di Samuele Pigoni, Segretario Generale della Fondazione Time2
«Il rinvio della Riforma apre una nuova stagione di dibattito sulla deistituzionalizzazione e la vocazione del Terzo Settore», ad affermarlo è Samuele Pigoni, Segretario Generale della Fondazione Time2, prendendo parte, col contributo che pubblichiamo, all’ormai ampio confronto pubblico scaturito dal rinvio di un anno dell’applicazione su tutto il territorio nazionale del Decreto Legislativo 62/2024, attuativo della Legge Delega 227/2021 in materia di disabilità. Ben volentieri gli cediamo la parola.

Il governo italiano, con un emendamento proposto il 13 febbraio al Decreto ‘milleproroghe’ ha approvato il rinvio di un anno, dal 1° gennaio 2026 al 1° gennaio 2027, dell’applicazione su tutto il territorio nazionale del Decreto Legislativo 62/2024, attuativo della Legge Delega 227/2021 in materia di disabilità.
Appena 15 giorni prima la Ministra per la Disabilità incontrava l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità eppure la cosa passava sotto silenzio, fino alla pubblicazione da parte di Informare un’h di un articolo del Prof. Ciro Tarantino il quale rendeva noto il rinvio e si domandava, invitando al dibattito pubblico, i reali motivi del silenzio e del rinvio stesso [si riferisce al testo denominato “Il gioco del silenzio” fruibile a questo link, N.d.R.].
In un’intervista apparsa qualche giorno dopo su «Vita», la Ministra rassicurava: la Riforma della disabilità va avanti garantita nei tempi certi del PNRR; non si tratta di uno slittamento, ma di un’entrata in vigore progressiva della Riforma, con una sperimentazione estesa a più province; non si torna indietro e si sta già procedendo a risolvere nodi relativi a tutti gli aspetti infrastrutturali, formativi e metodologici necessari al cambiamento [si riferisce al testo di Sara De Carli, “Riforma disabilità, avanti con il cambiamento: gli impegni della ministra Locatelli” del 21 febbraio 2025, disponibile a questo link, N.d.R.].
Sicuramente non è facile rassicurare persone e famiglie che proprio sulla questione del progetto personalizzato – dispositivo cardine della riforma – sono fin troppo abituate a subire silenzi, posticipi, dinieghi. È l’insoddisfazione espressa dall’appello lanciato da PERSONE – Coordinamento nazionale contro le discriminazioni delle persone con disabilità, al quale si sono affiancate voci di studiose ed esperti impegnati a vario titolo nell’applicazione di modelli operativi (amministrativi; giuridici; pedagogici) che fanno incomprimibili i diritti sociali e civili delle persone con disabilità [l’appello a cui si riferisce è quello lanciato congiuntamente da PERSONE, Movimento antiabilista e UNASAM (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale) il 20 febbraio 2025, dal titolo “Adesso basta! Senza Riforma sulla disabilità non c’è futuro”, fruibile a questo link, N.d.R.].
Molte di queste voci suggeriscono che il rinvio, oltre ad avvenire senza l’adeguato confronto con le persone con disabilità, sia dovuto, nella trama delle lentezze amministrative, ad una sostanziale resistenza politica al cambiamento. In sostanza si denuncia una mancanza di volontà politica nell’attuare pienamente una Riforma che nella sua logica offrirebbe l’occasione storica di ripensare il welfare della disabilità nella direzione della personalizzazione comunitaria, del superamento dei sistemi di sostegno custodiali e in ultima analisi della deistituzionalizzazione essendo l’attuale ripartizione della spesa pubblica in materia di disabilità principalmente incardinata nel comparto degli istituti residenziali, semi-residenziali e riabilitativi.
