di Ciro Tarantino*
Auspicato ed introdotto da Ciro Tarantino, professore di Sociologia del diritto presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa, il confronto sul rinvio di un anno – al 1° gennaio 2027 – della piena applicazione del Decreto Legislativo 62/2024, attuativo della Legge Delega 227/2021 in materia di disabilità, ha dato spazio a molte voci. Ora è lo stesso Tarantino a tirare le fila di questo confronto e ad «avanzare una proposta assolutamente minimale sulla sperimentazione». Ben volentieri gli cediamo la parola.

Non si è ancora spento l’eco del confronto pubblico sul differimento al 1° gennaio 2027 dell’applicazione, sull’intero territorio nazionale, dei nuovi procedimenti pubblici previsti dal decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62, di attuazione della legge di delegazione 22 dicembre 2021, n. 227 (confronto auspicato e introdotto da un precedente articolo uscito il 19 febbraio 2025 su queste stesse pagine col titolo Il gioco del silenzio). Il Governo ha scelto di non chiarire le ragioni di una decisione così impegnativa, intervenuta ad appena un mese dall’inizio della fase di sperimentazione della riforma, avviata formalmente il 1° gennaio 2025 in nove province. Nei giorni successivi all’emersione della vicenda, la ministra per le Disabilità ha racchiuso la sua posizione nella formula di sintesi: “indietro non si torna” (cfr., per esempio, l’intervista rilasciata a Vita il 21 febbraio 2025 [si veda: Riforma disabilità, avanti con il cambiamento: gli impegni della ministra Locatelli, N.d.R.]). Formula, poi, riproposta in più occasioni. Insolita logica argomentativa, dato che la domanda che le cittadine e i cittadini con disabilità ponevano non era “si torna indietro?” ma: “perché non si va avanti?”. Ma tant’è; spesso la comunicazione politica risponde a logiche indifferenti alla logica.
Direi, però, che è tempo di archiviare il dibattito su questa pagina poco trasparente del governo della disabilità; la ministra, se vorrà, potrà ora argomentare le proprie decisioni rispondendo compiutamente alle interrogazioni parlamentari che, nel frangente, sono state proposte (Camera dei Deputati, interrogazione a risposta in commissione 5/03636, presentata da Furfaro et al.; Senato della Repubblica, interrogazione a risposta scritta n. 4-01886, a firma Sbrollini et al.).
Nel girare pagina, mi permetto di avanzare una proposta assolutamente minimale sulla sperimentazione, con l’intento di contribuire a che questo tempo supplementare possa risultare quantomeno utile a rendere in futuro pienamente effettivi ed esigibili i diritti delle persone con disabilità derivanti dalla nuova normativa. Auspico che, nello stesso spirito, altre proposte possano integrarla o aggiungersi a questa su ulteriori aspetti della sperimentazione.
Prima di formulare la mia proposta – minuta ed essenziale –, ritengo, comunque, opportune alcune considerazioni preliminari sull’impianto generale della sperimentazione, su cui la mia proposta non incide.
- In primo luogo – e ricordando che la legge di delegazione non contemplava fra i propri princìpi e criteri direttivi quello di una sperimentazione –, propongo una questione terminologica; non per formalismo linguistico, ma per ragionare sulla natura sostanziale di cosa si intende per ‘sperimentazione’ nel quadro della riforma. In questa chiave, mi pare che il lemma ‘sperimentazione’ sia assunto in uno spettro semantico molto estensivo, dato che una sperimentazione in senso tecnico dovrebbe mettere in conto anche la possibilità di una sua interruzione temporanea e quella di una sua conclusione anticipata (per la sopravvenienza di dati particolarmente concordanti e positivi o per l’emersione di criticità non superabili); evenienze che in questo caso – a meno che non si contemplino nuovi rinvii o modificazioni regressive della riforma – non sono possibili giuridicamente e non sono ipotizzabili politicamente. A far da garanzia contro ipotesi di ulteriori rattrappimenti di una riforma che nasceva con ben più consistenti aspettative dovrebbero essere proprio le parole della ministra: “indietro non si torna”.
