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Legge 6/2004: un abito su misura a favore dell’amministratore di sostegno

dell’Associazione Diritti Senza Barriere (Bologna) 

Domani, 9 gennaio, a Bologna, si terrà l’evento “Il beneficiario – Amministrazione di sostegno: un abito cucito su misura”, l’ultimo di un ciclo di incontri denominato “2004 – 2024 Vent’anni di amministratore di sostegno”, che sarà ospitato presso la Sala del Consiglio di Palazzo Malvezzi, in Via Zamboni, n. 13 (alle 15). Si tratta di un’iniziativa di cui ci siamo già occupati (se ne legga in calce) ma che era stata rimandata a causa dell’alluvione che ha colpito Bologna lo scorso ottobre. Ben volentieri diamo spazio alle riflessioni elaborate dall’Associazione Diritti Senza Barriere che prendono spunto dall’iniziativa in questione, ed affrontano il tema del beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

Le mani di una sarta prendono le misure su un modello di stoffa per realizzare una giacca su misura (foto di Tima Miroshnichenko su Pexels).

L’applicazione della Legge 6/2004, che ha introdotto in Italia l’istituito giuridico dell’amministrazione di sostegno, in concreto, proprio come enunciato nel titolo dell’incontro previsto il prossimo 9 gennaio nell’àmbito del progettoSOStengo! Azioni di valorizzazione e supporto in tema di amministratore di sostegno”, si è rivelata un “abito cucito su misura”, ma non del cosiddetto beneficiario, bensì dello stesso amministratore di sostegno [il volantino dell’iniziativa di cui si tratta è disponibile al seguente link, N.d.R.].

Infatti è importante chiedersi: in quale considerazione è tenuto il “beneficiario”?
Tranne poche eccezioni, nell’amministrazione di sostegno il beneficiario è “un numero”, neanche una persona, visto che in molti casi non è nemmeno conosciuto dallo stesso amministratore di sostegno.
La dilagante prassi di nominare come amministratori di sostegno figure professionali (avvocati/e, commercialisti/e, ecc.) spesso comporta che tali figure non abbiano nemmeno mai visto il “beneficiario”, che non conoscano niente della sua storia, e che svolgano questo ruolo con modalità burocratiche, senza un reale interesse alla qualità della vita e al benessere fisico e mentale del beneficiario stesso. Tutto si esplica in adempienti formali, nella stesura dei rendiconti periodici con modalità amministrative, spesso svolte senza coinvolgere il beneficiario o il familiare attivo e partecipe.

Questa modalità gestionale è gradita anche ai Servizi Sanitari, Sociali e Socio-Sanitari, perché chi svolge l’amministrazione di sostegno con modalità burocratiche non si pone proprio il problema di valutare in modo critico l’adeguatezza, l’appropriatezza e la personalizzazione dei servizi pubblici erogati (ossia che il vestito sia davvero a misura del “beneficiario), ma accoglie qualsiasi proposta provenga da detti Servizi senza batter ciglio. È evidente che in questo sistema anche i diritti basilari, i diritti umani del “beneficiario” siano totalmente ignorati. Non sorprende scoprire che né gli amministratori di sostegno, né detti Servizi, spesso non conoscano nemmeno la norma specifica posta a tutela dei diritti umani delle persone con disabilità: la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal nostro Paese con la Legge 18/2009.

È importante ricordare che il Comitato ONU preposto a monitorare l’applicazione della Convenzione, già nel 2016 ha raccomandato all’Italia di abrogare tutte le leggi che permettono la sostituzione nelle prese di decisioni da parte di terzi (tutori, curatori, amministratori di sostegno) e di emanare provvedimenti per il sostegno di decisioni, compresa la formazione dei professionisti che operano nei sistemi giudiziari, sanitari e locali (punti 27 e 28 delle Osservazioni conclusive al primo rapporto sull’applicazione della Convenzione ONU presentato dall’Italia).

È proprio nella formazione dei Giudici Tutelari (coloro che nominano gli amministratori di sostegno), che come Diritti senza Barriere (un’Associazione di volontariato di tutela dei diritti dei malati indifesi), abbiamo constatato profonde lacune, nonché mancanza di empatia e comprensione. Questa situazione evidenzia la necessità che la Legge 6/2004 venga rivista: la professionalizzazione dell’istituto, e il frequente ricorso a professionisti sconosciuti allo stesso “beneficiario”, si sta rivelando concretamente inadeguata a preservare e tutelare i diritti umani di quest’ultimo.

La stragrande maggioranza dei “beneficiari”, pur avendo necessità di supporto, mostra di avere consapevolezza del modo in cui desidera vivere ed esprime puntuali critiche nei confronti dei professionisti che si dimostrano incuranti della vita del “beneficiario” stesso, e tuttavia tali critiche spesso non trovano la meritata attenzione da parte di Giudici Tutelari che, in contrasto con la Convenzione ONU, accordano più credito agli amministratori di sostegno, che alla volontà, ai desideri e alle opinioni della persona sottoposta ad amministrazione di sostegno, ed ai familiari attivi e partecipi nei casi in cui il “beneficiario” non sia in grado di esprimere i propri bisogni.

Ciò implica che l’auspicata riforma della Legge 6/2004 debba riguardare anche la figura del Giudice Tutelare, non solo sotto il profilo della formazione, ma anche sotto quello dell’idoneità allo svolgimento del proprio ruolo.

Riteniamo che la funzione di verifica di questi aspetti competa agli utenti del servizio della volontaria giurisdizione, che vada effettuata attraverso parametri oggettivi individuati attraverso la letteratura scientifica su questa materia, e che tali pronunciamenti debbano essere tenuti in considerazione ai fini della permanenza nel ruolo e nella progressione della carriera dei Giudici Tutelari.

Non possiamo più aspettare: è necessaria una legge di riforma della Legge 6/2004 che sia veramente a favore del beneficiario, e non un abito su misura a favore dell’amministratore di sostegno.

Le lacune riscontrate in sede di applicazione mostrano che, per sanare le criticità illustrate, non sarebbe sufficiente limitarsi a formare i Giudici Tutelari, né che questi assumano atteggiamenti empatici e compassionevoli nei confronti del “beneficiario”. Per questo motivo Diritti Senza Barriere chiede che venga introdotta una vera riforma perché «non vogliamo più sentire persone sottoposte ad amministrazione di sostegno che si sentono in gabbia, né che la loro voce rimanga inascoltata ed i loro bisogni non accolti».

 

 

Per maggiori informazioni: Associazione Diritti Senza Barriere dirsenbar@yahoo.it

 

A proposito dell’iniziativa di cui si tratta si veda: Bologna, un ciclo di incontri sul tema “2004-2024 Vent’anni di amministrazione di sostegno”, «Informare un’h», 11 ottobre 2024.

 

Vedi anche:

Pagina dedicata al progetto “SOStengo! Azioni di valorizzazione e supporto in tema di amministratore di sostegno”.
Pagina dedicata allo Sportello informativo SOStegno!
Amministrazione di sostegno, doveva essere un abito su misura… invece, «Informare un’h», 18 febbraio 2022.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema della “Tutela giuridica”.

 

Ultimo aggiornamento il 9 Gennaio 2025 da Simona