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Le persone con disabilità sanno riconoscere i propri interessi senza che glieli indichi un’autorità terza

Simona Lancioni
responsabile del centro Informare un’h di Peccioli (Pisa)

Su «Avvenire», quotidiano di ispirazione cattolica, un articolo firmato da Enrico Negrotti esprime una critica riguardo al fatto che la FISH (Federazione italiana per il Superamento dell’Handicap) ed altre entità afferenti alla disabilità sostengano pubblicamente l’approvazione del cosiddetto “Disegno di Legge Zan”, che introduce delle aggravanti per la discriminazione e la violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Tra le argomentazioni esposte anche il suicidio assistito e l’aborto terapeutico, ma il DDL Zan non parla di questo.  

 

Una donna con disabilità motoria con la propria assistente.

«Stupisce, e un po’ addolora, che il mondo della disabilità abbia deciso di ribadire il suo sostegno al cosiddetto ddl Zan così com’è», inizia così il pezzo di Enrico Negrotti, dal titolo “Ddl Zan e nodi da sciogliere. Discriminazione dei disabili, saper vedere dove comincia”, pubblicato su «Avvenire», quotidiano di ispirazione cattolica, l’8 luglio scorso. Come l’incipit e il titolo dell’articolo lasciano intuire, il testo esprime l’opinione dell’autore riguardo a come il tema della disabilità sia stato trattato nel Disegno di Legge S. 2005 (Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità), meglio noto come “Disegno di Legge Zan”, e alla posizione di sostegno allo stesso pubblicamente espressa dalla FISH (Federazione italiana per il Superamento dell’Handicap), avendo quest’ultima aderito ad un appello congiunto con l’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), che tutela i diritti delle persone di origine straniera o appartenenti a minoranze etniche che risiedono nel nostro Paese, e la Rete Lenford (Avvocatura per i diritti LGBTI+, Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali/Transgender e Intersessuali). Spiega Negrotti di occuparsi di questioni sanitarie e bioetiche da oltre trent’anni, e di essere attento alle attività del CoorDown (Coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di Down) e dell’Associazione italiana persone Down (AIPD) per motivi familiari, due entità che sostengono anch’esse il “Disegno di Legge Zan”, avendo la prima preso posizione in tal senso autonomamente, ed essendo la seconda un ente aderente alla FISH. Riprende Negrotti il concetto portante che ha indotto la FISH a prendere pubblica posizione a favore del Disegno di legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo, ovvero il principio di uguaglianza – «perché l’uguaglianza o è di tutti e tutte o non è» –, e ne prende le distanze argomentando che «il principio – vero in astratto – in questo caso diventa solo uno slogan per diversi motivi».

Vediamo dunque i quattro motivi che inducono Negrotti a ritenere che il principio di uguaglianza di cui si tratta nel DDL Zan sia «solo uno slogan».

Il primo motivo consiste nel distinguere le discriminazioni e le violenze che colpiscono le persone omosessuali da quelle che colpiscono le persone con disabilità: «è evidente che si parla di questioni piuttosto diverse: non è sempre lo stesso ‘tipo’ di valutazione o (cattivo) ragionamento a ispirare comportamenti discriminatori nei confronti di una persona omosessuale o di una persona disabile». Anche se così fosse, se cioè le valutazioni fossero realmente diverse (e non è detto che sia sempre così, visto che sia l’omotransfobia che l’abilismo sono entrambi sistemi oppressivi e, in quanto tali, hanno come comune denominatore quello di creare gerarchie tra gli esseri umani), dunque se anche le valutazioni alla base delle discriminazioni e delle violenze fossero differenti, questo renderebbe le discriminazioni e le violenze accettabili? Questo Negrotti non lo chiarisce.

