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La legittimazione (pubblica) dell’istituzionalizzazione

Lo scorso 13 gennaio l’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo) ha pubblicato una nota informativa a commento della nomina dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità. A margine di questa nota l’Associazione ha espresso alcune osservazioni riguardo al tema dell’istituzionalizzazione. Proponiamo una lettura critica delle stesse.

Una realizzazione grafica dedicata alle differenze tra esseri umani e all’equità sociale.

Lo scorso 13 gennaio l’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo) ha pubblicato una nota informativa* a commento della nomina dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, un organo collegiale istituito con il Decreto Legislativo 20/2024, entrato in vigore dal 1° gennaio 2025. Tuttavia non sono le informazioni sulla composizione, le competenze e le prerogative dell’Autorità Garante ad attrarre la nostra attenzione, bensì le osservazioni espresse riguardo al tema dell’istituzionalizzazione nella parte conclusiva della nota.

Commentando la facoltà attribuita all’Autorità Garante di visitare, senza necessità di autorizzazione o di preavviso e con accesso illimitato ai luoghi, le strutture che erogano servizi pubblici essenziali e gli istituti, l’ANFFAS osserva: «La competenza sul tema, oggi attribuita al Garante nazionale per i diritti delle persone con disabilità, e non più per quanto riguarda le persone con disabilità e le strutture di cui esse fruiscono, solo al Garante nazionale delle persone private delle libertà personali, contribuirà a fare chiarezza su un tema di grande rilevanza, che anche in questi giorni viene da taluni riproposto con un approccio meramente ideologico e del tutto fuorviante. Far passare il messaggio che tutte le strutture semiresidenziali e residenziali siano dei luoghi nei quali, a prescindere, le persone con disabilità vengono segregate, o peggio, rappresenta un approccio frutto di pericolosi preconcetti e foriero di grandi disastri laddove questo messaggio si dovesse tradurre in pratica: le persone con disabilità, infatti, nel rispetto dell’art. 19 della Convenzione ONU [si riferisce alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, N.d.R.] hanno il diritto di poter scegliere dove come e con chi vivere, comprese le strutture semiresidenziali o residenziali, senza mai essere costrette ad una specifica sistemazione, contro la propria volontà.

ANFFAS in tale contesto ha già da tempo espresso con chiarezza la propria posizione che, oggi, viene ribadita e contrasta ogni maldestro tentativo di “generalizzata criminalizzazione” di servizi senza i quali le persone con disabilità, specie quelle a più alta complessità, non avrebbero alcuna possibilità di scegliere di poter vivere al meglio le proprie vite in luoghi adatti alle loro specifiche esigenze, ai loro desideri e alle loro aspettative.

Di contro, se qualcuno avesse evidenze di luoghi, strutture, servizi in cui le persone con disabilità vengono abusate, maltrattate, subiscono violenza o dove non vengono rispettati la propria dignità ed i propri diritti, ha il dovere di segnalarlo a chi di dovere e non “sparare nel mucchio”: anche in questo senso siamo certi che il ruolo del nuovo ufficio del Garante assumerà una funzione centrale» (formattazione nostra, quella originale è riportata fedelmente nella nota in calce; formattazione nostra anche nelle successive citazioni).

Considerazioni su quanto espresso dall’ANFFAS

L’ANFFAS afferma che accostare il concetto di segregazione alle strutture semiresidenziali e residenziali sia espressione di «un approccio frutto di pericolosi preconcetti e foriero di grandi disastri», ed a sostegno di questa tesi propone una versione alterata dell’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione ONU. Secondo l’ANFFAS, in base al citato articolo 19, le persone con disabilità «hanno il diritto di poter scegliere dove come e con chi vivere, comprese le strutture semiresidenziali o residenziali, senza mai essere costrette ad una specifica sistemazione, contro la propria volontà», peccato che quell’inciso che abbiamo messo in corsivo (comprese le strutture semiresidenziali o residenziali) non sia presente nel testo dell’articolo 19, che al comma 1, lettera (a), impegna gli Stati che hanno ratificato la Convenzione ad assicurare, tra le altre cose, che «le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione». Dalle affermazioni dell’ANFFAS sembra invece che la Convenzione ONU riconosca e promuova l’istituzionalizzazione, che esista un’istituzionalizzazione buona e che l’istituzionalizzazione sia inevitabile. Questo, semplicemente, non è vero. La Convenzione ONU promuove la deistituzionalizzazione, su questo è fondamentale essere molto chiari, e non si tratta di avere un “approccio meramente ideologico” o dei  pericolosi preconcetti” a riguardo, quanto di studiare con attenzione la Convenzione ONU, le indicazioni espresse su questo tema dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (l’organo di esperti/e indipendenti preposto a guidare gli Stati nella corretta applicazione della Convenzione stessa), ed altre fonti giuridiche e/o interpretative elaborate da diverse autorità. Tutti atti che, come vedremo di seguito, promuovono la deistituzionalizzazione.

