Menu Chiudi

Lettera aperta del Presidente Angsa Nazionale Giovanni Marino alla signora Daniela Ferraro in tema di autismo e residenzialità

di Giovanni Marino

Dopo la pubblicazione del testo di Giovanni Marino, Presidente nazionale dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), “Le residenze non sono istituti, ma modelli abitativi progettati a misura dei bisogni assistenziali delle persone” («Superando», 9 luglio 2025), il Centro Informare un’h ha dato spazio, tra gli altri, al commento di Daniela Ferraro “Ingegner Marino: basta difendere un sistema che segrega, ferisce e limita la libertà” (del 16 luglio 2025). Ora riceviamo la lettera aperta con cui Marino replica a Ferraro. La pubblichiamo di seguito e rimaniamo a disposizione di Daniela Ferraro qualora volesse rispondere a propria volta.

Una donna è un uomo, entrambi in sedia a rotelle.

Gentile Daniela, vogliamo le stesse cose
mi sembrava giusto darLe una mia personale risposta, in quanto sono da Lei stato chiamato in causa, da un suo intervento dello scorso 16 luglio [si riferisce al testo a firma di Daniela Ferraro “Ingegner Marino: basta difendere un sistema che segrega, ferisce e limita la libertà”, pubblicato su «Informare un’h» il 16 luglio 2025, N.d.R.], come “sostenitore dell’istituzionalizzazione” nell’accezione peggiore di questo termine. Fornire ulteriori informazioni e chiarire alcuni punti da Lei sollecitati forse ci permetterà di comprendere meglio le nostre posizioni e scoprire che in fondo vogliamo le stesse cose per i nostri figli.

Prima di entrare nel merito è necessario condividere alcuni concetti:
nella stragrande maggioranza dei casi all’autismo si affiancano altre cooccorrenze, consideri che il 50% delle persone con autismo sono epilettici ed una parte di essi sono farmacoresistenti; il 30 % circa presentano un ritardo mentale gravissimo (QI inferiore a 30); quasi tutti attuano forti crisi comportamentali fino ad atti di estrema aggressività e autolesionismo; molti hanno problemi con il sonno e moltissimi hanno difficoltà con l’alimentazione o presentano disturbi alimentari vari. Sono rari i casi di autismo senza cooccorrenza e molto frequenti invece quelli con cooccorrenze multiple.

Come è noto l’incidenza di questa condizione è in forte aumento (ad oggi circa 1 nato su 40) e questo determina la necessità di definire come sostenere TUTTE queste persone nel loro percorso di vita nel rispetto della loro dignità e dei loro diritti. Viviamo in un paese in forte crisi economica che pur nella rimodulazione del sistema di welfare troverà molte criticità se non l’impossibilità di assolvere al proprio compito.

In prospettiva si registreranno nel nostro Paese 1,5 milioni di persone con autismo che saranno prive di ogni assistenza (si configurerebbe una spesa annua dell’ordine di grandezza di 100 miliardi di euro. Quanto quasi tutto il Fondo sanitario nazionale). La Convenzione ONU [si riferisce alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, N.d.R.] parla a tutti i paesi membri, ma ogni paese deve fare i conti con le proprie risorse economiche.

L’autismo è una condizione complessa che richiede difficoltà anche nella formulazione della diagnosi che deve evidenziare e riconoscere la condizione stessa, in tutte le sue sfumature, e deve saper identificare le singole cooccorrenze, per approntare le giuste modalità di supporto.

La ricerca scientifica sta evidenziando sempre più i diversi fenotipi che possono aiutarci in questo delicato compito e quindi va sostenuta e incentivata, sia negli aspetti di mappatura genetica, che nello studio delle diverse traiettorie di sviluppo che ogni fenotipo può comportare. È importante poi diffondere la competenza per formare personale esperto in grado di diagnosticare con correttezza e intervenire con appropriatezza per favorire da una parte la condizione delle persone con autismo e dall’altra intervenire sulle cooccorrenze che rappresentano la principale causa invalidante.

Angsa [Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo, N.d.R.] è nata proprio per evitare ai nostri figli un futuro senza speranza. È una comunità di genitori, fra cui me stesso, consapevole, meglio dei professionisti dell’epoca, che la causa dell’autismo non era la madre “frigorifero” e la psicodinamica non era perciò il trattamento appropriato. Sapevano ed hanno lottato per molti anni affinché le persone con autismo potessero godere del diritto all’intervento appropriato e dei servizi.  Hanno dovuto contrastare il metodo Delacato, la Comunicazione Facilitata, la Delfino terapia ed altre amenità, e lo hanno fatto in quanto genitori prima di lei.  Erano quelli gli anni dove perfino il professionista che visitava il figlio riferiva al genitore che era “autista”. Erano gli anni in cui le famiglie si vergognavano del proprio figlio con disabilità, specie del snc, e lo tenevano nascosto o lo “rinchiudevano” negli istituti.

