È indirizzata alla ministra per le Disabilità, Erika Stefani, la lettera aperta che Pier Angelo Tozzi, presidente della Consulta Provinciale delle Persone con Disabilità di Massa Carrara, ha scritto per sollecitare che venga approvata quanto prima una norma che riconosca e tuteli la figura del caregiver familiare. In essa Tozzi chiede alla ministra «di portare la questione all’attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Consiglio stesso, nonché di coordinare i lavori per arrivare entro la fine della legislatura alla promulgazione di una norma che farà bene al Paese».
È indirizzata alla ministra per le Disabilità, Erika Stefani, e al presidente della Provincia di Massa Carrara, Gianni Lorenzetti, la lettera aperta che Pier Angelo Tozzi, presidente della Consulta Provinciale delle Persone con Disabilità di Massa Carrara, ha scritto per sollecitare che venga approvata quanto prima una norma che riconosca e tuteli la figura del caregiver familiare, ovvero quella persona che presta assistenza continuativa e gratuita ad un congiunto con disabilità e non autosufficiente.
Tozzi ricorda il generoso gesto di Giancarlo, un signore 91enne residente a Carrara. Avendo letto sul quotidiano «La Nazione» la testimonianza di Cinzia, una mamma/caregiver che chiedeva di essere vaccinata per proteggere il proprio figlio con disabilità (figlio che, proprio per la sua disabilità, non può essere vaccinato), Giancarlo, già in lista per la vaccinazione anti-Covid-19, si è offerto di cederle il proprio posto. La vicenda ha assunto una rilevanza nazionale, inducendo la Regione Toscana ad autorizzare la vaccinazione dei caregiver delle persone con disabilità che non possono essere vaccinate. Sulla questione è intervenuta la stessa ministra Stefani. Oggi, grazie anche alla pressione delle famiglie e dell’associazionismo di settore, sia le persone disabili con certificazione di handicap grave, sia i loro caregiver rientrano tra i soggetti da vaccinare prioritariamente. In merito alla vicenda Tozzi osserva: «dobbiamo davvero essere estremamente grati a Giancarlo perché la spontaneità del suo gesto ha portato all’attenzione del dibattito pubblico nazionale la vera natura del problema al quale serve dare una civile soluzione».
Il tema è noto a chi si occupa di disabilità, manca una norma che riconosca e tuteli la figura del caregiver. La Legge n. 205/2017 (cosiddetta Legge di bilancio per l’anno 2018) ha previsto, nell’articolo 1 comma 254, l’istituzione del “Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare”; il comma 255 della medesima norma ha invece fornito una prima definizione legislativa di caregiver familiare* utile ai fini dell’individuazione dei beneficiari degli interventi legislativi (definizione tutt’oggi ancora in vigore); l’ultimo intervento sulla materia è contenuto nella Legge 178/2020 (cosiddetta Legge di bilancio per l’anno 2021) all’art. 1, comma 334, ha finanziato il Fondo suddetto «con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, [esso è] destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiare». Si tratta di una cifra chiaramente inadeguata e, soprattutto che non prevede l’attivazione di seri percorsi di presa in carico dei casi specifici (si veda a tal proposito l’approfondimento pubblicato su Handylex.org). Insomma la figura del caregiver è stata definita, pochi soldi sono stati stanziati in suo favore, ma non sono riconosciute tutele specifiche per tale figura, ed il Disegno di Legge n. 1461, avente ad oggetto le “Disposizioni per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare”, giace pigramente presso l’11^ Commissione Permanente del Senato, senza che si traduca in atto normativo. Osserva giustamente Tozzi che su questa materia «il nostro Paese è rimasto fanalino di coda in Europa».
«La platea che attende il provvedimento è composta per lo più da familiari conviventi con la persona disabile: genitori, sorelle o fratelli, 80% è costituito da donne. – prosegue Tozzi – Soggetti invisibili, che si caricano sulle spalle un compito dello Stato. Quello fornito è un tipo di assistenza che li/le impegna fino a sopprimere progetti e ambizioni personali, e a dover rinunciare alla propria vita privata. Un servizio che non conosce riposo o sostituzioni, una missione che si protrae per decenni senza alcuna forma previdenziale e assicurativa.
Recenti studi scientifici nazionali e internazionali mostrano che svolgere i compiti del caregiver espone queste persone a gravi problemi di salute fin dalla giovane età: stati depressivi, patologie artrosiche e ansiogene, sbalzi umorali non controllabili, un quadro clinico che induce all’isolamento ed accorcia la durata della vita. I/le caregivers vivono mediamente dai 9 ai 17 anni in meno delle altre persone.»
«Non è civile per un Paese come il nostro mantenere questo vuoto legislativo», osserva Tozzi, che, per questa ragione, chiede alla ministra Stefani «di portare la questione all’attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Consiglio stesso, nonché di coordinare i lavori per arrivare entro la fine della legislatura alla promulgazione di una norma che farà bene al Paese».
Ed anche se, molto probabilmente, la norma in questione non dovesse soddisfare i/le quasi 8,5 milioni di caregivers esistenti in Italia, essa sarebbe comunque un atto volto a restituire dignità ad un segmento della popolazione oggi invisibile, e a fornire una prima risposta alle situazioni più drammatiche.
«Non è plausibile non legiferare adducendo, come è accaduto negli scorsi anni, la mancanza di risorse, perché sanare in prima battuta la situazione di coloro che prestano un’assistenza prolungata a persone con disabilità complesse ed acute, un’assistenza che spesso inizia fin dalla nascita della persona con disabilità, non espone ad alcun dissesto finanziario», argomenta Tozzi individuando, tra le altre cose, una serie di provvedimenti che sarebbe auspicabile adottare: « agevolazioni previdenziali ai fini pensionistici per chi lavora (ad esempio, un anno di contributi figurativi ogni tot anni di assistenza), o assicurative, per chi non ha un’occupazione». E se anche la prima Legge non fosse perfetta, essa sarebbe comunque migliorabile in seguito.
«Con l’adozione del nostro Paese della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità si è aperta una sfida culturale che chiama lo Stato ad assumersi nuove responsabilità, e dalla vicenda di Giancarlo e Cinzia viene un invito sincero e reale a non deludere tali aspettative», conclude Tozzi. (S. L.)
* La Legge n. 205/2017, all’articolo 1 comma 255, recita: “Si definisce caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18.”
Ultimo aggiornamento il 17 Agosto 2021 da Simona