Procedendo cronologicamente, già nel 2016, proprio il Comitato ONU, in relazione all’applicazione da parte dell’Italia della Convenzione ONU, ed in particolare dell’articolo 19, scriveva: «Il Comitato è seriamente preoccupato per la tendenza a re-istituzionalizzare le persone con disabilità e per la mancata riassegnazione di risorse economiche dagli istituti residenziali alla promozione e alla garanzia di accesso alla vita indipendente per tutte le persone con disabilità nelle loro comunità di appartenenza. Il Comitato inoltre nota con preoccupazione le conseguenze generate delle attuali politiche, ove le donne sono “costrette” a restare in famiglia per accudire i propri familiari con disabilità, invece che essere impiegate nel mercato del lavoro» (punto 47); « Il Comitato raccomanda: a) di porre in atto garanzie del mantenimento del diritto ad una vita autonoma indipendente in tutte le regioni; e, b) di reindirizzare le risorse dall’istituzionalizzazione a servizi radicati nella comunità e di aumentare il sostegno economico per consentire alle persone con disabilità di vivere in modo indipendente su tutto il territorio nazionale ed avere pari accesso a tutti i servizi, compresa l’assistenza personale»(punto 48).

Un anno dopo, nel 2017, il Comitato pubblicava il Commento generale n. 5, dedicato proprio all’applicazione dell’articolo 19 della Convenzione ONU (esso è disponibile a questo link). In esso, tra le altre cose, si legge «la vita indipendente e l’essere inclusi nella collettività si riferiscono a situazioni di vita al di fuori degli istituti residenziali di ogni tipo» (punto 16, lettera (c)).

Continuando cronologicamente, e tornando nel contesto italiano, rileviamo che la Legge 227/2021, la cosiddetta Legge Delega al Governo in materia di disabilità, all’articolo 2, comma 2, prevede esplicitamente che si debba favorire la deistituzionalizzazione e prevenire l’istituzionalizzazione.

Va poi ricordato che nel settembre 2022 il medesimo Comitato ONU ha pubblicato le Linee guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza. Riportiamo, a titolo esemplificativo, alcuni passaggi che ci sembrano particolarmente eloquenti: «L’istituzionalizzazione è una pratica discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità, contraria all’articolo 5 [Uguaglianza e non discriminazione, N.d.R.] della Convenzione. Comporta la negazione di fatto della capacità giuridica delle persone con disabilità, in violazione dell’articolo 12 [Uguale riconoscimento dinanzi alla legge, N.d.R.]. Costituisce una detenzione e una privazione della libertà basata sulla menomazione, in contrasto con l’articolo 14 [Libertà e sicurezza della persona, N.d.R.]. Gli Stati parti devono riconoscere l’istituzionalizzazione come una forma di violenza contro le persone con disabilità» (punto 6). «Gli Stati parti dovrebbero abolire tutte le forme di istituzionalizzazione, porre fine ai nuovi collocamenti in istituti e astenersi dall’investire in istituti. L’istituzionalizzazione non deve mai essere considerata una forma di protezione delle persone con disabilità o una “scelta”. L’esercizio dei diritti previsti dall’articolo 19 della Convenzione non può essere sospeso in situazioni di emergenza, comprese le emergenze sanitarie» (punto 8).