È stato necessario un grande impegno affinché si superasse tutto questo e il sistema socio-sanitario individuasse delle regole. Grazie alla determinazione di Angsa e dei genitori, che ne hanno fatto e tutt’oggi ne fanno parte, sono state scritte le prime Linee Guida per le raccomandazioni sui trattamenti e successivamente le Linee di Indirizzo per la presa in carico. Nel 2015 è stata scritta e promossa la Legge 134/2015 e nel 2017 i Livelli Essenziali di Assistenza. Ancora oggi sono la fonte di ogni diritto di tutte le persone con autismo.

Parallelamente è stata finalmente adottata anche nel nostro Paese la Convenzione ONU; approvata la Legge 112/2016 sul Dopo di Noi ed è fresca la Legge quadro 227/2021 sulla disabilità [in realtà si tratta della Legge Delega 227/2021, N.d.R.] ed i suoi decreti attuativi. C’è in discussione la proposta di legge sui caregiver e la revisione della 112/16. Noi genitori di Angsa tuteliamo le persone con autismo attraverso la partecipazione ed il suo costante contributo di proposte. E non potremmo fare altro visto che parliamo dei nostri figli.

La storia delle Residenze che ha suscitato molte polemiche comincia subito dopo la Guerra quando si costruivano Istituti con lo scopo di separare dalla vita sociale tutte le persone con disabilità, specialmente quella mentale. La Legge 104/1992, la Legge 180/1978 ecc. ecc. hanno cambiato il paradigma incuneando per la prima volta il concetto di integrazione. Si chiudevano gli Istituti a favore di piccole residenze dove però convivevano tutte le forme di disabilità. Si credeva che la piccola dimensione fosse sufficiente ad impedire la discriminazione.

Da quel fallimento sono nate, per l’autismo, residenze dedicate sul modello inglese e spagnolo delle farm-communities con l’innovazione di offrire momenti occupazionali (ricordiamoci che in quegli anni l’autismo riconosciuto e a cui dare risposta era quello con estreme complessità). Le recenti Linee Guida emanate dall’ISS raccomandano residenze flessibili come strumento per favorire processi di inclusione lavorativa che naturalmente non si pongono in contrasto con i principi della Convenzione ma rispettano la qualità di vita e le scelte e desideri delle persone che vi accedono. È sufficiente leggere con attenzione quelle raccomandazioni e confrontarle con gli articoli della Convenzione senza riscontrare alcun conflitto. Sono nate molte residenze sul modello delle farm communities e tutte per volontà di genitori sia singolarmente che associati tra di loro. Sono gli unici esempi di buone pratiche nella gestione che superano persino i limiti di un regolamento di accreditamento che è indubbiamente da aggiornare. La prego di leggere la mia lettera pubblicata su «Superando» che risponde a quella della Dr.ssa Mariani Cerati (testo di Daniela Mariani Cerati con commento di Giovanni Marino Le realtà virtuose diventino la regola e non l’eccezione nella gestione delle persone con disabilità più complesse, pubblicato il 7 luglio 2025).

Si ravvede un conflitto di interesse nella conduzione di un servizio residenziale quando suggerisco precisi aggiornamenti, verifiche e sanzioni? A prescindere dalla sua idea di validità di una residenza, non crede che invece sia un valore aggiunto quello della presenza dei rappresentanti delle famiglie nella gestione?

Le residenze che ospitano persone con autismo nel nostro Paese hanno una dimensione (per ordine di grandezza) di circa 30.000 posti letto ed una lista di attesa ancora più numerosa. È difficile immaginare che quei genitori siano tutti sprovveduti o carnefici che vogliono semplicemente allontanare da casa il proprio figlio. Se davvero bastasse spostare i fondi per realizzare la vita indipendente per TUTTI non crede che proprio noi lo avremmo fatto? Come si fa a non prendere atto di questo bisogno assoluto che riguarda una parte delle persone con autismo severo risultato anche dalla complessità delle cooccorrenze presenti? Si esalta la contrapposizione tra chi vuole mantenere le residenze e chi invece difende la Vita Indipendente. Sono certo che anche Lei comprenda come invocare la loro chiusura con un tratto di penna sia un salto nel vuoto che rischia di prefigurare un futuro di abbandono.

