Riportiamo di seguito gli interventi di Renzo Macelloni, sindaco del Comune di Peccioli, Barbara Tognotti, responsabile dell’Unità Funzionale Servizi Sociali non autosufficienza e disabilità della Zona Valdera, e Angelo Giuntinelli, vicepresidente della UILDM sezione di Pisa (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), esposti nell’ambito del seminario «Il riconoscimento del caregiver familiare», tenutosi a Peccioli il 29 settembre 2017.
Renzo Macelloni, sindaco del Comune di Peccioli, ha osservato che su questi temi c’è un dibattito in corso, come dimostra la circostanza che recentemente il Governo ha approvato la Legge sul “dopo di noi”, che è in qualche modo legata al tema del riconoscimento del caregiver familiare, e quindi ritiene che, al riguardo, si stia sviluppando un po’ di sensibilità. Macelloni riflette sulla sua esperienza personale di cura, quando sua madre anziana (che è morta a novant’anni), negli ultimi due o tre anni della sua vita ha avuto bisogno di assistenza, ed è stato necessario assumere una badante. Egli afferma di essersi sentito un cittadino italiano capito dal suo Stato nel momento in cui ha avuto maggiore bisogno. Racconta che suo fratello ha avuto un trapianto di midollo osseo e purtroppo le cose non sono andate bene, poiché era una situazione molto complessa. In quella circostanza il sindaco ha avuto la sensazione che suo fratello avesse avuto accesso a tutte le opportunità che potrebbe avere qualsiasi persona in quella situazione. Poi le cose non sono andate bene poiché la malattia era talmente aggressiva da non poter essere curata. Quindi ha vissuto un momento di grande tragedia personale, ma ha anche avuto la percezione di essere un cittadino accolto dal proprio Stato. Il punto è dunque chiedersi se noi vogliamo uno Stato che in certi momenti della vita, o in circostanze particolari c’è ed è presente senza ambiguità, allora questo è un grosso impegno e sta a noi individuare una scala di valori ed insistere non solo su una Legge, perché una Legge è importante, ma si possono incontrare difficoltà applicative. Il problema è che oggi c’è un bene collettivo, complessivamente inteso, che non è sostenuto, c’è una politica scadente, ma c’è anche una domanda alla politica che è molto parcellizzata, ognuno ha il suo piccolo problemino, e non ci sono più degli elementi di valore fondamentali a cui riferirsi. Dobbiamo chiederci che Stato vogliamo. Negli ultimi dieci anni c’è stato un impoverimento di una parte importante della società anche di persone che non hanno situazioni particolari, un impoverimento che risulta amplificato a dismisura nei casi particolari, e dobbiamo recuperare elementi di socialità; dobbiamo trovare un elemento di coniugazione tra lo sviluppo economico e la socialità, cosa che negli ultimi quindici – vent’anni si è persa, e certi valori si stanno sfilacciando. Quindi bisogna spingere per una Legge, ma anche sul contesto generale perché se non ci sono dei valori che vengono in concorso rispetto alla visione di uno Stato, allora a che serve uno Stato? Che cosa si fa in uno Stato? Quali sono gli elementi essenziali di uno Stato? Quali sono le cose che deve fare per forza e quali può non fare? E questo Stato quanto ci costa, come contribuiamo, chi contribuisce? Questi sono nodi che se non vengono affrontati si perdono per strada. Quando ci sono le elezioni tanti politici promettono che votandoli faranno pagare un po’ meno, ma il problema non è quanto si paga, ma piuttosto cosa si riceve in cambio, stabilendo un rapporto qualità/prezzo. Quindi va certamente portata avanti la richiesta di una normativa, perché se non c’è una Legge non succede nulla, però è necessario interrogarsi anche sull’idea di Stato che forse va un po’ ricomposta.