Non bastasse, il 20 novembre 2024, la Commissione Europea ha pubblicato, in forma di avviso (Commission Notice), la “Guida sulla vita indipendente e l’inclusione nella società delle persone con disabilità nel contesto dei fondi europei” (la versione originale in lingua inglese è disponibile a questo link, quella in lingua italiana, prodotta in modo automatico e dunque non verificata, a quest’altro link). Ebbene, in esse, la Commissione Europea definisce la deistituzionalizzazione (intesa come transizione dall’assistenza istituzionale alla vita indipendente e l’inclusione nella comunità) come un obiettivo dell’azione degli Stati europei a cui deve essere finalizzato l’utilizzo dei fondi europei.

C’è poi un altro passaggio del testo dell’ANFFAS denso di ambiguità. Ci riferiamo a quello in cui l’Associazione ribadisce la propria posizione di voler contrastare «ogni maldestro tentativo di “generalizzata criminalizzazione” di servizi senza i quali le persone con disabilità, specie quelle a più alta complessità, non avrebbero alcuna possibilità di scegliere di poter vivere al meglio le proprie vite in luoghi adatti alle loro specifiche esigenze, ai loro desideri e alle loro aspettative». Su questo punto è bene prestare molta attenzione, perché se è vero che vi possono essere dei casi ad elevatissima complessità che potrebbero richiedere supporti così specializzati da dover essere erogati in luoghi specifici, l’impressione è che questa, che dovrebbe configurarsi eccezione da porre in essere solo quando si sono tentate tutte le altre vie alternative all’istituzionalizzazione, venga invece utilizzata per legittimare il protrassi di un approccio istituzionalizzante – chiaramente in contrasto con la Convenzione ONU – anche per situazioni a cui si può rispondere con misure decisamente più inclusive. A parere di chi scrive, il problema è che per molte persone con disabilità l’istituzionalizzazione non è l’ultima risposta, ma la prima e unica misura prevista perché – come evidenziato dal Comitato ONU nel 2016 – in Italia persiste la tendenza a re-istituzionalizzare le persone con disabilità, e non è stata intrapresa una riassegnazione delle risorse economiche dagli istituti residenziali alla promozione e alla garanzia di accesso alla vita indipendente per tutte le persone con disabilità nelle loro comunità di appartenenza. Se l’ANFFAS lamenta la “generalizzata criminalizzazione” dell’istituzionalizzazione, a chi scrive sembra invece che sia la medesima Associazione, con quell’inciso inventato inserito nella sua descrizione dei contenuti dell’articolo 19 della Convenzione ONU, a proporre una “generalizzata (e pubblica) legittimazione” dell’istituzionalizzazione. Com’è possibile che l’ANFFAS stia legittimando così platealmente l’istituzionalizzazione quando la Convenzione ONU promuove senza ombra di dubbio la deistituzionalizzazione? A quali fonti sta facendo riferimento?

Sarà nostra premura segnalare all’ANFFAS il presente scritto, e ovviamente il Centro Informare un’h è disponibile a pubblicare sul proprio sito eventuali repliche argomentate. Tuttavia, qualora l’ANFFAS decida (legittimamente) di replicare, chiediamo alla Stessa la gentilezza di esplicitare il numero di strutture residenziali e semiresidenziali che possiede e/o gestisce perché, visto il tema trattato, riteniamo tale dato imprescindibile per un confronto trasparente.

Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)

 

 

* ANFFAS Nazionale, Autorità Garante per i diritti delle persone con disabilità, Anffas: “Una pietra miliare per garantire maggiore esigibilità dei diritti delle persone con disabilità e loro familiari”, nota pubblicata sul sito istituzionale dell’Associazione il 13 gennaio 2025, il testo originale è disponibile a questo link (visitato il 4 marzo 2025). Quello che segue è il testo della nota copiato e incollato dal sito dell’Associazione senza nessun tipo di intervento redazionale.

«L’Autorità, prevista dalla legge delega 227/21, è stata definita con il decreto attuativo n. 20 del 5 febbraio 2024. L’ufficio è stato reso operativo dal 1° gennaio 2025. Si tratta di un organismo collegiale ed autonomo amministrativamente, non sottoposto a subordinazioni gerarchiche con sede a Roma.