Confidiamo che non sarà così e che il processo avviato dalla Riforma andrà avanti anche grazie alle stesse voci che ne alimentano il dibattito e che contribuiranno a monitorare il processo di sperimentazione. A questo proposito per il momento registro, da professionista del settore filantropico e sociale, che l’apertura del dibattito innescata dal rinvio, si contraddistingue come opportunità unica e cercherò di spiegare perché.
Vedo finalmente la possibilità di un confronto aperto e trasparente su temi fondamentali che hanno un impatto profondo sul senso e la direzione del Terzo Settore. Considero, nello specifico, un’occasione storica e un grande passo in avanti per la democrazia nel nostro Paese avere finalmente l’occasione di affrontare apertamente il legame tra progressi normativi, riforma delle infrastrutture di welfare, innovazione del ruolo del Terzo Settore e deistituzionalizzazione.
Si perché il tema della deistituzionalizzazione è il classico “elefante nella stanza”: puoi fare finta quanto vuoi di non vederlo ma quello ti occupa tutta la stanza impedendo, nei fatti, di muoverti.
Mentre dico questo rifletto sulla mia esperienza professionale degli ultimi anni.
A partire dal 2019 mi sono trovato nella situazione privilegiata (per quanto faticosa) di accompagnare la nascita di un’organizzazione filantropica. Non è questa la sede per raccontare cosa si intenda per filantropia oggi e cosa sia la curvatura strategica che le punte più avanzate della filantropia internazionale e nazionale assumono come proprio asse. Basti dire che il privilegio sta nell’opportunità di lavorare in un settore poliedrico e creativo, diversificato e aperto al dialogo con gli attori sociali e che si dà come mandato il cambiamento sistemico e l’innovazione. Il tutto in una forte saldatura (in tutto il mondo) tra azione nella società e promozione dei diritti umani.
Dopo una fase di studio e analisi dei bisogni avevamo deciso – nonostante molti operatori del Terzo Settore ci allarmassero su quanto stavamo per fare – di lavorare sul tema del passaggio all’età adulta di giovani con disabilità, in particolar modo intellettiva e relazionale. Le evidenze emerse dalle ricerche e dall’ascolto diretto delle persone e delle loro famiglie avevamo rilevato quanto il passaggio all’età adulta fosse una fase della vita contraddistinta dall’incontro con barriere, mancanze e arretratezze di sistema.
Emergeva una situazione nella quale i servizi troppo spesso si risolvevano nell’offerte di esperienze, attività e laboratori impostati per obiettivi individuali di riabilitazione, svolti prevalentemente in gruppi per sole persone con disabilità e spesso iscritti in cornici metodologiche e luoghi specialistici, lontani dai contesti e i modi delle esperienze reali delle persone. A fronte di queste risorse messe in campo dal sistema, mancavano totalmente – e a dirlo erano gli stessi operatori pubblici e privati, oltre ovviamente alle persone direttamente interessate – la disponibilità ad accogliere le richieste di progetti personalizzati e budget di salute/progetto; l’inesistente integrazione socio-sanitaria (salvo che in alcune regioni) capace di armonizzare gli obiettivi e i sostegni necessari alle persone a pensare possibile il proprio personale progetto di vita; più in generale ancora mancava una cultura dei diritti e della cittadinanza delle persone con disabilità come architrave del lavoro sociale, come epistemologia necessaria a guardare e sostenere le persone a partire dal pieno e radicale riconoscimento della loro soggettività e del loro potere di decisione di cittadini e cittadine che possono aspirare a vivere pienamente nella società.
Ci scontravamo insomma con una dissonanza sistemica assordante tra i diritti e desideri delle persone e l’organizzazione dei servizi e delle professioni accreditate al loro sostegno: il paradosso di un sistema che dovrebbe togliere barriere e invece le aggiunge. Non poche sono state le volte nelle quali durante confronti formali o informali con colleghi impegnati nella gestione dei servizi (tanto pubblici quanto privati) ci siamo sentiti dire che la causa nella quale iniziavamo a spenderci era destinata a illudere le persone e che la libertà e i diritti avrebbero dovuto adattarsi al realismo delle opportunità esistenti.
