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La storia di Fatuma e l’impegno di CBM Italia per eliminare il tracoma

CBM Italia, un’organizzazione internazionale impegnata nella salute, l’educazione, il lavoro e i diritti delle persone con disabilità nel mondo e in Italia, ha deciso di celebrare la Festa della mamma, che ricorre il prossimo 11 maggio, raccontando la storia di Fatuma, una mamma etiope colpita da tracoma, accolta e curata con successo dall’organizzazione. Malattia batterica degli occhi, il tracoma è la seconda causa di cecità in Etiopia e la principale causa infettiva di cecità nel mondo (dove colpisce 1,9 milioni di persone). Grazie alle attività di CBM Italia in tre anni sono state raggiunte oltre 200mila persone.

Un bel primo piano di Fatuma mentre sorride (foto di Marco Simoncelli).

Fatuma, 30 anni, vive in un villaggio nel cuore dell’Etiopia insieme al marito e ai loro quattro bambini. Il suo è un sorriso dolce e solare, anche mentre racconta la sua storia: «Tutto è iniziato circa 2 anni fa, sentivo prurito e mi lacrimavano sempre gli occhi. Ho cominciato a lavarmi la faccia ma senza nessun miglioramento. Poi ho provato con alcuni rimedi artigianali, ma la situazione continuava a peggiorare. Avevo gli occhi sempre rossi e gonfi. Non vedevo bene e soffrivo molto».

«Un giorno – racconta ancora la donna – per fortuna ho incontrato un’operatrice che si trovava nel mio villaggio per parlare alla comunità delle malattie agli occhi più diffuse, delle cause e dell’importanza di tenere il viso sempre pulito. Non appena mi ha vista, mi ha detto che probabilmente si trattava di tracoma e che dovevo andare subito in ospedale a farmi visitare». Fatuma viene a conoscenza della malattia durante una delle azioni di intervento e sensibilizzazione che CBM Italia organizza nei villaggi più remoti, in cui il tracoma è molto diffuso.

«Inizialmente ero un po’ restia all’idea di farmi visitare, poi mi sono fatta coraggio perché la situazione era diventata insostenibile sia per me che la mia famiglia: non riuscivo più a fare nulla, nemmeno a cucinare», ammette. Arrivata alla clinica oculistica, un infermiere oftalmico la visita e la sottopone subito all’intervento chirurgico per eliminare il tracoma. «Durante l’operazione ero un po’ agitata – spiega –, ma è durata poco ed è stato più facile di quanto pensassi. Nei giorni successivi ho continuato a prendere i medicinali che mi hanno prescritto e dopo qualche settimana stavo già meglio. Anche se ho sentito un po’ di dolore, sono davvero felice di averla fatta, perché ho ripreso a vivere davvero».

Da quando ha ricevuto le cure, Fatuma è più consapevole delle precauzioni da prendere per lei e la sua famiglia per evitare nuovi contagi: «Cerco di tenere i visi dei miei figli sempre puliti e faccio loro lavare la faccia due o tre volte al giorno». Da qualche mese però, la figlia maggiore ha cominciato ad avere prurito e rossore agli occhi: «Quando torneranno gli operatori sanitari parlerò subito con loro di mia figlia, non voglio aspettare come ho fatto in passato. Purtroppo, anche se a casa seguiamo i consigli dei medici, l’igiene è un problema di tutta la comunità, soprattutto per la mancanza di acqua pulita».

Fatuma racconta che nei villaggi il tempo per occuparsi di sé è limitato, la maggior parte delle ore si sta nei campi a lavorare, badare agli animali o curare i bambini e la casa, oltre al fatto che le persone hanno timore di sottoporsi alle cure. «È difficile convincere le persone a sottoporsi alle visite, anche se è un servizio gratuito. Non sono ancora riuscita a convincere i miei fratelli e i miei vicini di casa che continuano a lamentarsi del fastidio agli occhi. Ma non mi arrenderò, anzi continuerò a parlarne».

Il dottor Gizachew Abebe mentre visita alcune donne, in un villaggio in Etiopia, nell’ambito di un programma di sensibilizzazione contro il tracoma del CBM Italia (foto di Marco Simoncelli).

Quella di Fatuma è una delle tante storie che CBM Italia – un’organizzazione internazionale impegnata nella salute, l’educazione, il lavoro e i diritti delle persone con disabilità nel mondo e in Italia – ha raccolto in Etiopia, dove interviene con diversi progetti per combattere il tracoma, applicando la Strategia SAFE raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un acronimo le cui lettere esprimono i seguenti concetti: Surgery (chirurgia per trattare lo stadio avanzato del tracoma), Antibiotics (gli antibiotici servono per eliminare l’infezione), Facial cleanliness (pulizia e igiene del viso), Enrironmental improvement (miglioramento dell’ambiente con accesso all’acqua e ai servizi igienici).