L’atto di nomina è stato firmato dai Presidenti di Senato e Camera chiamando a ricoprire tale importante ufficio per il prossimo quadriennio l’Avv. Maurizio Borgo, che assume anche la Presidenza, e il Prof. Francesco Vaia e il Dott. Antonio Pelagatti, che andranno a comporre l’ufficio.

Tra le principali competenze e prerogative spiccano:

  • vigilanza sul rispetto dei diritti e sulla conformità alle norme e ai princìpi stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e dagli altri trattati internazionali dei quali l’Italia è parte in materia di protezione dei diritti delle persone con disabilità, dalla Costituzione, dalle leggi dello Stato e dalle fonti subordinate nella medesima materia;
  • contrasto dei fenomeni di discriminazione diretta e indiretta o di molestie in ragione della condizione di disabilità e del rifiuto dell’accomodamento ragionevole (di cui al successivo art. 5, comma 2);
  • promozione dell’effettivo godimento dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, anche impedendo che esse siano vittime di segregazione;
  • raccolta delle segnalazioni provenienti dalle persone con disabilità, da chi le rappresenta, dai familiari e dalle associazioni e dagli enti legittimati ad agire in difesa delle persone con disabilità, individuati ai sensi dell’articolo 4 della legge 1°marzo 2006, n. 67 riguardante le misure di tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazione, essendo legittimato ad agire a tutela dei diritti delle persone con disabilità le associazioni e gli enti individuati con apposito decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
  • lo svolgere verifiche, d’ufficio o a seguito di segnalazione, sull’esistenza di fenomeni discriminatori;
  • il richiedere alle amministrazioni e ai concessionari di pubblici servizi di fornire le informazioni e i documenti necessari allo svolgimento delle funzioni di sua competenza, prevedendo che i soggetti interpellati rispondano entro 30 giorni; in caso contrario, il Garante può chiedere l’ordine di esibizione dei documenti dal Presidente del Tribunale amministrativo regionale;
  • formulazione di raccomandazioni e pareri alle amministrazioni e ai concessionari pubblici interessati sulle segnalazioni raccolte, anche in relazione a specifiche situazioni e nei confronti di singoli enti, sollecitando o proponendo, anche attraverso l’autorità di settore e di vigilanza, interventi, misure o accomodamenti ragionevoli idonei a superare le criticità;
  • promozione, attraverso rapporti di collaborazione orizzontale e verticale, della cultura del rispetto dei diritti delle persone con disabilità, mediante campagne di comunicazione e informazione, progetti, iniziative e azioni positive, in particolare nelle istituzioni scolastiche, in collaborazione con le amministrazioni competenti per materia;
  • promozione dei rapporti di collaborazione con i garanti e gli altri organismi pubblici comunque denominati a cui sono attribuite, a livello regionale o locale, specifiche competenze in relazione alla tutela dei diritti delle persone con disabilità, in modo da favorire, fatte salve le disposizioni vigenti in materia di trattamento dei dati anche sanitari, lo scambio di dati e di informazioni e un coordinamento sistematico ed efficace per assicurare l’applicazione uniforme dei principi di non discriminazione. Questa funzione dovrà essere esercitata secondo il principio di differenziazione, tenendo conto, dunque, delle differenze dei modelli di assistenza organizzati sui diversi territori;
  • in accordo con l’articolo 4.3 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, assicura forme di consultazione sui temi affrontati, sulle campagne e sulle azioni con le organizzazioni e le associazioni rappresentative delle persone con disabilità nell’ambito della tutela e della promozione dei diritti delle persone con disabilità;
  • trasmissione annuale, entro il 30 settembre di ogni anno, di una relazione sull’attività svolta alle Camere, nonché al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero all’Autorità politica delegata in materia di disabilità, vale a dire il Ministro per la disabilità;
  • facoltà di visitare, senza necessità di autorizzazione o di preavviso e con accesso illimitato ai luoghi, avvalendosi, ove necessario, della collaborazione di altri organi dello Stato, le strutture che erogano servizi pubblici essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146 e successive modificazioni e all’articolo 89, comma 2-bis, del D. L. n. 34/2020 (l.n. 77/2020);
  • facoltà di visita degli istituti di cui agli articoli 67 e 67 bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354 che detta le norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, con riferimento, rispettivamente, alla visita senza autorizzazione degli istituti penitenziari da parte di soggetti politici o dell’ordinamento giudiziario, e alla visita delle camere di sicurezza;
  • agire e resistere in giudizio a difesa delle proprie prerogative con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato;
  • competenza nel definire e diffondere codici e raccolte delle buone pratiche in materia di tutela dei diritti delle persone con disabilità nonché di modelli di accomodamento ragionevole;
  • collaborazione con gli organismi indipendenti nazionali nello svolgimento dei rispettivi compiti.