- Che il termine ‘sperimentazione’ sia impiegato in un’accezione alquanto ampia lo attesta anche il fatto che una sperimentazione in senso proprio presuppone un protocollo validamente strutturato contenente classi di obiettivi, criteri di selezione del campione, metodologie e tecniche di indagine, correlati strumenti di rilevazione, indicatori e parametri di valutazione… Nel nostro caso, invece, abbiamo piuttosto rudimenti delle voci strutturali di un protocollo di sperimentazione, e solo di alcune di esse.
- Dagli atti normativi e dalle relative relazioni illustrative e di accompagnamento si ricavano, infatti, indicazioni assai flebili: dal decreto 12 novembre 2024, n. 197 (Regolamento recante la disciplina per la procedura di sperimentazione della valutazione multidimensionale e del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato, le relative modalità, le risorse da assegnare e il monitoraggio) sappiamo che “le Regioni provvedono all’attività di monitoraggio […], mediante i dati aggregati e anonimi secondo il modello di cui all’Allegato 1” (art. 4, comma 1) e che “le Regioni effettuano il monitoraggio con cadenza semestrale […]” (art. 4, comma 2). Sappiamo, poi, che “al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le istituzioni coinvolte nei procedimenti di sperimentazione di cui al presente regolamento e favorire la circolarità dei relativi dati, nonché per consentire la valutazione degli esiti del monitoraggio semestrale e proporre, ove necessario, le azioni correttive, è istituito, presso il Dipartimento per le politiche in favore delle persone con disabilità, il Tavolo di monitoraggio della sperimentazione dei progetti di vita”, denominato, poco sopra, nella rubrica dell’articolo “Tavolo di coordinamento interistituzionale” (art. 6). Sappiamo, infine, che il Tavolo si riunisce, ordinariamente, con periodicità semestrale.
- Per quanto riguarda i bacini territoriali della sperimentazione sappiamo solo che sono stati individuati “secondo il principio di differenziazione geografica tra Nord, Sud e centro Italia e di differenziazione di dimensioni territoriali” (art. 33, commi 1 e 2, d.lgs. 62/2024), senza riferimento a nessun’altra caratterizzazione, quando tutti gli studi ci indicano che dove si è persona con disabilità incide marcatamente su come si è persona con disabilità.
- Ancor meno sappiamo della scelta delle patologie incluse nella sperimentazione della valutazione di base, in un ventaglio di ipotesi che possono andare dall’analisi epidemiologica all’estrazione a sorte (a cui aggiungerei il ritorno, davvero non necessario, a un certo vocabolario patologico delle condizioni di disabilitazione).
- C’è poi una questione relativa alle tempistiche: in termini sperimentali non sarà semplice immaginare l’allineamento e la comparabilità di dati rilevati dal 1° gennaio 2025 in 9 province e dal 30 settembre 2025 in altre 11, in base a un’estensione operata dal provvedimento stesso di differimento della riforma.
- Un cenno, infine, all’impostazione della “scheda di monitoraggio dell’andamento e degli esiti della sperimentazione di cui all’Allegato 1” del citato Regolamento: si tratta, con tutta evidenza, di una scheda di monitoraggio del mero dato amministrativo di carattere non finanziario, che non può certamente ritenersi soddisfacente per acquisire dati significativi di processo e di esito su di un procedimento altamente complesso e articolato quale una progettazione personalizzata partecipata. La scheda rileva dati davvero scarni e, in più punti, poco congruenti con lo stesso processo di valutazione multidimensionale e di progettazione previsto dal decreto legislativo 62/2024. A meno – si intende – che non si voglia interpretare la progettazione personalizzata come un momento puramente burocratico in cui si procede a una sommatoria di prestazioni predefinite, sovvertendo però la storia e la logica di questo istituto strategico di modificazione dell’azione operativa del welfare.
Su queste basi, direi, allora, che più che di una sperimentazione in senso proprio siamo in presenza di un’applicazione settoriale (per novero di condizioni prese in esame) e parziale (per territori coinvolti) della normativa di riforma: una sorta di autonomia differenziata di fatto, per quanto temporanea. O, dato che siamo in tema di disabilità, una sorta di “autonomia differenziale”. Elemento che, comunque, meriterebbe riflessione in un campo come quello della disabilità che da decenni ritiene concretamente inclusivi solo i percorsi non differenziali e non speciali.
