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Le donne con disabilità e la ruota del potere e del controllo

di Marta Sousa, psicologa

 

Molte violenze e comportamenti abusivi nei confronti delle donne con disabilità non sono concepiti come tali né da chi li esercita, né dalle stesse donne disabili, né dalla società. Per questo motivo è quanto mai utile provare a descrivere tali pratiche in modo preciso e dettagliato. La psicologa Marta Sousa ha accettato di cimentarsi con questo difficile compito.

Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Come centro Informare un’h vorremmo che in questa giornata si parlasse anche delle discriminazioni e delle violenze subite dalle donne con disabilità. Il fatto di ignorare o disconoscere queste violenze rappresenta un’ulteriore forma di violenza. (Simona Lancioni)

 

Il tema della violenza sulle donne con disabilità è ancora abbastanza sotterraneo nelle discussioni sulla violenza che, ai giorni nostri, costituiscono una cronaca quasi quotidiana.

Per violenza si intende qualsiasi azione che provochi sofferenza fisica, sessuale o psicologica, includendo anche la sola minaccia di espletare detta azione, coercizione, o privazione arbitraria della libertà. L’Office of the High Commissioner for Human Rights (OHCHR) delle Nazioni Unite descrive la violenza come un’azione «esercitata tramite la forza fisica, la costrizione legale, la coercizione economica, l’intimidazione, la manipolazione psicologica, i raggiri e la disinformazione». La violenza sulle donne è figlia della discriminazione di genere che informa le strutture sociali, economiche e politiche. Ci sono diversi fattori che espongono le donne con disabilità (ma anche gli uomini) ad un rischio più elevato di subire violenza. In primo luogo queste persone sono ancora considerate come persone incapaci di prendere decisioni autonomamente. A ciò si aggiunga che spesso sono isolate socialmente, o che vivono in strutture residenziali. Anche quando vivono in famiglia, e i caregiver [le persone che prestano assistenza, N.d.R.] sono solitamente dei parenti stretti, ciò non esclude che siano proprio questi ultimi ad agire, talvolta inconsapevolmente, una violenza sulle persone di cui si prendono cura. Le donne disabili subiscono una doppia discriminazione, in quanto donne e in quanto disabili. Tutte le donne vittime di violenza incontrano difficoltà che spesso rendono molto problematico il riconoscimento della violenza stessa, e l’avvio di un proprio percorso di fuoriuscita da essa. Le barriere culturali, la non consapevolezza dei propri diritti e la dipendenza economica costituiscono i principali ostacoli al processo di autodeterminazione ed emancipazione delle donne vittime di violenza. Per le donne disabili, tali barriere sono ancora più forti.

La violenza sulle donne disabili resta ancora invisibile perché frequentemente essa viene considerata intrinseca alla presenza della disabilità. La doppia discriminazione pervade tutti gli aspetti delle loro vite, ed è provato come esse subiscano più atti di violenza in differenti contesti: nelle loro case o nelle strutture che le ospitano, nelle mani dei lori familiari più prossimi, caregiver o estranei, nella comunità, nelle scuole ed in altre istituzioni pubbliche e private.

La violenza è stata oggetto di numerosi studi, e, nel tentativo di descriverla, sono stati creati degli strumenti adatti a coglierne le molteplici sfumature. Uno di essi è “la ruota del potere e del controllo” sviluppata negli anni ‘80/90 all’interno di un progetto di intervento sulla violenza domestica realizzato a Duluth, nel Minnesota. La finalità della “ruota” è proprio quella di rendere le donne più capaci di riconoscere il comportamento abusivo. Un’ulteriore sviluppo di questo strumento (la “Power and control wheel: people with disability and their caregivers”) ha consentito di descrivere la violenza all’interno del rapporto tra la persona con disabilità e il suo caregiver. Partendo dalle narrazioni delle donne vittime di violenza, si è giunti ad individuare una tipologia di possibili comportamenti abusivi usati dall’aggressore per esercitare e mantenere il controllo sulla vittima. Dobbiamo tenere presente che sebbene le violenze fisiche e sessuali siano più facilmente riconoscibili e visibili, e anche quelle più raccontate dai media, molto spesso tali violenze sono l’esito di un’escalation di altri tipi di abuso che, non essendo percepiti come tali, e risultando meno facilmente individuabili, determinano una modalità di intimidazione e di controllo della relazione. Il ciclo della violenza inizia e si perpetua sempre all’interno di relazioni disfunzionali, spesso fondate su una distribuzione asimmetrica del potere, e non sulla cura ed il rispetto reciproco. Di seguito descriviamo i segmenti (gli “spicchi”) che compongono “la ruota del potere e del controllo” (riportiamo più avanti la versione inglese). Segnaliamo che, essendo stata elaborata nel contesto statunitense, alcuni aspetti presi in considerazione nella “ruota” andrebbero rivisitati ed adattati al contesto italiano. Tuttavia essa è comunque uno strumento molto interessante perché è ancora abbastanza difficile trovare descrizioni così dettagliate dei tanti modi utilizzati per esercitare un potere ed un controllo oppressivo nei confronti delle persone con disabilità.

La ruota del potere e del controllo: le persone con disabilità ed i loro caregiver

Coercizione e minacce: minacce di ferire la persona, di sospendere l’assistenza ed i diritti di base. Minaccia di porre termine al rapporto e lasciare la persona incustodita. Minaccia di un rapporto non conforme agli accordi [il testo si riferisce, presumibilmente, ai contratti per la prestazione di assistenza retribuita, N.d.R.]. Minaccia di utilizzare strumentazioni più invasive. Utilizzare l’influenza e le punizioni per ottenere obbedienza. Esercitare pressioni per coinvolgere la persona in frodi o altri crimini.