Il Garante si dovrà consultare, con cadenza almeno semestrale sull’esercizio delle proprie funzioni, con le federazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità e dovrà garantire forme di concertazione in relazione alle specifiche attività di competenza. Inoltre, dovrà operare in collaborazione e stretta sinergia con l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.

Inoltre, è importante evidenziare come la facoltà di visitare, senza necessità di autorizzazione o di preavviso e con accesso illimitato ai luoghi, le strutture che erogano servizi pubblici essenziali di cui alla l. 12 giugno 1990, n. 146 (e successive modificazioni) e all’art. 89, comma 2-bis, del D. L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020), e gli istituti di cui agli articoli 67 e 67 bis, della l. 26 luglio 1975, n. 354, conferita all’Autorità Garante per i diritti delle persone con disabilità – anche in collaborazione con il Garante delle persone private della libertà personale – sia di grande rilevanza poiché può contribuire in modo significativo a migliorare gli standard quali/quantitativi di tali importanti unità di offerta promuovendone la transizione in chiave inclusiva e, conseguentemente, contribuire a migliorare la qualità di vita delle persone che ne usufruiscono, prevendendo e contrastando anche fenomeni di segregazione, maltrattamenti ed abusi nonché agire affinché sia sempre garantito il pieno rispetto della loro dignità intrinseca ed estrinseca e sia contrastata ogni forma di discriminazione.

La competenza sul tema, oggi attribuita al Garante nazionale per i diritti delle persone con disabilità, e non più per quanto riguarda le persone con disabilità e le strutture di cui esse fruiscono, solo al Garante nazionale delle persone private delle libertà personali, contribuirà a fare chiarezza su un tema di grande rilevanza, che anche in questi giorni viene da taluni riproposto con un approccio meramente ideologico e del tutto fuorviante. Far passare il messaggio che tutte le strutture semiresidenziali e residenziali siano dei luoghi nei quali, a prescindere, le persone con disabilità vengono segregate, o peggio, rappresenta un approccio frutto di pericolosi preconcetti e foriero di grandi disastri laddove questo messaggio si dovesse tradurre in pratica: le persone con disabilità, infatti, nel rispetto dell’art. 19 della Convenzione Onu hanno il diritto di poter scegliere dove come e con chi vivere, comprese le strutture semiresidenziali o residenziali, senza mai essere costrette ad una specifica sistemazione, contro la propria volontà.

Anffas in tale contesto ha già da tempo espresso con chiarezza la propria posizione che, oggi, viene ribadita e contrasta ogni maldestro tentativo di “generalizzata criminalizzazione” di servizi senza i quali le persone con disabilità, specie quelle a più alta complessità, non avrebbero alcuna possibilità di scegliere di poter vivere al meglio le proprie vite in luoghi adatti alle loro specifiche esigenze, ai loro desideri e alle loro aspettative.

Di contro, se qualcuno avesse evidenze di luoghi, strutture, servizi in cui le persone con disabilità vengono abusate, maltrattate, subiscono violenza o dove non vengono rispettati la propria dignità ed i propri diritti, ha il dovere di segnalarlo a chi di dovere e non “sparare nel mucchio”: anche in questo senso siamo certi che il ruolo del nuovo ufficio del Garante assumerà una funzione centrale.

Al Garante Avv. Maurizio Borgo e ai componenti l’ufficio Prof. Francesco Vaia e Dott. Antonio Pelagatti vanno le congratulazioni ed un sincero augurio di buon lavoro da parte del Presidente Nazionale di Anffas Roberto Speziale e di Anffas tutta

 

Ultimo aggiornamento il 5 Marzo 2025 da Simona