre guidato e guida le politiche di genere e la promozione dei diritti delle donne. L’auspicio è di fornire alla donna con disabilità maggiori strumenti efficaci alla libera autodeterminazione della stessa».

Superato lo sconcerto iniziale, ho provato a riflettere su come fosse stato possibile che, non una, ma ben cinque componenti del CPO, abbiano votato contro l’introduzione di misure finalizzate al contrasto delle discriminazioni multiple subite dalle donne con disabilità. Misure che, oltretutto, sono state proposte da una donna che vive questa condizione sulla propria pelle. “Che ne è stato della sorellanza?”, mi sono chiesta. Ho pensato che magari dietro quel dissenso ci fossero dinamiche partitiche di cui io non sono a conoscenza, ma, pur non potendo escludere che tali dinamiche effettivamente ci siano, questa spiegazione non mi ha convinto del tutto. Questo perché lo stesso tipo di obiezione mi è stata opposta, esattamente un anno fa, da un’operatrice di un Centro Antiviolenza (CAV) che accoglie anche donne con disabilità, ma non riteneva di segnalare questo servizio sul sito istituzionale del CAV argomentando che tale specificazione fosse discriminatoria nei loro confronti. «Noi siamo aperte a tutte, dunque anche alle donne con disabilità, segnalare che accogliamo anche loro nel sito sarebbe una forma di discriminazione», spiegava, esprimendo in un confronto privato tra me e lei una convinzione molto radicata che non può essere letta in termini di conflitto partitico, visto che né io né lei militiamo in qualche partito, ed entrambe abbiamo a cuore i diritti di tutte le donne.

Ritengo pertanto che le ragioni di queste riserve possano essere rintracciate almeno in parte nell’ambivalenza del concetto di discriminazione. Discriminare, nella sua accezione neutra, vuol dire semplicemente porre in essere una «distinzione, diversificazione o differenziazione operata fra persone, cose, casi o situazioni» (così si legge nella voce pubblicata nel vocabolario online della «Treccani»). Discriminare fa parte del nostro sistema di apprendimento e serve a ordinare una realtà che altrimenti percepiremo come caotica. Tutti e tutte, ad esempio, distinguiamo (e, dunque, discriminiamo) tra regno minerale, regno vegetale e regno animale, e all’interno di quest’ultimo distinguiamo tra esseri umani e animali, ed anche tra animali diversi. Dunque possiamo convenire che le discriminazioni funzionali al processo conoscitivo sono utili e necessarie. E tuttavia è bene chiarire che il divieto di discriminazione tra esseri umani contenuto in un imponente complesso di testi giuridici nazionali ed internazionali non riguarda l’accezione del termine illustrata pocanzi. In altre parole, in questi testi non è vietato discriminare in sé, ossia riconoscere che nella popolazione vi sono individui e gruppi che presentano specifiche caratteristiche, è invece vietato utilizzare la discriminazione per comprimere o negare ad alcune persone, sulla base delle loro caratteristiche, l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo. Ciò in ossequio ad un principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Per intenderci: non costituisce una discriminazione vietata dalle leggi e dai trattati individuare le persone con disabilità al fine di erogare loro una provvidenza economica o un’agevolazione funzionale a superare gli svantaggi procurati dalle molteplici barriere che sono ancora presenti nella nostra società. Casomai sarebbe discriminatorio (nel senso di escludente) non farlo, visto che in tal modo gli svantaggi che incontrano le persone con disabilità in tutti campi della vita rimarrebbero inalterati.

È proprio quest’ultima accezione di discriminazione quella a cui fanno riferimento le attiviste con disabilità quando chiedono che le loro esigenze specifiche vengano esplicitate in tutti gli atti che definiscono le politiche di genere ed in tutti quelli che definiscono le politiche per le persone con disabilità. Vogliono essere esplicitamente individuate non per autodiscriminarsi (nel senso di escludersi), ma per rendere visibili – e dunque superabili – tutte quelle barriere – incontrate sia in quanto donne che in quanto persone con disabilità – che la mancanza di individuazione esplicita ha occultato e lasciato inalterate. La discriminazione operata a scopo conoscitivo, e anche quella operata allo scopo di garantire l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali a soggetti che ne sono esclusi, o che hanno difficoltà ad accedervi in condizioni di uguaglianza, non è solo necessaria, è anche doverosa.

Credo pertanto che le obiezioni delle componenti del CPO e dell’operatrice che CAV facessero riferimento all’accezione di discriminazione che intende questo concetto solo in termini di meccanismo di esclusione, mentre invece nelle richieste delle attiviste con disabilità e nella proposta di legge il richiamo esplicito alle donne con disabilità è chiaramente funzionale a garantire l’uguaglianza sostanziale, intesa come rimozione di ostacoli, riconosciuta e tutelata dall’articolo 3, comma 3, della nostra Costituzione: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

E tuttavia, oltre all’equivoco generato dall’ambivalenza del concetto di discriminazione, vi è un ultimo elemento che avrebbe potuto evitare questo fraintendimento. A me sembra evidente che le componenti del CPO, l’operatrice che CAV si siano confrontate su questi temi con le donne con disabilità, i loro gruppi (ce ne sono diversi), le loro organizzazioni rappresentative. Credo che non averlo fatto sottenda un disconoscimento della capacità di autodeterminazione e del diritto di autorappresentanza delle donne con disabilità. Dunque auspico che questo errore non si ripeta in futuro.

Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)

 

Vedi anche:

Umbria. Legge Regionale n. 14 del 25 novembre 2016, Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini, testo coordinato con le modifiche sulle discriminazioni multiple delle donne con disabilità in vigore dal 3 novembre 2022.

Umbria, una Legge sulle pari opportunità di genere attenta alle donne con disabilità, «Informare un’h», 28 novembre 2022.

Umbria, ok della Commissione ad una proposta di legge sulla parità di genere delle donne con disabilità, «Informare un’h», 25 giugno 2022.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità: quadro teorico di riferimento”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Data di creazione: 30 Novembre 2022

Ultimo aggiornamento il 1 Dicembre 2022 da Simona