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La deistituzionalizzazione e il suono delle libertà fondamentali

di Simona Lancioni*

Continua il confronto sul tema della deistituzionalizzazione. In questo nuovo contributo Simona Lancioni risponde a Giovanni Marino, presidente dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), che l’ha chiamata in causa in un testo apparso sulla testata «Superando». «Trovo inaccettabile che a chi ha un conflitto di interessi venga permesso di concorrere alla definizione delle politiche in tema di disabilità», scrive, tra le altre cose, Lancioni.

Alcune matrioske (foto di Ron Lach su Pexels).

Ho letto con attenzione le considerazioni espresse da Giovanni Marino, presidente dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), nel testo Le residenze non sono istituti, ma modelli abitativi progettati a misura dei bisogni assistenziali delle persone (pubblicato su «Superando» il 9 luglio 2025), elaborate in risposta ai miei testi Quali fondamenti giuridici avrebbe l’istituzionalizzazione? e Il linguaggio del cuore e le politiche sull’istituzionalizzazione (pubblicati su «Superando» rispettivamente il 25 giugno e il 2 luglio 2025).

Noto delle analogie tra questa replica e quella formulata da Stefania Stellino, altra esponente dell’ANGSA, ma che ha scritto a titolo personale, nel testo denominato Le sofferenze delle famiglie raccontate senza tabù, al di là degli articoli e dei commi («Superando», 1° luglio 2025), in cui ha raccontato la sua drammatica quotidianità di madre e caregiver di Nicole Daniel, due persone autistiche. Un testo nel quale, tuttavia, l’Autrice non ha saputo o voluto rispondere al quesito posto nel mio articolo del 25 giugno sulla legittimazione dell’istituzionalizzazione, preferendo invece proporre la sua testimonianza. Ne prendo atto.

Sia Stellino che Marino hanno risposto alla questione politica che io stavo ponendo – ossia chiedere lo stop alla pratica dell’istituzionalizzazione, giacché essa risulta ormai destituita da qualsiasi fondamento etico e giuridico – con attacchi personali tesi a screditarmi ed a sviare l’attenzione dalla problematica sollevata. Problematica a cui, per inciso, nessuno dei due ha risposto. Potrei allinearmi a questo registro e rispondere ad offesa con offesa, ne sarei capace (non ci vuole una grande abilità a farlo), ma questa non è la mia modalità. Pertanto preferisco utilizzare lo spazio che mi viene generosamente concesso per argomentare ulteriormente la causa che sto promuovendo. Dunque, poiché a Stellino ho già replicato col testo del 2 luglio 2025, ora rispondo a Marino.

Marino sospetta che dietro questo mio attivismo nel promuovere la causa della deistituzionalizzazione ci sia qualcosa sotto. Scrive infatti: «La nostra Associazione ha sempre e in solitudine difeso e rivendicato i diritti delle persone con autismo, e la posizione di chi scrive di non conoscere questa forma di disabilità e i suoi bisogni complessi può creare qualche legittimo sospetto». Mi dica Signor Marino, quali secondi fini potrei avere? Ho dichiarato esplicitamente di non avere alcun conflitto di interessi, neanche indiretto, riguardo al tema dell’istituzionalizzazione, e lo riconfermo senza problemi. Se non crede che sia così, può tranquillamente verificare (può farlo chiunque). Noto però che sia lei che Stellino avete omesso di dichiarare la vostra posizione in merito. Dunque, a questo punto, devo chiederle se lei, Stellino o la vostra Associazione possedete e/o gestite strutture per persone disabili – il che costituirebbe un conflitto di interessi diretto –, oppure se fate parte o avete collaborazioni con organismi che possiedono e/o gestiscono dette strutture, cosa che configurerebbe un conflitto di interessi indiretto. Lo chiedo, perché, se così fosse, questo potrebbe spiegare almeno in parte i motivi per i quali state difendendo a spada tratta la pratica dell’istituzionalizzazione, nonostante questa sia incompatibile con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità; il Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità abbia esplicitamente chiesto all’Italia di abolirla; l’utilizzo dei fondi europei sia soggetto al vincolo di dover essere finalizzato alla deistituzionalizzazione; e la stessa Legge Delega 227/2021 in materia di disabilità preveda esplicitamente che si debba favorire la deistituzionalizzazione e prevenire l’istituzionalizzazione. C’è qualcuno/a che sa individuare una buona ragione – anche solo una – per cui dovremmo sorvolare su questo complesso di dispositivi tutti orientati verso la deistituzionalizzazione? Attendo fiduciosa una risposta.

