Un persistente divario nell’accesso a un’occupazione di qualità, ancora più grave per le donne e i giovani, e quando il lavoro c’è, le retribuzioni sono inferiori, nonostante i costi aggiuntivi in una società di per sé discriminatoria e inaccessibile: è il quadro sconfortante dipinto dal Forum Europeo sulla Disabilità, nel suo rapporto sui diritti umani dedicato al tema del diritto al lavoro per le persone con disabilità. E tra le Raccomandazioni si chiede di continuare a fornire assegni di invalidità anche quando le persone lavorano a tempo pieno, proprio per compensare quei costi in più. *
Come segnalato nei giorni scorsi sul portale «Superando.it», proprio nell’imminenza della Festa dei Lavoratori del Primo Maggio, l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ha presentato ufficialmente il suo settimo rapporto sui diritti umani, focalizzato proprio sul tema del Diritto al lavoro (disponibile a questo link), tratteggiando ancora una volta un quadro decisamente sconfortante, rispetto al persistente divario nell’accesso a un’occupazione di qualità per le persone con disabilità. In generale, infatti, il rapporto mostra che solo il 51,3% delle persone attive in età lavorativa con disabilità nell’Unione Europea ha un lavoro retribuito, con le donne e i giovani ancor più svantaggiati (rispettivamente 49% e 47,4% con un lavoro retribuito).
Nel dettaglio dei dati prodotti, la situazione risulta particolarmente grave in Grecia e Irlanda, con meno di un terzo delle persone con disabilità impiegate, seguite da Croazia e Spagna (37 e 39%). Ma se si guarda alle donne con disabilità, si arriva addirittura al dato che in undici Paesi, meno del 20% di esse risultano occupate a tempo pieno e tra quei Paesi vi è anche l’Italia (Irlanda, Belgio, Spagna, Italia, Malta, Polonia, Ungheria, Croazia, Romania, Bulgaria e Grecia). Questo nonostante le stesse donne con disabilità siano mediamente più istruite degli uomini con disabilità.
Altro dato che fa riflettere è l’evidente divario tra i tassi di occupazione delle persone con disabilità e di quelle senza disabilità, che varia per altro in modo consistente da Paese a Paese, attestandosi quasi in 40 punti percentuali in Irlanda, 36,3 nel Belgio ne 33 in Bulgaria, con il Portogallo (18,2) all’altro lato della graduatoria.
Ma quali sono, secondo il rapporto dell’EDF, le ragioni del persistente divario occupazionale riguardante le persone con disabilità? Ne vengono individuate più di una, dalla carenza dei cosiddetti “accomodamenti ragionevoli” sui luoghi di lavoro, a discriminazioni e pregiudizi definiti come “strutturali”, oltre al difficile accesso a un’istruzione inclusiva e di qualità. Per quanto riguarda gli “accomodamenti ragionevoli” sul luogo di lavoro, nel rapporto si parla di finanziamenti e sostegni limitati, nonché di un’eccessiva burocrazia che comporta oneri notevoli sia per i datori di lavoro che per i dipendenti, oltreché di una limitata disponibilità di informazioni relative ai supporti statali: «Nonostante la Direttiva Europea sull’uguaglianza in materia di occupazione – si legge nel documento – sia in vigore dal 2000 [Direttiva 2000/78/CE, N.d.R.], non esistono linee guida per accomodamenti ragionevoli e anche richieste semplici come il passaggio al lavoro part-time vengono spesso respinte. Ciò porta a pratiche sleali, come ad esempio accaduto a Zuzana della Repubblica Ceca, che ha dovuto interrompere il lavoro a causa della mancanza di accesso all’assistenza personale».
Anche sulle discriminazioni e i pregiudizi, presenti in ogni fase – dai servizi per l’impiego durante la ricerca di un lavoro, al reclutamento e fino al momento dell’assunzione -, vengono citati esempi concreti, come quello «dell’austriaca Annika, che aveva 30 anni quando le è stato chiesto di richiedere una pensione di invalidità, poiché i servizi per l’impiego non riuscivano a pensare a dove collocarla, nonostante le sue qualifiche professionali. E Margrét, una donna islandese che lavora in un’ambasciata, riferisce che spesso i supervisori decidono di non assegnarle compiti a causa della sua disabilità, senza consultarla. Non si tratta per altro di un caso isolato: infatti, un sondaggio condotto in Germania nel 2019 ha riportato che il 58% degli intervistati e delle intervistate con disabilità ha subito discriminazioni sul lavoro».