Si tratta, poi, di un’applicazione incrementale; come anticipato, alle nove province indicate inizialmente (ex art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2024, n. 106), se ne sommeranno altre undici il 30 settembre 2025, anche queste individuate secondo formule misteriche proprie della rabdomanzia politica-amministrativa.
Per inciso, l’inserimento di ulteriori 11 province in parte è di stampo sanatorio e compensativo, e non incrementale, dato che la relazione tecnica al d.lgs. 62/2024 prevedeva che la sperimentazione riguardasse una percentuale complessiva del 20% della popolazione residente, mentre le prime 9 province coprivano il 9,92% della popolazione residente, come evidenziato dalla relazione illustrativa del disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, recante disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca.
Aggiungo a queste premesse due considerazioni in ordine alla redazione normativa. La prima attiene alle tempistiche: la sperimentazione terminerà il 31 dicembre 2026; la legge di delegazione 227/2021 prevede che entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di attuazione possano essere adottati decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dalla stessa legge e con la procedura di cui al comma 2 (art. 1, comma 4). Dato che il termine per integrazioni e correzioni al d.lgs. 62/2024 è fissato al 30 giugno 2026, non mi è chiaro perché la sperimentazione si concluda in un momento successivo a quello previsto dalla legge di delega per apportare correzioni e integrazioni secondo la procedura dalla stessa prevista. Certo è che l’effetto di fatto potrebbe essere quello di trovarsi a incidere sul d.lgs. 62/2024 in un tempo successivo a quello previsto dalla legge 227/2021, dunque con altre procedure legislative e, soprattutto, al di fuori dei princìpi e criteri direttivi della legge di delegazione.
Seconda considerazione in ordine alla redazione legislativa: la materia della sperimentazione è distribuita in una pluralità di provvedimenti – peraltro più volte emendati – secondo una tecnica di produzione normativa che ne ostacola l’accessibilità, con un ritorno alla frammentarietà e all’instabilità normativa che si pone in controtendenza rispetto alla legge di delegazione, che promuoveva la semplificazione e una certa idea di organicità della normazione, quasi a mo’ di legge-quadro.
Ciò rilevato, veniamo ora alla parte propositiva che derivo come modalità applicativa di princìpi e disposizioni propri della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. La Convenzione, infatti, in materia di statistiche e raccolta di dati da parte degli Stati aderenti, prevede che: “Le informazioni raccolte […] devono essere disaggregate in maniera appropriata, e devono essere utilizzate per valutare l’adempimento degli obblighi contratti dagli Stati Parte alla presente Convenzione e per identificare e rimuovere le barriere che le persone con disabilità affrontano nell’esercizio dei propri diritti” (art. 31, comma 2); e che: “Gli Stati Parte assumono la responsabilità della diffusione di tali statistiche e garantiscono la loro accessibilità sia alle persone con disabilità che agli altri” (art. 31, comma 3).
Su queste basi, avanzo, allora, la proposta di rendere pubblici, con cadenza almeno trimestrale e in forma disaggregata, le informazioni e i dati raccolti in fase di sperimentazione, nonché i verbali del Tavolo di coordinamento interistituzionale. Proposta elementare da rendere operativa sotto il profilo tecnico e assolutamente priva di costi.
In questo modo, chiunque sia interessato (organizzazioni di tutela dei diritti delle persone con disabilità, organismi del Terzo settore, enti locali, organizzazioni sindacali, università, enti di ricerca…) potrà analizzare i dati e valutare in maniera informata le decisioni politiche che verranno assunte in corso e all’esito della sperimentazione. Il campo della disabilità, secondo la migliore tradizione, non può che essere il luogo di esercizio di una democrazia informata, partecipata e accessibile.
* Professore di Sociologia del diritto presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa.
Vedi anche:
Sezione tematica: Il confronto sul rinvio della Riforma sulla disabilità, creata il 7 marzo 2025 ed in aggiornamento.
Ultimo aggiornamento il 4 Aprile 2025 da Simona