Come già Stellino, anche Marino mi attribuisce dichiarazioni inventate: «Poi arriva la responsabile del Centro Informare un H e sembra voglia cancellare tutto e costringere le persone con autismo ad essere ricoverate per mesi nei reparti psichiatrici ospedalieri, quando quella persona sarà priva di ogni assistenza e in attesa di un posto letto dovunque». Vede Marino, l’idea che l’istituzionalizzazione sia lesiva dei diritti umani delle persone con disabilità non è per niente “mia”, io mi sto limitando a far emergere l’ineludibilità di una questione che in realtà ci viene posta da tutte le autorità indipendenti che si occupano di diritti umani. Una questione che qui in Italia non viene affrontata perché è ancora largamente condiviso il pregiudizio abilista che per dare adeguati sostegni alle persone con situazioni di disabilità complesse sia necessario privarle della libertà personale. Tale pregiudizio persiste con consistenze granitiche anche tra le Associazioni che operano nel campo della disabilità. Molte di queste hanno investito in strutture e percepiscono cospicue somme di denaro pubblico, la qual cosa le induce a scambiare i propri interessi (diretti e indiretti) per buoni motivi per mantenere in vita l’istituzionalizzazione. Trovo impressionante la leggerezza con cui costoro riescono a sorvolare sulle indicazioni espresse dal Comitato ONU su questa materia. Il Comitato ONU definisce l’istituzionalizzazione come una pratica discriminatoria e violenta? Suvvia, mica parla sul serio. «Chiedere la deistituzionalizzazione è ideologico», ripetono in coro, non riuscendo a trovare argomenti migliori, e, soprattutto, sottovalutando che chi – come chi scrive – non ha alcun conflitto di interessi, non ha nemmeno alcuna ragione per farsi piacere l’idea che su questa matteria la Convenzione ONU non vada applicata. Non sto affermando che applicarla sia semplice – intendiamoci, so perfettamente che non lo è –, sto invece affermando che applicare la Convenzione ONU non è facoltativo, e questa affermazione, lungi dall’essere ideologica, si configura come espressione di uno spiccato senso di giustizia sociale.

Detto ancora più chiaramente: le persone con necessità di sostegno elevato, molto elevato e intensivo devono ricevere tutti supporti di cui hanno bisogno per vivere dignitosamente – ciò è quanto ci chiede la Convenzione ONU –, ma dobbiamo smettere di pensare che per fare questo sia necessario rinchiuderle da qualche parte, oltretutto esponendole agli ulteriori abusi e violenze che la cronaca ci propone con regolarità. È stato inoltre ampiamente documentato che la pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto sproporzionato sulle persone anziane e con disabilità ospitate nelle strutture. Dunque anche l’idea della struttura come “luogo che protegge” – idea che molti e molte ripropongono in modo del tutto acritico – si è rivelata anch’essa manifestamente infondata, e levarcela dalla mente e dal cuore è un passaggio necessario per orientare la nostra attenzione e le nostre energie verso nuove progettualità realmente rispettose dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone con disabilità.

Noto inoltre che l’ANGSA, rappresentata da Giovanni Marino, figura tra gli invitati permanenti dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità (come risulta dalla pagina sulla composizione dell’Osservatorio). E tuttavia, su questo tema, il Comitato ONU ha precisato che «Ai fornitori di servizi, agli enti di beneficenza, ai gruppi professionali e religiosi, ai sindacati e a coloro che hanno interessi finanziari o di altro tipo nel mantenere aperte le istruzioni deve essere impedito di influenzare i processi decisionali relativi alla deistituzionalizzazione» (punto 34 delle Linee guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza del 2022, grassetti miei in questa e nelle citazioni successive). Dunque, torno a chiedere: l’ANGSA e Marino hanno un conflitto di interessi diretto o indiretto riguardo al tema dell’istituzionalizzazione? Perché se così fosse, non me ne voglia l’ANGSA (non c’è proprio niente di personale), ma trovo inaccettabile che a chi ha un conflitto di interessi venga permesso di concorrere alla definizione delle politiche in tema di disabilità. E, ovviamente, il concetto si applica a chiunque si trovi ad avere un conflitto di interessi sul tema considerato. Prevengo l’obiezione: non ho alcuna ambizione personale ad entrare a far parte dell’Osservatorio.

