di Asya Bellia e Marta Migliosi
Lo scorso 26 novembre abbiamo ospitato la lettera aperta scritta da Marta Migliosi e Asya Bellia, due attiviste disabili, per denunciare come la Manifestazione nazionale contro la violenza di genere organizzata a Roma dal movimento femminista e transfemminista Non Una Di Meno fosse inaccessibile alle persone con disabilità. Tuttavia, nonostante il documento abbia conseguito numerose adesioni, non ha ricevuto alcuna risposta da Non Una Di Meno. La qual cosa ha indotto Bellia e Migliosi a prendere nuovamente la parola per ribadire la rilevanza delle istanze politiche sollevate. Ben volentieri torniamo ad ospitarle.
Il 26 novembre, il giorno dopo la Manifestazione nazionale organizzata a Roma da Non Una Di Meno in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, abbiamo scritto una lettera aperta all’Ente organizzatore[1], ed ora, non avendo ricevuto alcuna risposta, eccoci di nuovo.
Nella lettera abbiamo evidenziato la mancanza di accessibilità della Manifestazione del 25 novembre, ed abbiamo dato voce al disagio che, in quanto donne disabili, proviamo all’interno dei Movimenti femministi a maggioranza non disabile, dai quali ci sentiamo marginalizzate. In molti di questi Movimenti la decostruzione antiabilista sembra l’ultimo dei problemi, un’etichetta da esibire senza modificare le proprie pratiche. Invitiamo quindi le sorelle di Non Una Di Meno a decostruire l’abilismo all’interno del Movimento, per mettere in pratica un Femminismo veramente intersezionale. Nella nostra lettera, tra le altre cose, abbiamo incluso anche alcuni dati sulla violenza nei confronti delle donne disabili, sorde e neurodivergenti.
A quasi una settimana dalla pubblicazione della lettera aperta, riteniamo sia importante ringraziare le tante persone, le Associazioni e le Collettive che hanno sottoscritto e condiviso la lettera [il cui elenco è pubblicato in calce al testo della stessa lettera, N.d.R.]. Ringraziamo anche le donne disabili, sorde e neurodivergenti che hanno condiviso le proprie esperienze all’interno di Non Una Di Meno e/o altri Movimenti femministi a maggioranza non disabile, sia via e-mail, sia sui social media. Il vostro sostegno e le vostre condivisioni contano davvero tantissimo. Ci fanno sentire meno sole e ci danno prova che qualcosa si è mosso.
Riteniamo sia importante sottolineare che, tra i Collettivi che hanno condiviso la lettera aperta, ci sono anche articolazioni locali di Non Una Di Meno. Spesso si tratta di realtà che hanno organizzato Manifestazioni accessibili in occasione del 25 novembre.
Posto ciò, osserviamo che l’abilismo è un sistema di potere strutturale e dominante presente nella società intera, e non solo all’interno di Non Una Di Meno. Questa considerazione è stata ampiamente condivisa anche nel corso della diretta Instagram a microfono aperto ospitata da @greenenergin sul tema “Attraversabilità degli spazi politici e autorappresentanza. Come costruire INSIEME una società anti-abilista e non violenta?”[2]. Poiché l’abilismo, il patriarcato, il razzismo e l’omobitransfobia sono sistemi di oppressione che si supportano a vicenda l’uno con l’altro, è fondamentale che qualunque Movimento che si dichiari intersezionale sia anche antiabilista, non solo negli intenti, ma anche nelle pratiche. Ed è pertanto essenziale che i Movimenti intersezionali a maggioranza non disabile siano resi accessibili alle persone disabili, sorde e neurodivergenti.
Ma ad oggi, 3 dicembre, data in cui ricorre la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, come accennato, Non Una Di Meno non ha dato alcuna risposta ufficiale alla nostra lettera aperta. Non abbiamo idea di quali siano le motivazioni dietro questo silenzio, e non intendiamo fare congetture al riguardo. Sappiamo solo che questo silenzio ci confonde e ci ferisce profondamente.
Se è vero che l’impatto di determinate azioni, parole o, in questo caso specifico, silenzi, è indipendente dalle intenzioni dell’agente, allora la nostra reazione emotiva ha un qualche valore, la nostra esistenza e ciò che ha sollevato ha un valore politico.
Il silenzio di Non Una Di Meno ci causa, innanzitutto, confusione. In questo momento, ci sentiamo un po’ come Bertha, la prima moglie di Mr Rochester, che, nel famoso romanzo di Charlotte Brontë[3], venne rinchiusa dal marito in un attico perché aveva una disabilità psichiatrica, e lì è stata lasciata ad urlare in solitudine.
Jane Eyre insegna che i corpi-mente disabili non costituiscono una minaccia di per sé. In fin dei conti (spoiler), lo stesso Mr Rochester diventa cieco alla fine del romanzo. Parafrasando quanto Robert McRuer sostiene in Teoria Crip[4], i corpi-mente disabili divengono una minaccia solo quando non sono più docili. Ossia quando le persone non disabili non sono più in grado di parlare, agire, marciare per noi e al nostro posto, perché finalmente noi troviamo la forza di prendere la parola e farci sentire.
Mischiato alla confusione, c’è il dolore. Sentiamo questa mancata risposta come un attacco alla nostra persona, al nostro senso di noi stesse, alla nostra stessa esistenza. In questo silenzio, sentiamo risuonare in noi le parole: “Voi non esistete. Se non rispondiamo, allora non ci siete davvero”. Intendiamo questo silenzio come la negazione del nostro essere, delle nostre istanze politiche, e delle nostre identità di donne disabili, tutte cose di cui, evidentemente, si ritiene di poter fare a meno.
Poi ci ricordiamo che non siamo sole, che la lettera è stata sottoscritta e condivisa da tantissime sorelle disabili, Collettive, persone compagne, e persone alleate. E ci immaginiamo, tutte insieme, ad urlare nel vuoto, nel vano tentativo di farci ascoltare da chi sembra volerci fantasmi. Accanto a noi ci sono le donne disabili vittime di femminicidio, quelle che non compaiono in nessuna delle liste stilate da Non Una Di Meno perché “tanto sono un peso”, come Rita Talamelli [si veda: Gabriella Mazzeo, Rita Talamelli strangolata dal marito, il figlio: “Mia madre provata dal disagio psichico e lasciata sola”, «Fanpage», 23 novembre 2023, N.d.R.]. Ci sono anche le donne e le bambine disabili uccise da caregivers familiari perché “la loro vita non era degna di essere vissuta” e tante, tantissime altre.
Ma noi siamo ancora qui. Siamo vive, e meritiamo di essere riconosciute, sia come persone, sia come portatrici di istanze politiche. Per tutte le bambine e le donne disabili che non ci sono più, e per quelle che verranno. Perché possano vivere in un mondo antiabilista.
[1] Marta Migliosi e Asya Bellia, Per tutte le donne, per Non Una Di Meno, oggi e in futuro, siamo meno, «Informare un’h», 26 novembre 2023.
[2] L’evento è disponibile a questo indirizzo: www.instagram.com/p/C0SYAc8om5l
[3] Brontë, Charlotte [Currer Bell, pseud.] (2011), Jane Eyre, Firenze, Giunti (opera originale pubblicata nel 1847).
[4] McRuer, Robert (2023), Teoria Crip. Segni culturali di queerness e disabilità, (V. Baldioli, B. Gusmano, M. d’Epifanio, Trans.), Odoya (opera originale pubblicata nel 2006).
Vedi anche:
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.
Ultimo aggiornamento il 3 Dicembre 2023 da Simona