Il secondo motivo rileva che «il richiamo alla disabilità è stato inserito nel ddl Zan piuttosto tardi, quando l’articolato di legge era già stato impostato: lo conferma il fatto che nulla che riguardi la disabilità è presente nel testo, che vuole introdurre nuovi reati e si preoccupa di istituire una Giornata per ‘sensibilizzare’ gli studenti sull’omofobia (eccetera)». È vero che il contrasto all’abilismo è stato inserito nel testo del Disegno di Legge in un momento successivo, ed è vero anche che i raccordi con il complesso degli articoli avrebbero potuti essere scritti meglio, ma questo non pregiudica il valore di introdurre anche per l’abilismo delle aggravanti penali simili a quelle già previste per la discriminazione razziale, etnica e religiosa nella cosiddetta “Legge Mancino” (Legge 205/93). Se all’inizio il contrasto all’abilismo non era stato considerato, è apprezzabile che almeno in un secondo momento questo sia stato inserito nel testo del Disegno di Legge proprio per sottolineare che i crimini d’odio vanno sempre sanzionati sia che il bersaglio sia un/a componente della comunità LGBTQIA+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, Queer, Intersessuali e Asessuali), sia quando il bersaglio è una persona con disabilità. Negrotti nota che «la disabilità non è presente nemmeno nelle definizioni dell’articolo 1. Non paia una pretesa superflua: la definizione di disabilità è tutt’altro che pacifica, e la classificazione internazionale del funzionamento (Icf, nella sigla inglese [ICF: Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, N.d.R.]) adottata vent’anni fa dalla Organizzazione mondiale della sanità non è condivisa da tutti gli Stati perché – nel chiedere che si tolgano le barriere e si favoriscano i facilitatori per le persone colpite da qualche problema di salute – chiama in causa la responsabilità politica di intervenire attivamente per rimediare a situazioni che trasformano una persona con un bisogno di assistenza in un disabile». In realtà la definizione di persona con disabilità non è stata inserita perché lo Stato Italiano ha ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persona con disabilità (Legge 18/2009), la quale, nel comma 2 dell’articolo 1, contiene proprio la definizione di persona con disabilità*. Ora, poiché la Convenzione ONU è divenuta il paradigma di rifermento per disciplinare tutti gli aspetti che riguardano le persone con disabilità, chiunque si occupa di disabilità sa che per le persone con disabilità vale quella definizione. Forse Negrotti non la conosce perché, nonostante le accorate richieste da parte dell’associazionismo delle persone con disabilità, lo Stato Vaticano ha rifiutato di ratificare questo importantissimo trattato internazionale.

Il terzo motivo consiste nel sostenere che «la disabilità ha già una sua legge contro le discriminazioni: la legge 67 del 2006 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.], che permette anche alle associazioni di agire in giudizio contro i comportamenti discriminatori». È vero che la Legge 67/2006 introduce delle tutele giuridiche per le persone con disabilità vittime di discriminazioni, ma questa norma non stabilisce nulla riguardo ai crimini d’odio, ossia quei crimini commessi nei confronti delle persone con disabilità per il solo fatto di essere persone con disabilità. Questi crimini hanno bisogno di una specifica disciplina penale che al momento non esiste e che il DDL Zan vuole introdurre.