Le nostre realtà non sono nate per creare servizi residenziali, ma per dare una possibilità di massima indipendenza e benessere sulla base delle condizioni della persona perché sappiamo (e lo abbiamo fatto noi prima di tutti) che per quanto interveniamo sull’ambiente questo intervento non consentirà di arrivare oltre un certo grado di autonomia. Quale crede che sia la risposta per queste persone? Non sono estraneo alla conoscenza di quelle soluzioni abitative alternative alla residenzialità di cui lei e altri parlano e ho le capacità per realizzarle così come sono stato in grado di realizzare un residenziale. Se una sola di queste fosse stata possibile per i miei figli e per altri come loro, non crede che l’avrei adottata?

Si ricordi delle co occorrenze nell’autismo. Hanno ragione alcuni quando difendono il principio della neurodivergenza. Ma questo è un concetto generico di base che va poi calato sulle singole persone che presentano necessità di supporto e di cura tali che richiedono un impegno di risorse umane ed economiche difficile da immaginare per chi non ha esperienza nella gestione di servizi. L’impegno associativo richiede invece di tutelare tutte le persone nella loro più diversa condizione e bisogno di supporto e per farlo si devono avere diverse competenze anche quelle di tipo gestionale, per evitare che enti gestori esterni possano creare quelle orribili situazioni che leggiamo in cronaca e che sono il peggior incubo di ogni genitore di persona con disabilità. Ha notato, per esempio, che in nessuna realtà gestita da genitori si sono verificati atti di questo tipo?

Il Progetto di Vita è una rivoluzione che migliorerà la vita di tutte le persone con disabilità. La mia critica allo strumento riguardava l’attuale difficoltà applicativa dello stesso, che, quando attuato correttamente, dovrebbe scardinare l’assetto attuale dei Servizi alla Persona, migliorando la vita di tutte le persone con disabilità. In particolare l’autismo richiede una maggiore complessità nella sua realizzazione, lo avrà vissuto in prima persona, e dovrà fare i conti con ingenti risorse e personale specializzato che non sono ancora disponibili per tutti. Ci dobbiamo preoccupare perché sia reso accessibile per tutti i nostri figli con pari opportunità rispetto ad ogni altra forma di disabilità.

Non si faccia influenzare da altri, genitori o attivisti, continui sulla strada che ha intrapreso nell’interesse di suo figlio, se ritiene che questa sia la strada migliore per lui. Ammirevole la sua iniziativa, sia per l’impegno progettuale che economico e per questo Le auguro il meglio per suo figlio anche dopo i suoi genitori.

Quanto a me, si informi direttamente e personalmente su chi sono e cosa ho fatto nella mia vita e non creda alle storie del conflitto di interesse.

Sono solo il padre di due adulti con autismo che, in altri tempi storici, in mancanza di Convenzione e Leggi e internet, ha dovuto studiare e lottare per i loro diritti; e ad un certo punto della vita si è reso conto di non potere avere il lusso di morire prima di avere organizzato per loro un luogo di vita dignitoso lontano dalla famiglia di origine.

Per questo anche io mi sono impegnato in uno sforzo progettuale enorme ed ho investito tutto il mio patrimonio (anche di più per effetto di mutui contratti), per una residenza a misura dei bisogni dei miei unici due figli. Loro, i miei unici due figli, sono ormai adulti con autismo con gravissimo ritardo mentale, uno con epilessia, non verbali e, nonostante anni di interventi intensivi, sono dipendenti dagli altri per tutti i loro bisogni primari.

Sarebbe stato un peccato se suo figlio fosse trattato in una residenza, ma sarebbe stato impossibile realizzare per i miei figli il percorso del suo senza prospettiva di un futuro indipendente

Cordiali saluti
Giovanni Marino
papà di due figli con autismo

 

Nota: il Centro Informare un’h è impegnato nel rivendicare la promozione della deistituzionalizzazione e lo stop all’istituzionalizzazione. Temi su cui si è avviato un confronto pubblico. In calce alla pagina Riforma della disabilità: eliminiamo la possibilità di istituzionalizzare le persone (in aggiornamento) sono segnalati i contributi che di volta in volta si stanno susseguendo. 

 

Ultimo aggiornamento il 31 Luglio 2025 da Simona