Credo che la Legge 227/2021 segni uno spartiacque culturale prima ancora che normativo e che sostenga fortemente la legittimità di un cambiamento che non può non coinvolgere attivamente chi sarà chiamato a gestire e operare nei servizi. Il dibattito che si sta aprendo dimostra come la Legge colpisca nel segno proprio perché, per quanto lo si voglia nascondere, chiama in causa un cambiamento sistemico, qualcosa di vicino al rovesciamento pratico di cui parlava Franco Basaglia. È una legge che apre la possibilità per mettere a sistema tutti percorsi e le pratiche esistenti, ma oggi marginali, di deistituzionalizzazione e permettere all’intero settore coinvolto nell’affiancamento e sostegno alle persone con disabilità di contribuire ad una riforma del welfare che potrebbe migliorare – ma sarebbe un discorso molto lungo e non lo possiamo affrontare qui – la vita non solo delle persone con disabilità, ma anche di altri gruppi sociali marginalizzati e in fondo della comunità nel suo insieme.
Sarebbe l’occasione, lo credo profondamente, per permettere a molti operatori e operatrici e loro organizzazioni di ritrovare il senso del proprio lavoro rievocando il mandato trasformativo ed emancipativo che il lavoro sociale dovrebbe avere e che storicamente ha avuto nel nostro Paese. Sarebbe l’occasione per nuove alleanze tra professionisti, istituzioni e persone capaci di ricerca e innovazione, di ripensamento delle metodologie di lavoro e della postura relazionale (e organizzativa) a partire dalla quale si è a vario titolo operatori nel sociale.
Una postura che non può evitare di fare i conti con il potere e il posto assegnato all’altro nella relazione d’aiuto, essendo esattamente questo – il potere – il motore di ogni processo di discriminazione e istituzionalizzazione. Il vero elefante nella stanza.
Spero quindi che questo mio contributo venga colto come stimolo ad una riflessione, certamente lunga e complessa, ma profonda, su come il Terzo Settore, e gli enti filantropici, si rapportano alla legge di Riforma e agli elementi di deistituzionalizzazione che la caratterizzano.
Di seguito i testi pubblicati dal Centro Informare un’h sul rinvio dell’applicazione della Riforma sulla disabilità.
- Ciro Tarantino, Il gioco del silenzio, 19 febbraio 2025.
- Comunicato congiunto di PERSONE (Coordinamento nazionale contro la discriminazione delle persone con disabilità), Movimento antiabilista e UNASAM (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale), Adesso basta! Senza Riforma sulla disabilità non c’è futuro, 20 febbraio 2025.
- Cecilia Marchisio, Chi ha paura dei progetti personalizzati?, 20 febbraio 2025.
- Giampiero Griffo, Le voci dei diritti, 21 febbraio 2025.
- Simona Lancioni, Il rinvio dell’attuazione della Riforma sulla disabilità e il conflitto di interessi, 23 febbraio 2025.
- Natascia Curto, Il rinvio della Riforma sulla disabilità e l’esistente da salvaguardare, 24 febbraio 2025.
- Il comunicato “Adesso basta! Senza Riforma sulla disabilità non c’è futuro” ora in linguaggio facile da leggere, 26 febbraio 2025.
- PERSONE (Coordinamento nazionale contro la discriminazione delle persone con disabilità), Il rinvio dell’attuazione della Riforma della disabilità e il “nuovo stabilizzatore d’umore”, 26 febbraio 2025.
- Salvatore Nocera, «Non ho parlato a nome della FISH», Nocera risponde al Coordinamento PERSONE, 27 febbraio 2025.
- Samuele Pigoni, L’elefante nella stanza: il Terzo Settore interviene sul rinvio della Riforma della disabilità, 28 febbraio 2025.
Ultimo aggiornamento il 28 Febbraio 2025 da Simona