Lo scorso 8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna, nel sito del Ministero dell’Interno è stato pubblicato “Donne vittime di violenza”, un rapporto di ricerca elaborato dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale. Esso contiene al suo interno anche un paragrafo interamente dedicato alla violenza nei confronti delle donne con disabilità. Un’attenzione apprezzabile, pur con qualche “sbavatura”.
Lo scorso 8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna, nel sito del Ministero dell’Interno è stato pubblicato un rapporto di ricerca denominato “Donne vittime di violenza” (liberamente consultabile e scaricabile a questo link). Esso è stato elaborato dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale, un ufficio interforze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. In specifico, nella predisposizione del rapporto sono state utilizzate le informazioni contenute nelle banche dati delle Forze di Polizia, e quelle raccolte dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), un organo specializzato nei crimini d’odio ed in tutte le forme di violenza di genere (quella che colpisce le donne in quanto donne).
Dall’opera emerge l’impegno profuso dalle Forze di Polizia nel contrastare questo tipo di crimini lavorando in sinergia con la Magistratura, le Istituzioni pubbliche a tutti i livelli, l’Associazionismo a tutela delle vittime, e con «il coinvolgimento delle agenzie educative, prima fra tutte la famiglia e la scuola», si legge nella premessa a firma di Vittorio Rizzi, vicedirettore generale della Pubblica Sicurezza (pag. 4).
Il rapporto dedica una particolare attenzione ai cosiddetti “reati spia”, un tipo di crimini considerati come possibili indicatori della violenza di genere. Rientrano in tale definizione gli atti persecutori (il cosiddetto “stalking”), i maltrattamenti contro familiari e conviventi e le violenze sessuali. La rilevazione ha riguardato il periodo 2019-2022. L’analisi dei dati ha evidenziato come gli atti persecutori e i maltrattamenti contro familiari e conviventi siano cresciuti progressivamente sino al 2021, ma siano significativamente diminuiti nel 2022. Diversamente le violenze sessuali, in diminuzione nel 2020, rispetto all’anno precedente, presentano un marcato incremento nel biennio successivo.
Preoccupante è anche l’andamento degli omicidi volontari, che avevano registrato un decremento rispetto al 2019 negli anni 2020 e 2021, ma sono tornati alla cifra di 319 persone uccise nel 2022 (lo stesso dato del 2019). In particolare, l’incremento ha riguardato maggiormente le vittime di genere femminile, attestandosi al 12%, giacché siamo passati dalle 112 donne uccise del 2019 alle 125 del 2022. «Anche in ambito familiare/affettivo, ad una diminuzione dell’8% degli omicidi commessi, corrisponde un aumento del 10% di quelli con vittime di genere femminile», si legge ancora nel rapporto (pag. 17).
In questo spazio non entriamo nel dettaglio dei numerosi ed ulteriori aspetti presi in esame nel rapporto (i reati del cosiddetto “Codice Rosso”, introdotto con la Legge 69/2019, l’applicazione dello SCUDO, uno strumento interforze predisposto nel 2020 in ausilio dell’attività delle Forze di Polizia, le diverse collaborazioni e il numero antiviolenza e stalking 1522), poiché riguardo ad essi vi è già una significativa copertura informativa. Scegliamo invece di concentrare la nostra riflessione sui dati relativi alla violenza nei confronti delle donne con disabilità, tema del quale si parla ancora abbastanza poco.
La prima osservazione è un apprezzamento riguardo alla scelta di dedicare a questo tema uno specifico paragrafo (pag. 21-24), ciò in ragione del fatto che le donne con disabilità, essendo soggette a discriminazione multipla (un tipo di discriminazione che si basa su più fattori di rischio), sono più esposte delle altre donne a tutte le forme di violenza di genere, ma anche a forme di violenza peculiari, legate alla loro disabilità, «come l’abuso farmacologico, che può consistere nel somministrare una dose maggiore o minore di farmaci o [nel] negare l’accesso a farmaci essenziali; il diniego di cure essenziali; la richiesta di prestazioni sessuali in cambio di aiuto o sostegno; la sottoposizione a sterilizzazione forzata e aborto coercitivo, pratiche che costituiscono gravi violazioni dei diritti umani» (pag. 21).
Nel testo è riportata l’analisi di tre “reati spia” della violenza di genere commessi nei confronti di donne con disabilità nel biennio 2021 e 2022: “Maltrattamenti contro familiari o conviventi” (art. 572 c.p.), “Atti persecutori” (art. 612 bis c.p.) e “Violenza sessuale” (art. 609 bis c.p.). I dati sono stati forniti dall’OSCAD, che li ha estrapolati dalla Banca dati SDI (sistema di indagine) attraverso chiavi di ricerca multiple secondo un approccio di business intelligence. È specificato che nella Banca dati in questione non esiste «un apposito campo di ricerca, ma sono state utilizzate parole chiave (come disabile, disabilità, handicap, ecc.) negli ambiti che consentono analisi testuali libere. È in fase di studio l’inserimento nello SDI di un dettaglio relativo alla categoria “vittima di reato” che contempli la disabilità unitamente al dato già presente sul genere» (nota n. 20, pag. 22, grassetti nostri nella presente citazione testuale ed in quelle successive).