Barbara Tognotti, responsabile dell’Unità Funzionale Servizi Sociali non autosufficienza e disabilità della Zona Valdera, nota che «il nostro è un Paese con un indice di vecchiaia molto alto, dove le patologie invalidanti sono in aumento, le disabilità gravi rappresentano una parte importante di queste patologie e il bisogno di assistenza diventa sempre maggiore. Pertanto la riflessione verte su chi si occupa dell’assistenza. Le statistiche dicono che, per fortuna, le persone inserite nelle strutture sono poche, e quindi c’è bisogno dell’assistenza a domicilio della persona per permettere alla stessa di avere un progetto di vita il più possibile autonomo all’interno del proprio contesto familiare. L’assistenza viene fornita solo in minima percentuale dai servizi per l’assistenza personale, che sono tutte le persone che si prendono cura, che hanno competenze professionali, che sono il più delle volte pagate dalle famiglie, ma nella maggior parte sono interventi erogati dai servizi istituzionali. Ma la maggior parte dell’assistenza viene erogata dai caregiver familiari. I caregiver familiari sono tutte quelle persone che prestano assistenza 24 ore su 24, che sono legati ai propri congiunti da vincoli di affetto, sono le persone che sono sempre in seconda o terza fila, che non chiedono, che si prendono cura dell’altro, che sono rappresentati nella maggior parte dei casi da una popolazione di genere femminile, e talvolta non riconoscono neanche i loro bisogni. Poche volte, dopo tanto tempo, si affaccino anche ai servizi portando i loro bisogni sanitari, i bisogni di socialità e i bisogni economici. Per questo sono necessari momenti di riflessione come quello promosso dal centro Informare un’h, momenti che si fanno cultura, nei quali ci si chiede, cosa c’è dietro, oltre alle persone che beneficiano dell’assistenza, e quali sono i bisogni dei caregiver. È necessaria una riflessione di ampio respiro, una maggiore attenzione, è necessario ragionare su cosa c’è dietro. Perché per i servizi è ancora un grande sforzo. È vero che si fa un progetto assistenziale personalizzato a tutto tondo, all’interno del quale la famiglia esprime la propria collaborazione e il proprio consenso, ma esso è ancora in gran parte centrato sulla persona che ha bisogno, c’è invece molta poca attenzione per i bisogni di chi si prende cura. Per questo c’è un grande bisogno di momenti di resistenza, e anche di momenti nei quali si faccia un quadro generale, nei quali ci sia uno Stato che fa un’azione di quadro all’interno del quale si collochino tutta una serie di iniziative e provvedimenti che attualmente sono tra loro svincolati, e non hanno una grande organicità rispetto al tema importante del prendersi cura. Pe cui penso che lo Stato debba dare maggiore organicità alle azioni da mettere in campo.»
Angelo Giuntinelli, vicepresidente della UILDM sezione di Pisa (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), ringrazia i partecipanti poiché ritiene che questo seminario sia molto importante. «La UILDM di Pisa si è posta il problema di affrontare questo argomento perché esso esiste da sempre, come la disabilità, ma nel momento particolare della società di oggi – dove se la disabilità non si affronta in due, se non si cerca di gestire la famiglia in maniera razionale, non si sopravvive –, questo ci è sembrato il momento più opportuno per riflettere sulla problematica dei caregiver familiari. Io sono stato un ceregiver e so cosa vuol dire [Giuntinelli è stato padre di due ragazzi – Lorenzo e Gabriele – con distrofia muscolare di Duchenne, gli stessi ai quali è intitolato il centro Informar un’h, N.d.R.]. È stato molto difficile gestire, avere i nervi saldi, anche se spesso e volentieri è la donna ad accollarsi il carico di cura maggiore. Vi devo dire con molta umiltà che ho dovuto trattenere mia moglie che si sarebbe licenziata da lavorare. Pertanto abbiamo cercato di superare il momento di difficoltà, lo abbiamo gestito, e oggi non abbiamo più i figli, ma almeno non siamo due poveri in giro per il mondo (questo saremo stati se avessimo lasciato il lavoro). Pertanto ci è sembrato importante fare questa iniziativa per discutere di questo tema. Anche la Legge sul “dopo di noi” è passata, pur con tutte le sue lacune, ma almeno possiamo dire di avere una Legge da migliorare. Lo stesso spero per i caregiver. Ora vorrei dire due cose sul centro Informare un’h. Esso è nato per volontà dell’amministrazione comunale, dell’allora e attuale sindaco di Peccioli Renzo Macelloni, ed è diventato operativo nel 2002. Esso svolge attività di informazione e divulgazione in modo professionale, e vi invito a rivolgevi ad esso perché si occupa di disabilità a 360 gradi. Mi auguro che da questa mattinata usciremo tutti più arricchiti.»
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Ultimo aggiornamento: 30 ottobre 2017
Ultimo aggiornamento il 30 Ottobre 2017 da Simona