In particolare a nord del Paese africano, CBM Italia ha avviato da tre anni il Programma inclusivo di eliminazione del tracoma nella regione di Amhara, con il sostegno della FAI (Fondation Assistance Internationale) e attraverso il partner sul territorio ORDA. Il progetto, tuttora in corso, coinvolge oltre 200mila beneficiari. Qui CBM Italia ha costruito 16 sistemi idrici – 12 pozzi e 4 sorgenti protette per permettere l’accesso diretto all’acqua pulita; i pozzi sono accessibili alle persone con disabilità grazie alla costruzione di rampe di accesso. A questo si aggiunge la formazione di operatori sanitari per identificare e trattare le persone colpite da tracoma e la distribuzione di massa dell’antibiotico a base di azitromicina, sempre in collaborazione con il Ministero della Salute locale. Completano l’intervento continue azioni di sensibilizzazione nelle comunità e nelle scuole per adottare comportamenti igienico-sanitari corretti, con particolare attenzione a donne, bambini e persone con disabilità.

L’Etiopia è uno Stato del Corno d’Africa molto popoloso (con 128,7 milioni di abitanti, secondo il dato 2023 della Banca Mondiale) e uno dei più poveri al mondo: nel 2023 secondo l’ISU (Indice di Sviluppo Umano, indicatore dell’ONU che misura il livello di benessere di un Paese) è al 175esimo posto su 191 Stati: il 29,6% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà.

I conflitti degli ultimi anni, tuttora in corso, hanno portato alla distruzione di migliaia di case e di infrastrutture come ospedali, scuole, servizi pubblici. Questa situazione, unita alla grave siccità e alle epidemie, versa l’Etiopia in una condizione di complessa crisi umanitaria, segnata da povertà socioeconomia e insicurezza alimentare. Sono 21,4 milioni le persone che necessitano di assistenza umanitaria; di queste: 16,7 milioni sono donne e bambini; 4,5 milioni sfollati; 2,1 milioni minori con disabilità: oltre 1 milione rifugiati.

Il governo etiope stima che viva in povertà il 95% delle persone con disabilità, situazione che conferma quel circolo vizioso per cui le persone con disabilità rischiano con maggiore probabilità di diventare o restare povere, e la povertà può essere causa di disabilità se viene negato l’accesso alle cure.

Con una prevalenza tra le più alte al mondo, in Etiopia si contano 1.680.000 persone cieche: la prima causa della cecità è la cataratta (49,9%), la seconda è il tracoma (11,5%). Sono percentuali elevate, dovute alla mancanza di servizi e alla scarsa cura e prevenzione delle malattie visive da parte della popolazione: basti pensare che in tutto il Paese ci sono solo 140 oftalmologi, di cui l’80% lavora nella capitale Addis Abeba.

Seconda causa di cecità in Etiopia, il tracoma è anche la principale causa infettiva di cecità nel mondo (dove colpisce 1,9 milioni di persone). È una malattia batterica degli occhi che fa parte delle Malattie Tropicali Neglette o Dimenticate, cioè antiche malattie della povertà che colpiscono chi vive in condizioni igieniche inadeguate, mancanza di acqua pulita e di servizi medici e sanitari. Il 40% di queste malattie è concentrata nell’Africa sub-sahariana e il loro nome deriva dal non essere state per molto tempo considerate nei programmi sanitari nazionali, nonostante registrino numeri alti e siano portatrici di stigma e discriminazione sociale. Oggi invece rientrano nell’Obiettivo 3 dell’Agenda ONU 2030: «Entro il 2030, porre fine alle epidemie di AIDS, TBC, malaria e malattie tropicali neglette e combattere l’epatite, le malattie trasmesse dall’acqua e altre malattie trasmissibili». Solo in Etiopia: oltre 76 milioni di persone convivono con il tracoma in ampie zone del Paese. Di queste, oltre 9 milioni sono bambini di 1-9 anni. E sono 1,3 milioni le persone che hanno la trichiasi, deviazione delle ciglia che sfregano contro il bulbo oculare, conseguenza dolorosa del tracoma che può provocare cecità. (Caterina Argirò)

 

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa CBM Italia – Le Acrobate – Caterina Argirò caterina.argiro@leacrobate.it.

 

Ultimo aggiornamento il 8 Maggio 2025 da Simona