di Silvia Cutrera*
«Il vero punto in questione è che tra l’inizio e il fine vita scorre l’esistenza di ogni persona, cui va riconosciuta e rispettata la libertà di scelta e di essere così come si è: le battaglie per i diritti o sono per tutti/e o non sono»: interviene così Silvia Cutrera, vicepresidente della Federazione FISH, dando seguito al dibattito scatenato da Enrico Negrotti, che sulla testata «Avvenire» aveva puntato il dito sulla parte riguardante la disabilità nel “Disegno di Legge Zan”, contestando, in particolare, l’appello a un’approvazione rapida dello stesso, lanciato da FISH, ASGI e Rete Lenford.
Dopo gli interventi di Salvatore Nocera e Simona Lancioni, diamo spazio oggi a quello di Silvia Cutrera, vicepresidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), sempre in riferimento all’articolo pubblicato dalla testata «Avvenire», con il titolo Discriminazione dei disabili, saper vedere dove comincia e a firma di Enrico Negrotti, che punta il dito sul cosiddetto “Disegno di Legge Zan” (Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità), di cui si discute in questi giorni al Senato, contestando, in particolare, l’appello a un’approvazione rapida di quel Disegno di Legge, lanciato congiuntamente dalla stessa FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), dall’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) e dalla Rete Lenford (Avvocatura per i diritti LGBTI+, Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali/Transgender e Intersessuali), di cui abbiamo dato conto.
L’articolo pubblicato l’8 luglio scorso da «Avvenire», a firma di Enrico Negrotti, con il titolo Discriminazione dei disabili, saper vedere dove comincia, in cui l’Autore si dispiace dell’adesione della FISH all’appello, di sostegno del “Disegno di Legge Zan”, lanciato congiuntamente con le organizzazioni ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) e Rete Lenford, accosta tre premesse, vale a dire la diversa ispirazione degli atti discriminatori nei confronti degli omosessuali e delle persone con disabilità, il presunto ritardo dell’inserimento dell’abilismo nel “Disegno di Legge Zan”, oltre alla mancanza in esso della definizione di persona con disabilità, nonché il riferimento alla legge antidiscriminazione di tutela civilistica 67/2006 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni). Giunge quindi alla conclusione che «il primo diritto che hanno le persone disabili è quello di vivere».
Pertanto, secondo i “balzi logici” di Negrotti, la FISH dovrebbe occuparsi di riflettere sul «suicidio con l’aiuto di un medico» (le Commissioni Giustizia e Affari Sociali della Camera hanno approvato il testo unificato del Disegno di Legge in tema di Morte volontaria medicalmente assistita) e «contestare» il ricorso alla Legge 194/1978 (interruzione volontaria di gravidanza), per motivi di natura terapeutica.
Ciò che qui invece merita attenzione è il tentativo di Negrotti, insito nell’articolo giornalistico, di sviare l’attenzione dei Lettori e delle Lettrici dal vero punto in questione: tra l’inizio e il fine vita scorre l’esistenza di ogni persona, cui va riconosciuta e rispettata la libertà di scelta e di essere così come si è: le battaglie per i diritti o sono per tutti/e o non sono.
* Vicepresidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Il presente testo è già stato pubblicato su Superando.it, il portale promosso dalla FISH, e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.
Vedi anche:
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Il contrasto all’abilismo e all’omolesbobitransfobia”.
Ultimo aggiornamento il 17 Luglio 2021 da Simona