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“Libera di scegliere”, il “patchwork” di una caregiver che non ha rinunciato alla sua individualità

“Libera di scegliere. Storia di una caregiver ordinaria” (The Wall Edizioni, 2025), l’ultima pubblicazione di Elena Improta, più che a un’opera autobiografica, somiglia ad un “patchwork” di scampoli di vita cuciti insieme con un filo d’amore. Due i temi principali affrontati nella pubblicazione. Da un lato c’è l’impegno civile che ha portato alla nascita di un innovativo modello di co-housing, “La Casa di Mario”, nel quale coabitano persone con e senza disabilità. Dall’altro la questione del fine vita.

La copertina del libro “Libera di scegliere. Storia di una caregiver ordinaria” di Elena Improta.

Si potrebbe dire che Libera di scegliere. Storia di una caregiver ordinaria (The Wall Edizioni, 2025), l’ultima pubblicazione di Elena Improta, sia un testo autobiografico, e non sarebbe del tutto sbagliato. Infatti l’Autrice attinge a piene mani al proprio vissuto, sebbene non ripercorra tutta la sua vita, ma si soffermi quasi esclusivamente sugli ultimi 35 anni. Però, come rivela il sottotitolo, l’Autrice è anche una caregiver, il cui tempo, si sa, è contingentato dal lavoro di cura. Ed è forse per questo che l’opera somiglia di più a un “patchwork” di scampoli di vita cuciti insieme con un filo d’amore.

Due i temi principali affrontati nella pubblicazione.

Da un lato c’è l’impegno civile nell’àmbito della disabilità che l’ha portata prima a costituire l’Associazione Oltre lo sguardo di Orbetello (Grosseto), quindi, dalla fine del 2020, ad avviare la sperimentazione di un modello di co-housing, “La Casa di Mario”*, nel quale coabitano persone con e senza disabilità. Un modello che si propone come una risposta innovativa e personalizzata ed inclusiva per il “Dopo di Noi” (come disciplinato dalla Legge 112/2016). Una scelta ben distante dai soliti servizi di assistenza istituzionalizzanti e standardizzati che ancora in larghissima prevalenza sono offerti alle persone con disabilità con necessità di sostegno elevato o intensivo come unica alternativa alle cure familiari.

Dall’altro lato c’è la questione del fine vita, un tema che la Regione Toscana ha ritenuto di disciplinare con una propria legge, la Legge Regionale 16/2025, promulgata per dare attuazione a due Sentenze della Corte costituzionale, la 242/2019 e la 135/2024, che il nostro Stato sta disattendendo.

Se il primo tema sembra maggiormente sviluppato dalla donna, dalla madre, dalla lavoratrice e dall’attivista – Improta è madre e caregiver di Mario, un uomo di 35 anni con un’importante disabilità –, il secondo argomento riporta l’attenzione sull’individualità dell’Autrice, sul suo modo di pensare a sé stessa come essere umano, senza bisogno di altre specificazioni. Cosa che la induce a rivendicare «il diritto di scegliere», nonché il «diritto a una vita dignitosa, anche quando le circostanze diventano insopportabili» (scrive a pagina 133).

Lo spazio dedicato all’ideazione e alla realizzazione de La Casa di Mario risulta preminente. Tra i tanti passaggi che si potrebbero citare, ce n’è uno particolarmente significativo. Dopo una nottata piuttosto impegnativa, l’Autrice esprime la seguente riflessione:

«Eppure, quando arriva il mattino, qualcosa dentro dice che ne è valsa la pena. Ogni volta. Perché qui non vogliamo un istituto. Non vogliamo che La Casa di Mario diventi un corridoio bianco e silenzioso, con persone che contano le ore fino alla prossima pastiglia. Vogliamo che resti quello che è: un posto in cui l’autonomia è vera, anche con tutte le sue difficoltà, un posto in cui si vive davvero, senza diventare fantasmi» (pagina 70).