Quando poi riescono a trovare lavoro, le persone con disabilità guadagnano decisamente meno, nonostante la necessità di far fronte ai costi aggiuntivi della vita in una società di per sé notevolmente discriminatoria e inaccessibile. «Ad esempio – viene sottolineato nel rapporto – i costi di alloggio e trasporto rappresentano un onere sproporzionatamente elevato per le persone con disabilità rispetto a quelle senza disabilità, con la necessità di attivare trasporti speciali, a causa di trasporti pubblici non accessibili, oltre a spese extra per l’assistenza personale in orari più convenienti e altro ancora». A tal proposito, l’EDF invita con forza tutti i Paesi dell’Unione Europea a continuare a fornire assegni di invalidità anche quando le persone lavorano a tempo pieno, come mezzo per compensare quei costi in più.
I riflettori, infine, vengono puntati anche sull’uso comune di quelli che vengono definiti come «modelli occupazionali dannosi» i quali, «pur essendo spesso creati con buone intenzioni, finiscono per segregare e, in alcuni casi, anche a sfruttare le persone con disabilità. Si tratta di modelli di lavoro “protetto”, con imprese che generalmente impiegano la maggior parte delle persone con disabilità in ambienti chiusi, che risultano sono particolarmente problematici, in quanto i lavoratori hanno spesso salari più bassi (a volte al di sotto del salario minimo), cattive condizioni, minori opportunità di carriera e mancanza di stabilità».
A ricapitolare i contenuti di quanto detto, sono le Raccomandazioni indirizzate dall’EDF alle varie Istituzioni pubbliche dell’Unione Europea, riassumibili sostanzialmente in tre indicazioni, vale a dire, come già detto, quella di consentire alle persone di mantenere gli assegni di invalidità durante l’esercizio di un’attività lavorativa pagata, ma anche quella di vietare la pratica di retribuire le persone con disabilità al di sotto del salario minimo, promuovendo modelli occupazionali che facilitino la transizione verso l’inclusione nel mercato del lavoro aperto; si chiede infine di promuovere pratiche efficaci per accedere ad alloggi ragionevoli e assumere persone con disabilità colpite da altre forme di emarginazione.
«Questo nostro rapporto – è il commento di Yannis Vardakastanis, presidente dell’EDF – mostra chiaramente che vi è un abisso tra le nostre esperienze in àmbito di lavoro e quelle delle persone senza disabilità. Ma l’Unione Europea e gli Stati Membri di essa non possono più continuare a escluderci. È per questo che chiediamo una precisa garanzia per l’occupazione e le competenze delle persone con disabilità, che aiuti a creare condizioni di parità».
«Avere un lavoro è fondamentale nella nostra vita – dichiara dal canto suo l’eurodeputata Katrin Langesiepen, presidente dell’Intergruppo sulla Disabilità del Parlamento Europeo e vicepresidente della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali -, ma come viene mostrato in questo prezioso rapporto del Forum Europeo sulla Disabilità, c’è un problema molto reale di persone con disabilità completamente tagliate fuori dal mercato del lavoro e una crisi parallela per coloro che riescono a trovare lavoro, ma che vengono pagati al di sotto del salario minimo, impiegati in contesti segregati e privati dei loro diritti fondamentali». (Stefano Borgato)
Per ogni ulteriore informazione e approfondimento: André Felix (Ufficio Comunicazione EDF), andre.felix@edf-feph.org; Haydn Hammersley (Coordinatore delle Politiche Sociali nell’EDF), haydn.hammersley@edf-feph.org.
* Il presente testo è già stato pubblicato su «Superando.it», il portale promosso dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.
Vedi anche:
EDF – European Disability Forum.
Ultimo aggiornamento il 28 Aprile 2023 da Simona