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L’AIPD interviene sul caso Sdrumox, la rimozione del video non basta

Tra i bersagli degli insulti abilisti del livestreamer Sdrumox (Daniele Simonetti), messi online in una video-intervista, vi erano anche le ragazze con sindrome di Down. Dunque, dopo la forte presa di posizione del Gruppo Donne della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), a cui abbiamo già dato spazio sulle nostre pagine, prende la parola anche l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Ora che il video incriminato è stato rimosso, l’Associazione chiede che i gestori dei social privino del proprio profilo gli influencer che usano un linguaggio offensivo e discriminante, e, soprattutto, propone di fare prevenzione con interventi formativi rivolti alle scuole e alle famiglie.

Una ragazza con sindrome di Down mentre utilizza un computer.

L’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) ha preferito attendere che l’onda emotiva fosse passata, prima di dire la sua sugli insulti abilisti rivolti, in occasione di una video-intervista messa online il 12 gennaio scorso, dal livestreamer Sdrumox (Daniele Simonetti) a diverse ragazze con disabilità, tra le quali anche quelle con sindrome di Down. Video che, grazie alle segnalazioni della stessa AIPD e della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), è stato rimosso dalla rete.

«Abbiamo atteso qualche giorno per intervenire nel dibattito, consapevoli che l’obiettivo di certi personaggi della rete sia proprio quello di far parlare di sé: le provocazioni e gli insulti sono funzionali a suscitare critiche per stare al centro dell’attenzione e aumentare le visualizzazioni – spiega Gianfranco Salbini, presidente dell’Associazione –. Prenderne le distanze è doveroso, in difesa delle famiglie che si sono sentite offese. E infatti l’AIPD ha prontamente segnalato il video, utilizzando gli strumenti messi a disposizione da YouTube. Ma attenzione a non essere cassa di risonanza per questi personaggi a caccia di click».
«Sappiamo da tempo che internet è un mondo virtuale con pericoli reali – continua Salbini –. Per questo bisogna informare e formare con attenzione gli utenti, soprattutto i più giovani, visto che il web fa parte della quotidianità, internet fornisce l’accesso a molti servizi e contenuti, le comunicazioni e le informazioni avvengono con rapidità nelle proprie mani o strumenti. I social network sono accessibili a tutti e ormai non c’è quasi chi non ne faccia uso: specialmente i più giovani, ne fruiscono ormai quotidianamente. È spaventoso pensare a quante migliaia di ragazze e ragazzi abbiano potuto vedere quel video, assistere a quella fiera della volgarità e dell’insulto e magari sorridere per quelle battute offensive e di pessimo gusto. Come Associazione e come famiglie di persone con sindrome di Down, questo ci ferisce e ci preoccupa profondamente».
Per arginare il fenomeno occorre riflettere sulla figura degli influencer. «La rete è ormai per molti un lavoro e una carriera, un palcoscenico con una platea spesso molto numerosa: il sogno, per tanti giovani aspiranti influencer, è di collezionare migliaia e milioni di like. A questo scopo, è spesso funzionale anche la provocazione, l’insulto, il tema o l’opinione che, nel bene o nel male, porti visualizzazioni, commenti, insomma visibilità. E per monetizzare questa visibilità, tanti sono disposti anche a calpestare la dignità delle persone, accanendosi proprio con i più deboli, trasformati in facili bersagli», riflette Salbini.
Quindi è necessario intensificare i controlli: «Innanzitutto dobbiamo proteggerli e proteggerci: per questo, chiediamo ai gestori dei social non solo di rimuovere i video e i commenti offensivi, come ora hanno fatto con il video incriminato, ma di bloccare i profili e i canali che adottano linguaggi e atteggiamenti insultanti e discriminanti: i social sono armi vere e proprie, per maneggiarli ci vorrebbe una licenza, ma se questa licenza non c’è, occorre almeno sottrarli a chi ne fa cattivo uso. Il linguaggio dei social, infatti, condiziona enormemente la crescita e il bagaglio di valori delle nuove generazioni: dobbiamo quindi vigilare e fare in modo che non siano trasmessi messaggi devianti, tramite canali che hanno tanta risonanza e penetrazione sociale, soprattutto tra i più giovani. Da un’indagine svolta da Save The Children è emerso che la percentuale di bambini tra i 6 e i 10 anni che si connette ad Internet è del 54%, per arrivare fino al 94% nella fascia di età tra i 15 ed i 17 anni».
Ma, soprattutto, occorre fare prevenzione attraverso la formazione. Conclude, infatti, Salbini: «Abbiamo bisogno di promuovere e rinforzare interventi precoci non solo in famiglia, ma nelle scuole di ogni ordine e grado, senza mai abbassare la guardia. La prevenzione è l’unica arma con cui possiamo creare e difendere un contesto sociale più dignitoso e responsabile nei confronti di tutte le persone. Perché non dimentichiamo che le persone con sindrome di Down non sono la loro sindrome: sono prima di tutto persone». (S.L.)

 

Vedi anche:

AIPD – Associazione Italiana Persone Down.

Gruppo Donne FISH, Un altro gravissimo episodio di incitamento alla violenza nei confronti delle donne con disabilità, «Informare un’h», 23 gennaio 2023.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

 

Ultimo aggiornamento il 27 Gennaio 2023 da Simona