Infine, argomenta Negrotti, «una legge che volesse combattere le discriminazioni subite dalle persone disabili avvierebbe almeno una riflessione e affermerebbe come principio che il primo diritto che hanno le persone disabili è quello di vivere. Quindi si batterebbe non perché possano accedere al suicidio con l’aiuto di un medico, ma perché abbiano accesso a tutti gli ausili e le terapie che servono loro. E ‘contesterebbe’ la possibilità di abortire un feto perché la sua disabilità provoca pericoli per la salute psichica della donna (come prevede la legge 194). L’aborto è un tema che le associazioni di solito affrontano malvolentieri, preferiscono concentrarsi sulle attività di sostegno e assistenza alle persone con disabilità e alle loro famiglie. È evidente però che se non viene difeso il diritto alla vita di una persona con sindrome di Down, il messaggio che si lancia è che ‘vale meno’ degli altri. Ed è inutile, poi, lamentarsi dell’utilizzo di un linguaggio spregiativo o discriminatorio, quando viene considerato del tutto legittimo non far venire al mondo una persona disabile». Queste ultime motivazioni appaiono fuori tema. Il DDL Zan infatti vuole introdurre delle aggravanti per prevenire e contrastare la discriminazione e la violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, ed in nessuna parte di esso si parla di «accedere al suicidio con l’aiuto di un medico», Negrotti ha introdotto strumentalmente un tema del tutto estraneo ai contenuti del Disegno di Legge. Le persone disabili che appoggiano il Disegno di Legge stanno chiedendo di sanzionare l’abilismo non di accedere al suicidio assistito. Quanto all’aborto, le posizioni della Chiesa sono note, ma è un’interpretazione arbitraria affermare che «l’aborto è un tema che le associazioni [di persone con disabilità, N.d.R.] di solito affrontano malvolentieri», magari alcune associazioni non lo affrontano per il semplice motivo che considerano la donna capace di scegliere se vuole portare a termine una gravidanza o meno, e rispettano la sua libertà di disporre del proprio corpo. Anche il tema dell’aborto è però del tutto estraneo ai contenuti del DDL Zan. È legittimo esprimere critiche riguardo al Disegno di Legge, ma magari sarebbe meglio argomentare sui contenuti dello stesso senza introdurre elementi sui quali si possono avere posizioni diverse, ma che non dovrebbero impedire di comprendere che i crimini d’odio vanno sanzionati chiunque ne sia bersaglio.

L’articolo di Enrico Negrotti si chiude con la seguente affermazione: «È bene dirlo chiaro: il sostegno al ddl Zan così com’è finisce per essere un puro adeguarsi al ‘politicamente corretto’, ma non giova alle persone con disabilità». Abbiamo una Federazione di persone con disabilità e anche altre entità (come CoorDown) che sostengono il DDL Zan, ma Negrotti le dipinge come soggetti che si accontenterebbero di «adeguarsi al ‘politicamente corretto’». Riguardo a questa chiusa mi limito ad osservare che dentro quegli organismi ci sono molte persone con disabilità, e nessuno/a – a parte chi ha pregiudizi abilisti – ha motivi di dubitare che esse siano in grado di valutare quale sia il loro bene e quali siano i loro interessi, senza il bisogno che glieli indichi un’autorità terza, laica o religiosa che sia.

 

* Articolo 1 (Scopo), comma 2, della Convenzione ONU sui diritti elle persona con disabilità: «Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.»

 

Vedi anche:

O è uguaglianza per tutti e tutte oppure non lo è, «Informare un’h», 9 luglio 2021.

Il contrasto all’abilismo nel DDL Zan, «Informare un’h», 28 giugno 2021.

La FISH sostiene il DDL Zan per sanzionare i crimini d’odio contro le persone con disabilità, «Informare un’h», 24 maggio 2021

Simona Lancioni, Il Disegno di Legge Zan e le nostre responsabilità nelle vite degli altri, «Informare un’h», 2 maggio 2021.

Simona Lancioni, Le associazioni di persone con disabilità promuovano l’approvazione del DDL Zan, «Informare un’h», 21 aprile 2021.

La multidiscriminazione delle donne con disabilità. Kit informativo rivolto a donne con disabilità, famiglie, associazioni, operatrici e operatori di settore, strumento prodotto dalla FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap. Disponibile anche in linguaggio facile da leggere e da capire.

I diritti escono dall’armadio. Kit informativo rivolto a persone con disabilità LGBTQ+, famiglie, associazioni, operatrici e operatori di settore, strumento prodotto dalla FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

Data di creazione: 9 Luglio 2021

Ultimo aggiornamento il 11 Luglio 2021 da Simona