È rilevato che nel periodo in esame i reati in questione, commessi anche nei confronti di minori, hanno subito una flessione: i maltrattamenti contro familiari o conviventi sono passati da 129 (di cui 37 su minori) nel 2021, a 111 (di cui 31 su minori) nel 2022; gli atti persecutori sono passati da 15 (di cui 3 su minori) nel 2021, a 9 (di cui 2 sui minori) nel 2022, ed hanno avuto come autori principalmente partner ed ex partner, ma anche da vicini o conoscenti della vittima; infine, riguardo alla volenza sessuale (anche di gruppo) erano 30 (di cui 6 sui minori) i casi del 2021, e sono scesi a 25 (di cui 5 su minori) nel 2022. In merito alla violenza sessuale, è segnalato che negli anni considerati, «sono stati registrati 27 e 24 casi, che colpiscono maggiormente le donne con disabilità di tipo cognitivo con difficoltà a riconoscere l’abuso e a denunciarlo. Nei casi di violenza sessuale su donne con disabilità fisica, invece, l’autore del reato molto spesso approfitta della difficoltà a fuggire o opporre resistenza della vittima. Sovente gli abusi sessuali vengono realizzati all’interno della famiglia o nelle strutture deputate alla cura e all’assistenza. Generalmente l’autore del reato è una persona vicina, che gode della fiducia della vittima, come un familiare, un amico, un operatore sanitario, un insegnante, un volontario o il caregiver» (pag. 22-23).
In merito ai reati online è specificato che le giovani donne vengono contattate sui social network, dove vengono «circuite e indotte a produrre materiale sessualmente esplicito. In alcuni casi si registrano richieste estorsive, anche di natura sessuale, sotto la minaccia di divulgare il materiale pornografico che ritrae la vittima» (pag. 24). Riguardo a tali reati è sottolineato come vi sia «una notevole cifra di sommerso per la difficoltà di denunciare da parte delle persone con disabilità, dovuta alla mancanza di alternative reali o percepite, alla paura di non ricevere sostegno, all’incapacità di chi riceve la richiesta d’aiuto di riconoscere quella particolare forma di violenza e documentarla in maniera adeguata. Bisogna, inoltre, considerare che la soddisfazione dei bisogni primari delle donne disabili è spesso affidata ad un’altra persona ed è proprio il timore di perdere questo supporto che pone le donne in una condizione di dipendenza e sottomissione, aumentando il rischio che le condotte violente rimangano celate» (pag. 24).
Pur riconoscendo la specifica attenzione riservata alla violenza nei confronti delle donne con disabilità prestata nel rapporto, è difficile non notare alcune “sbavature”. In particolare viene rappresentato il cartello (questa l’espressione con cui viene denominata l’immagine riportata a pagina 30) recante il numero verde di pubblica utilità per il sostegno alle vittime di violenza e stalking 1522 che le amministrazioni pubbliche devono esporre in modo visibile al pubblico, nei locali dove si erogano servizi diretti all’utenza. Ebbene, il cartello reca la scritta “Se sei vittima di violenza o stalking chiama il 1522”, nella sostanza l’espressione “chiama” veicola il messaggio che il servizio sia disponibile solo in versione telefonica, mentre esso è disponibile anche attraverso la chat, un canale che può essere più facilmente utilizzato, ad esempio, da donne con disabilità uditiva, da donne con afasia, o da donne con problemi di privacy. Sarebbe bastato scrivere “Se sei vittima di violenza o stalking contatta come vuoi il 1522”, ed avrebbero dato un’informazione corretta e inclusiva, ma non ci hanno pensato (si legga, a tal proposito, il prezioso approfondimento curato, nel 2020, da Martina Gerosa).
La mancanza di attenzione ai temi dell’accessibilità delle informazioni si rileva anche nella sintesi finale, nella parte in cui si conferma «la necessità di riservare alla violenza di genere la massima attenzione, non solo nella prevenzione e nel contrasto, ma anche nel supporto alle vittime, nell’educazione dei giovani uomini e nelle campagne informative mirate a rimuovere quegli ostacoli socio-culturali che impediscono l’affermarsi di un’effettiva parità di genere». Anche in questo caso avrebbero potuto promuovere “campagne informative accessibili a tutte le donne”, ma non l’hanno fatto.
In conclusione, se apprezziamo sinceramente che le donne con disabilità non siano state ignorate nel rapporto, ed anche che si stia studiando il modo per introdurre nello SDI un indicatore che consenta di rilevare la disabilità delle vittime dei reati in questione, al contempo auspichiamo che il tema dell’accessibilità diventi centrale nella riflessione sull’eliminazione della violenza nei confronti delle donne con disabilità. Questo perché ancora oggi, in contrasto con le disposizioni antidiscriminatorie contenute nell’articolo 4 della Convenzione di Istanbul, accade molto frequentemente che l’accesso ai servizi antiviolenza continui ad essere fortemente limitato o precluso a queste donne, giacché gli stessi servizi sono pensati ed erogati senza tener conto delle loro caratteristiche e delle loro esigenze. Non è possibile combattere efficacemente la violenza delle donne con disabilità fintantoché gli stessi servizi antiviolenza continueranno ad essere discriminanti.
Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)
Si ringrazia Silvia Cutrera per la segnalazione.
Vedi anche:
Violenza sulle donne con disabilità, il rapporto dell’OSCAD, «Informare un’h», 5 dicembre 2022.
Martina Gerosa, “Contatta come vuoi il 1522!” Questo dovrebbe essere il messaggio da dare ovunque, «Informare un’h», 24 novembre 2020.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.
Ultimo aggiornamento il 17 Marzo 2023 da Simona