Marino distingue tra strutture segreganti e residenze (“modelli abitativi”) per persone con disabilità che, a suo dire, non sarebbero segreganti, ma lo fa senza specificare quali elementi definirebbero le realtà di cui parla. Dunque mi permetto di fargli notare che non basta la denominazione attribuita all’alloggio per valutare la rispondenza o meno al dettato della Convenzione ONU. «Esistono alcuni elementi che definiscono un’istituzione, come l’obbligo di condividere gli assistenti con altre persone e l’assenza o la limitata influenza su chi fornisce l’assistenza; l’isolamento e la segregazione dalla vita indipendente nella comunità; la mancanza di controllo sulle decisioni quotidiane; la mancanza di scelta da parte delle persone interessate su con chi vivere; la rigidità della routine a prescindere dalla volontà e dalle preferenze personali; attività identiche nello stesso luogo per un gruppo di persone sotto una certa autorità; un approccio paternalistico nell’erogazione dei servizi; la supervisione delle modalità di vita; un numero sproporzionato di persone con disabilità nello stesso ambiente», così il Comitato ONU (punto 14 delle già menzionate Linee guida). Altre indicazioni rilevanti del Comitato sono: «L’istituzionalizzazione delle persone con disabilità si riferisce a qualsiasi detenzione basata sulla sola disabilità o in combinazione con altri motivi come “assistenza” o “trattamento”» (punto 15), e «L’assenza, la riforma o la rimozione di uno o più elementi istituzionali non può essere usata per caratterizzare un ambiente come “basato sulla comunità”» (punto 16). Pertanto, se le residenze di cui parla Marino presentano questi elementi – ad esempio, se fossero basate sulla sola disabilità –, esse non sarebbero in linea con la Convenzione ONU, nonostante egli affermi il contrario. Scrive infatti: «Le residenze non sono un istituto e non sono segreganti e non violano nessuno degli articoli citati della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità».

Nel testo sono toccati molti altri aspetti quanto meno discutibili, ma non ritengo utile stare a controbattere punto per punto. Preferisco concludere il mio contributo con una riflessione che scaturisce dal seguente passaggio del testo di Marino: «La Convenzione ONU è una legge sovranazionale, ma non è il Vangelo. E ritengo sia una stupidaggine anche la definizione di disabilità come “conseguenza di ostacoli o barriere che la società contrappone”». Credo che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ci abbia offerto un paradigma così immenso ed elevato da sembraci quasi inarrivabile. Confesso che talvolta, scorgendone le implicazioni più alte e raffinate, sperimento anch’io un senso di paura e di vertigine. Quando mi capita, si attiva dentro di me un dialogo interno tra una parte spaventata che mi dice che la Convenzione ONU è inapplicabile, e un’altra parte che ribatte che in realtà nella Convenzione ONU non c’è proprio niente di irraggiungibile, che sono solo io a non aver fatto abbastanza spazio dentro di me per contenerla tutta. Allora mi raccolgo in silenzio e lavoro sino a quando non sento che qualcosa mi risuona dentro. È il suono delle libertà fondamentali, il più bello che abbia mai sentito.

 

*Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa). L’autrice dichiara di non avere alcun conflitto di interessi, neanche indiretto, riguardo al tema dell’istituzionalizzazione.

 

Vedi anche:

Simona Lancioni, Riforma della disabilità: eliminiamo la possibilità di istituzionalizzare le persone, «Informare un’h», 20 giugno 2025.

 

Ultimo aggiornamento il 11 Luglio 2025 da Simona