La lettura scorre agevole tra racconto, ironia, emozioni e sentimenti. Ad esempio, sono raccontate le drammatiche vicende che hanno portato l’Autrice a decidere di lasciare Roma, assieme a suo figlio, per trasferirsi ad Orbetello, ma anche – con registro ben più leggero – i tanti stereotipi sulle mamme caregiver. «[…] se il figlio ha un problema serio, la donna smette di esistere come un individuo e diventa “la madre di…”», osserva amara (pagina 62). «Diciamocelo apertamente: segni particolari di una mamma di un disabile? Essere un “cesso” asessuato ma soprattutto PAZZA», aggiunge con la spavalderia di chi si gode lo spaesamento che suscita negli altri il fatto che lei non corrisponda a siffatte aspettative (pagine 63-64).

Comprensibilmente più delicati sono invece i toni con cui è affrontato il tema delle volontà ultime, da cui però traspare un’idea di morte che non è annientamento, ma libertà. «Posso scegliere: niente terapie, solo antidolorifici. E poi dritta verso la libertà» (scrive a pagina 9). Parole da leggere senza giudizio. Con rispetto e in punta di piedi, verrebbe da dire, come si addice alle questioni esistenziali.

Che altro aggiungere? Che il ricavato dalla vendita del libro andrà devoluto al sostentamento de “La Casa di Mario”. Ed anche: «Elena, ma te lo sai che ti stimo tanto?» (Simona Lancioni)

 

* Dalla fine del 2020, l’Associazione Oltre lo sguardo ha avviato la sperimentazione di un modello innovativo di co-housing che prevede la coabitazione di persone con e senza disabilità, in una prospettiva di “Durante e dopo di noi”. L’obiettivo è quello di garantire alle persone con disabilità un contesto di vita il più possibile simile alle condizioni dell’ambiente familiare di provenienza, integrato nella comunità ed in rete con il territorio, evitando l’istituzionalizzazione o la permanenza in un contesto che non consentirebbe uno sviluppo armonico e finalizzato alla massima autonomia possibile. Il modello nello specifico ha preso il nome di “La Casa di Mario”: Mario, giovane uomo con disabilità, e la sua famiglia ospitano e convivono nell’immobile di loro proprietà – 3 appartamenti contigui ad Orbetello affacciati sulla Laguna di Levante – con altre persone con disabilità, in un contesto di relazione, organizzazione e spazi tipici di un nucleo familiare. Gli/le ospiti de La Casa di Mario e Mario stesso svolgono quotidianamente le loro attività individuali, che a seconda delle competenze di ciascuno possono essere inserimento lavorativo, centro diurno, domiciliare, ecc. La centralità del progetto residenziale è orientata a condividere gli altri momenti della giornata: risveglio, colazione, preparazione e uscita per le attività esterne, pranzo e riposo pomeridiano, laboratori e altre attività pomeridiane, cena e dopo cena, riposo notturno. Ciò essenzialmente in una prospettiva bio-psico-sociale, utilizzando gli aspetti funzionali della persona per il mantenimento, avanzamento e miglioramento delle capacità personali orientate all’autonomia personale possibile. Ulteriori dettagli sul progetto “La Casa di Mario” sono disponibili a questo link.

 

Nota: i grassetti nelle citazioni testuali sono un intervento redazionale.

 

Estremi dell’opera
Elena Improta, Libera di scegliere. Storia di una caregiver ordinaria, Collana Narrativa Dita Sporche, The Wall Edizioni, 2025, 20 euro, 152 pagine.

Nota sull’Autrice
Elena Improta, nata a Napoli nel 1963, è madre di un uomo di 35 anni, Mario, interessato sin dalla nascita da una severa disabilità. È presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Oltre lo sguardo e della Fondazione La Casa di Mario ETS. È autrice di Ordinaria diversità (Ponte Sisto, 2018). Libera di scegliere è il suo ultimo romanzo.

 

Vedi anche:

Associazione Oltre lo sguardo di Orbetello (Grosseto).

 

Ultimo aggiornamento il 2 Dicembre 2025 da Simona