Intimidazione: alzare le mani o usare sguardi, azioni, e gesti per creare paura. Distruggere la proprietà ed abusare degli animali domestici. Maltrattare gli animali utilizzati per prestare assistenza alla persona con disabilità. Mostrare delle armi.

Prerogative del caregiver: trattare la persona disabile come un bambino, o un servo. Prendere decisioni unilaterali. Adottare un’interpretazione restrittiva del rapporto di assistenza, limitando i ruoli e le responsabilità. Fornire assistenza con modalità che accentuano la dipendenza e la vulnerabilità della persona. Dare pareri propri come se fossero della persona di cui ci si prende cura. Negare il diritto alla riservatezza. Ignorare, scoraggiare o vietare l’esercizio della piena capacità.

Isolamento: controllo dei contatti con amici, parenti e vicini di casa. Controllo dell’accesso al telefono, alla TV, alle notizie. Limitare le possibilità di lavoro vincolandola agli orari del caregiver. Scoraggiare i contatti con il case manager [la figura responsabile della gestione del progetto assistenziale relativo alla persona con disabilità, N.d.R.] o con l’avvocato.

Negare o giustificare l’abuso: negare il dolore fisico ed emotivo delle persone con disabilità. Giustificare le regole che limitano l’autonomia, la dignità e le relazioni utilizzando come pretesto l’efficienza operativa del progetto assistenziale. Giustificare l’abuso come se fosse un normale comportamento inerente la gestione o lo stress del caregiver. Attribuire l’abuso alla presenza della disabilità. Sostenere che la persona con disabilità non è una fonte attendibile nel descrivere gli abusi.

Trattenere, usare impropriamente, o ritardare il sostegno necessario: sedare la persona con disabilità, attraverso l’impiego di farmaci, al solo scopo di assecondare le esigenze del caregiver. Mancata osservanza dei requisiti di sicurezza degli ausili. Rompere gli stessi ausili o utilizzarli impropriamente. Rifiutarsi di utilizzare o distruggere i dispositivi di comunicazione adoperati dalla persona disabile. Sospendere le cure o usare dispositivi per immobilizzare la persona. Impiego di attrezzature per torturare le persone.

Abusi economici: usare la proprietà e il denaro della persona con disabilità a beneficio del caregiver. Rubare. Utilizzare beni o denaro come ricompensa o punizione al fine di condizionare il comportamento della persona disabile. Prendere decisioni finanziarie sulla base dell’esigenze dell’ente che eroga i servizi di assistenza o della famiglia del caregiver. Limitare l’accesso alle informazioni finanziarie e alle risorse determinando un inutile impoverimento della persona con disabilità.

Abuso emotivo: punire o ridicolizzare. Rifiutarsi di parlare con la persona disabile e ignorare le sue richieste. Ridicolizzare la cultura della persona con disabilità, le sue tradizioni, la sua religione ed i suoi gusti personali. Imporre un programma di trattamento di tipo comportamentale senza il consenso dalla persona con disabilità.

La versione in inglese della "Ruota del potere e del controllo" adattata alle violenze che le donne con disabilità possono subire dai loro caregiver.
La versione in inglese della “Ruota del potere e del controllo” adattata alle violenze che le donne con disabilità possono subire dai loro caregiver.

Considerazioni conclusive

Un’altra versione, elaborata sempre negli USA, de “La ruota del potere e del controllo” con illustrazioni per le persone sorde. Fonte: DeafHope.
Un’altra versione, elaborata sempre negli USA, de “La ruota del potere e del controllo” con illustrazioni per le persone sorde. Fonte: DeafHope.

Diventare più consapevoli dei comportamenti di abuso e maltrattamento può essere un primo passo per rendere più visibile un fenomeno dalle tante sfaccettature. Ma la visibilità e la consapevolezza, da sole, non sono sufficienti ad arginare la violenza. Bisognerebbe iniziare ad investire in prevenzione. Introdurre nelle scuole corsi di educazione ai generi, alla sessualità e al rispetto delle differenze. Bisognerebbe finanziare di più i centri antiviolenza, e renderli accessibili e preparati ad accogliere anche le donne con disabilità. Bisognerebbe lavorare con le persone violente per aiutarle a trovare altre modalità relazionali. Bisognerebbe fare queste e molte altre cose ancora perché la violenza sulle donne (disabili e non) non è un problema delle donne, ma di tutta la società.

 

Per approfondire

Sito dell’Associazione Frida, di Empoli (FI), che gestisce un centro antiviolenza adatto ad accogliere anche donne con disabilità.

Pagina del Gruppo donne UILDM in tema di violenza rivolta alle donne con disabilità (contiene diversi documenti).

Pagina di Disabled People’s International Italia (DPI Italia) dedicata ai progetti incentrati sulla disabilità al femminile (tra i quali segnaliamo in particolare il progetto “Disabled girls and women victims of violence. Awareness Raising Campaign and Call For Action”).

Indirizzario di centri e gruppi che si occupano di disabilità al femminile curato dal Gruppo donne UILDM.

 

Ultimo aggiornamento: 21 novembre 2013

Ultimo aggiornamento il 12 Dicembre 2017 da Simona