di Cristina Paderi*
Una recente Sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni sul trattamento sanitario obbligatorio (TSO) contenute nella Legge 833/1978. Tra le altre cose, la Sentenza prevede che la persona per cui è richiesto il TSO sia ascoltata dal giudice tutelare “nel luogo in cui la persona si trova”. Tuttavia alcune Istituzioni stanno disponendo che questo incontro avvenga tramite videochiamata. Ma «la videopresenza non è presenza. La Corte Costituzionale ha parlato chiaro: il giudice deve incontrare la persona nel luogo dove si trova, non semplicemente “collegarsi», sottolinea Cristina Paderi, segretaria di Diritti alla Follia, un’Associazione che è impegnata da anni su questi temi, ed ha elaborato una propria proposta di riforma del TSO.

Con la Sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni della Legge 833/1978** nella parte in cui non garantiscono che la persona sottoposta a TSO [trattamento sanitario obbligatorio, N.d.R.] sia:
- informata del provvedimento;
- ascoltata dal giudice;
- messa nelle condizioni di esercitare il proprio diritto di difesa.
Una pronuncia storica, che impone un cambio radicale nelle oltre 5000 procedure di TSO applicate ogni anno in Italia. Secondo la Corte, l’incontro tra diretto interessato e giudice tutelare deve avvenire “nel luogo in cui la persona si trova”, ovvero, nella stragrande maggioranza dei casi, in un reparto psichiatrico.
Tuttavia, segnali allarmanti arrivano dalle prime interpretazioni operative.
Le prime indicazioni operative, emerse ad esempio a Cagliari e Bologna, adottano un approccio formalmente rispettoso del dettato costituzionale, ma sostanzialmente problematico.
Il documento dell’ASL 8 di Cagliari [disponibile a questo link, N.d.R.] prevede infatti che l’audizione del paziente avvenga in SPDC – quindi nel luogo fisico del ricovero – ma attraverso collegamento video con il giudice, senza che quest’ultimo si rechi personalmente in reparto.
Una linea simile è contenuta nelle linee guida del Tribunale di Bologna [disponibili a questo link, N.d.R.], dove si chiarisce che:
- il giudice tutelare ascolta il paziente tramite collegamento audiovisivo su piattaforma Teams, dalla struttura ospedaliera;
- il personale medico deve garantire condizioni adeguate per una reale interlocuzione;
- la finestra oraria per l’audizione viene concordata con la struttura, sulla base delle condizioni psichiche del paziente.
In entrambi i casi, si parla quindi di audizione in SPDC [Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, N.d.R.], ma con giudice “in remoto”.
Come ha sottolineato Michele Capano, presidente dell’Associazione Diritti alla Follia: «Questa Sentenza ci dice che per mezzo secolo si è applicata una legge incostituzionale. Ma se ora il giudice parla col paziente via video, magari già sedato, allora nulla cambia davvero».
La proposta di riforma elaborata da Diritti alla Follia [disponibile a questo link, N.d.R.] insiste su un punto che né la sentenza né le linee guida locali valorizzano abbastanza: la presenza obbligatoria del difensore.
«Il TSO è una forma di privazione della libertà. Come tale, deve prevedere garanzie effettive, a partire dalla difesa tecnica obbligatoria e gratuita».
Nella proposta dell’Associazione:
- ogni persona sottoposta a TSO ha diritto a un difensore d’ufficio, da nominare subito;
- è prevista la possibilità di scegliere un avvocato di fiducia;
- l’udienza non può svolgersi in assenza del difensore;
- deve essere garantito il contatto tra avvocato e paziente, anche durante il ricovero.
L’avvocato non è un optional, ma l’unico soggetto abilitato a verificare che i diritti vengano rispettati. Nessun giudice, medico, tutore o amministratore di sostegno può sostituirsi a questa funzione.
La videopresenza non è presenza. La Corte Costituzionale ha parlato chiaro: il giudice deve incontrare la persona nel luogo dove si trova, non semplicemente “collegarsi”. L’incontro reale serve a valutare:
- lo stato psichico della persona,
- la sua capacità di comprendere e opporsi,
- il contesto familiare o sociale,
- il rispetto del divieto di trattamenti violenti o degradanti.
Per questo chiediamo:
- che i giudici si rechino fisicamente nei reparti;
- che gli avvocati siano presenti, competenti e informati;
- che le autorità non optino per scorciatoie tecniche che svuotano di senso una conquista costituzionale.
L’Associazione Diritti alla Follia continuerà a vigilare affinché la Sentenza non resti un documento simbolico, ma diventi realtà quotidiana per tutte le persone coinvolte nei TSO.
* Segretaria dell’Associazione Diritti alla Follia.
** Sul tema segnaliamo il seguente approfondimento: “I profili di incostituzionalità del trattamento sanitario obbligatorio” del 4 giugno 2025.
Vedi anche:
Associazione Diritti alla Follia.
Dopo mezzo secolo la sentenza della Corte Costituzionale: la normativa che regola il TSO viola la Costituzione, «Associazione Diritti alla Follia», 16 giugno 2027.
Associazione Diritti alla Follia, Corte Suprema di Cassazione: è urgente riformare la disciplina dei trattamenti sanitari obbligatori, «Informare un’h», 12 settembre 2025.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema della “Tutela giuridica”.
Ultimo aggiornamento il 17 Giugno 2025 da Simona