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L’istituzionalizzazione e i consigli della consapevolezza

di Simona Lancioni

È davvero conveniente perpetuare una «pratica discriminatoria» e «una forma di violenza nei confronti delle persone con disabilità»? È conveniente agire in contrasto con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità? Non sarebbe più conveniente per tutti e tutte dire no alla discriminazione e alla violenza e sì al rispetto dei diritti umani? Se lo chiede Simona Lancioni, un’attivista contro la violenza, che, prendendo spunto da alcuni elementi autobiografici, si lascia interrogare dagli scenari che si stanno delineando intorno al tema dell’istituzionalizzazione.

Opera della fotografa Arianna Ciofi.

Devo riconoscere che quando, nell’ormai lontano 2013, ho iniziato ad occupami di contrasto alla violenza in modo attivo, in realtà avevo della stessa un’idea un po’ stereotipata. Pensavo, nella sostanza, che esistessero persone che la violenza la agiscono e altre che la subiscono, ed io, naturalmente, ritenevo di sapere quale posto occupassi in questo scenario. Quello che non mi aspettavo, e che è stato fin troppo destabilizzante, è stato scoprire che in concreto la violenza ha molto spesso una responsabilità diffusa. Questo vuol dire che se è certamente corretto affermare che chi agisce la violenza in prima persona ha una responsabilità diretta e precisa, non è meno vero che un qualche tipo di responsabilità si rinviene anche in chi potrebbe adoperarsi per prevenirla/impedirla ma non lo fa, oppure non reagisce quando la rileva. Insomma, non occorre agire personalmente la violenza per essere sicuri/e di non avere alcuna responsabilità a riguardo, diciamo che esiste anche una “responsabilità per omissione. La questione mi interrogava: potevo correttamente affermare di essere stata sempre sollecita nello schierarmi e nell’attivarmi? Onestamente no. Ma quel no, che all’inizio aveva le sembianze di una sentenza autoinflitta e mortificante, iniziò ad aprire scenari. Perché, in alcune circostanze, la mia risposta non era stata adeguata? E quale avrebbe potuto/dovuto essere la risposta adeguata? Fu un crescendo. Divenne chiaro che se un soggetto non ha maturato una certa consapevolezza riguardo alla violenza, non può nemmeno assumere condotte congruenti, e che dunque era quella la via da seguire. Divenne altresì chiaro che non prendere posizione davanti alla violenza in genere vuol dire schierarsi dalla parte dell’oppressore.

Mi tornano in mente questi frammenti del mio percorso di attivismo contro la violenza mentre osservo gli scenari che si stanno delineando intorno al tema dell’istituzionalizzazione, una forma di violenza sistemica.

Il 20 giugno scorso, con il Centro Informare un’h, di cui sono la responsabile, ho lanciato una campagna di sensibilizzazione per chiedere lo stop dell’istituzionalizzazione e la predisposizione di un Piano nazionale di deistituzionalizzazione (se ne legga a questo link). Essa è stata elaborata perché l’istituzionalizzazione, privando arbitrariamente le persone con disabilità della propria libertà personale sulla base della disabilità, si connota come una violazione dei diritti umani sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, soprattutto, ma non solo, degli articoli 14 (Libertà e sicurezza della persona) e 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della stessa. Ragione per cui il Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – l’organo indipendente che, tra i suoi compiti, ha anche quello di dare indicazioni sulla corretta applicazione della Convenzione ONU – ha definito l’istituzionalizzazione come una «pratica discriminatoria» e «una forma di violenza nei confronti delle persone con disabilità» (si veda il punto 6 delle Linee guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza del 9 settembre 2022).

Gli elementi concreti che hanno portato all’ideazione della campagna possono essere così sintetizzati:

  • i ricorrenti episodi di maltrattamenti e violenze attuati ai danni delle persone con disabilità ospitate in strutture residenziali, di cui i media ci riferiscono con inesorabile costanza, hanno reso ineludibile il riconoscimento della matrice violenta dell’istituzionalizzazione anche in assenza di reati sanzionati dal Codice Penale;
  • la circostanza che nel Decreto Legislativo 62/2024, uno dei decreti attuativi della Legge Delega 227/2021 in materia di disabilità, fosse stato omesso il riferimento alla deistituzionalizzazione presente nella Legge Delega, e fosse stata introdotta la possibilità di istituzionalizzare nuove persone (si veda il primo comma dell’articolo 20 del Decreto Legislativo 62/2024), cosa non prevista nella Legge Delega.
  • la circostanza che alcune Organizzazioni di persone con disabilità che continuano a gestire strutture residenziali e/o semiresidenziali siedano nell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità nella duplice veste di gestori di servizi e rappresentanti delle persone con disabilità. Ciò nonostante il Comitato ONU abbia esplicitamente raccomandato che «a coloro che hanno interessi finanziari o di altro tipo nel mantenere aperte le istruzioni deve essere impedito di influenzare i processi decisionali relativi alla deistituzionalizzazione» (si veda il punto 34 delle menzionate Linee guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza);
  • la circostanza che anche le altre Organizzazioni di persone con disabilità che stanno nell’Osservatorio, e non gestiscono strutture, non sollevino la questione del conflitto di interessi, non chiedano lo stop dell’istituzionalizzazione, né la predisposizione di un Piano Nazionale di deistituzionalizzazione.

Al lancio della campagna è seguito un vivace dibattito, che è documentato in calce al testo della campagna stessa, ed è tuttora in corso. Diverse Organizzazioni di persone con disabilità che siedono nell’Osservatorio sono state pubblicamente invitate a porre fine all’istituzionalizzazione. Prevedibilmente, quelle che gestiscono strutture – e percepiscono ingenti somme di denaro pubblico a tale scopo – si sono irrigidite sulle proprie posizioni. Mentre le altre sembra stiano ragionando in termini di conservazione degli equilibri raggiunti e sedimentati nel tempo, incuranti, almeno in apparenza, che mantenere gli attuali equilibri comporti anche il perpetuare una «pratica discriminatoria» e «una forma di violenza nei confronti delle persone con disabilità», ed agire in contrasto con la Convenzione ONU. Immagino che queste Organizzazioni considerino la propria condotta funzionale a mantenere un posto ai tavoli istituzionali, e che dunque ritengano che questa scelta sia conveniente.

Non penso di essere depositaria della Verità, dunque evito di esprimere giudizi, e torno a fare una delle cose che mi riesce meglio. Mi interrogo: è davvero conveniente perpetuare una «pratica discriminatoria» e «una forma di violenza nei confronti delle persone con disabilità»? È conveniente agire in contrasto con la Convenzione ONU? Non sarebbe più conveniente per tutti e tutte dire no alla discriminazione e alla violenza e sì al rispetto dei diritti umani?
Spero che la consapevolezza, come già in passato, mi porti consiglio.

 

Nota: il Centro Informare un’h è impegnato nel rivendicare la promozione della deistituzionalizzazione e lo stop all’istituzionalizzazione. Temi su cui si è avviato un confronto pubblico. In calce alla pagina Riforma della disabilità: eliminiamo la possibilità di istituzionalizzare le persone (in aggiornamento) sono segnalati i contributi che di volta in volta si stanno susseguendo. 

 

Ultimo aggiornamento il 31 Ottobre 2025 da Simona