di Ciro Tarantino*
Riceviamo e ben volentieri diamo spazio a questa breve nota sul differimento del termine di decorrenza dell’applicazione, nell’intero territorio nazionale, della disciplina relativa ai nuovi procedimenti pubblici per le persone con disabilità elaborata da Ciro Tarantino, professore di Sociologia del diritto presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa. Come il suo Autore, anche noi auspichiamo che essa diventi occasione per un confronto pubblico.
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Il 5 febbraio 2025 si è riunito l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Nell’occasione – come si legge sul sito dell’Osservatorio – il Ministro per le disabilità ha dichiarato che «la sperimentazione della riforma iniziata nelle nove province individuate continua il percorso di semplificazione e sburocratizzazione ed è un’opportunità unica per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Dobbiamo proseguire uniti e convinti in questa direzione. Il cambiamento è iniziato e indietro non si torna. Non ci saranno intoppi burocratici o rallentamenti che ci potranno fermare, ma solo un grande lavoro da parte di tutti per risolvere i problemi e superare le difficoltà». Il Ministro ha poi ricordato l’appuntamento degli Special Olympics Winter Games in programma a Torino dall’8 al 15 marzo e ha annunciato che il tema dell’inclusione e delle persone «sarà presente nel tour mediterraneo della nave Amerigo Vespucci in ogni tappa». Nel corso della riunione è stata presentata – prosegue il comunicato – l’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità ed è intervenuto il presidente dell’Autorità; successivamente la presidente del Comitato italiano per l’UNICEF ha illustrato la traduzione italiana del Commento generale n. 9 del Comitato ONU sui diritti dell’Infanzia, Luigi Colombo ha presentato il Festival del Cinema Nuovo che si tiene a Bergamo e il Cav. Camillo Galluccio illustrato il “3° Festival Nazionale dello sport per bambini e ragazzi”. Al termine, il Ministro ha introdotto la giornata formativa sulla riforma della disabilità e sulla sperimentazione dedicata all’Osservatorio.
Non risulta, però, che a margine dell’annuncio di questi prossimi e meritori appuntamenti l’Osservatorio sia stato informato del fatto che l’applicazione su tutto il territorio nazionale delle misure previste dal decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 (valutazione di base, valutazione multidimensionale, progetto di vita, budget di progetto…) sarebbe stata differita al 1° gennaio 2027; di fatto, un secondo differimento temporale, dato che il decreto legislativo n. 62, entrato in vigore il 30 giugno 2024, aveva già previsto la sua applicazione su tutto il territorio nazionale solo al 1° gennaio 2026. Per inciso, decisione, quest’ultima, non prevista dalla legge di delegazione 227/2021, così come non era contemplata una fase di sperimentazione.
In effetti, però, un emendamento proposto al Senato al disegno di legge di “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, recante disposizioni urgenti in materia di termini normativi” (disegno di legge di conversione del cosiddetto decreto “milleproroghe”), ha previsto, per l’appunto, lo slittamento al 2027 dell’applicazione della riforma (introducendo l’art. 19-quater nel disegno di legge).
Il disegno di legge di conversione è stato già approvato, con voto di fiducia, al Senato il 13 febbraio 2025 e, con tutta probabilità, sarà approvato nelle prossime ore con le stesse modalità alla Camera dei Deputati.
L’emendamento doveva essere in gestazione da tempo (dato che non è pensabile che un atto di tale portata non sia stato l’esito di lunga e attenta valutazione) e vede chiaramente la matrice o il placet governativo, sia perché presentato dai relatori di maggioranza del provvedimento, sia perché prevede scelte che impegnano la discrezionalità amministrativa dei ministeri – quali l’individuazione di nuove province sperimentali –, decisioni che devono essere state ragionevolmente concordate quantomeno col Ministro per le disabilità e, per gli atti regolamentari susseguenti a cui si fa riferimento nel comma 3 dell’articolo 19-quater, anche con quello della Salute e con quello del Lavoro e delle Politiche sociali. D’altronde, se così non fosse, sarebbero di certo state violate le regole minima di correttezza procedurale interne a una maggioranza di governo, ma i ministri interessati ne avrebbero potuto chiedere il ritiro in più modi e occasioni.
Comunque sia, per l’impatto che la materia ha nelle vite concrete delle persone con disabilità, non vorrei che questa vicenda si riducesse a una piccola questione di disfunzioni procedurali o a una mera questione tecnica risolta senza clamore innestandola discretamente nelle pieghe di un provvedimento che si occupa di una gran mole di temi diversi. Ritengo, invece, che la vicenda interroghi lo statuto di cittadinanza reale delle persone con disabilità, dei loro familiari e dei caregiver. E, nelle vite soggette a processi di disabilitazione, gli anni si contano su di un calendario particolare in cui un anno pesa molto più di dodici mesi.
Elenco, allora, in ordine sparso, le prime domande che la vicenda mi suscita e che mi piacerebbe fossero un primo stimolo a un dibattito pubblico.
In primo luogo – a parte il fatto che tutta la questione della sperimentazione meriterebbe un confronto aperto nel mondo della disabilità, perché ancora non mi è chiaro perché per le cittadine e i cittadini le leggi si applicano e per le cittadine e i cittadini con disabilità le leggi si sperimentano –, questo ulteriore differimento dei termini di applicazione è stato discusso con la comunità delle persone con disabilità e con i suoi rappresentanti? Se non nell’Osservatorio, la discussione è stata quantomeno fatta in altre sedi e con altre modalità? Chi ha preso parte al confronto e su quali basi informative e documentali?
In secondo luogo, non sarebbe stato etico da parte dell’autorità politica delegata informare preventivamente e pubblicamente (per esempio tramite i sempre attivi canali social) la comunità nazionale delle persone e delle famiglie con disabilità di una scelta così gravosa, almeno con lo stesso anticipo e la stessa solerzia con la quale la si informa dei festival prossimi venturi? Cioè, non meritava di essere condiviso e spiegato un provvedimento che necessariamente frustra – ancora una volta – le legittime attese delle persone e delle famiglie con disabilità che da mesi sono immerse nella narrazione di «una rivoluzione culturale civile» in corso, secondo la formula impiegata il 15 aprile 2024 dalla ministra? Non sarebbe stato opportuno annunciare che la rivoluzione era in ritardo? Anche solo un post del tipo: «Si comunica che la rivoluzione culturale e civile programmata per il 30 giugno 2024, procrastinata per motivi tecnici al 1° gennaio 2026, è ulteriormente posticipata al 1° gennaio 2027. Ci scusiamo per il disagio».
E, ancora, non è che questa situazione deve essere posta all’attenzione degli organismi internazionali di monitoraggio del PNRR? Dato che la legge di delega 227/2021 e i suoi strumenti di attuazione (come il d.lgs. 62/2024) discendono dal PNRR, non è che l’Italia con queste dilazioni sta rispettando solo formalmente le scadenze previste dal PNRR, mentre non sta raggiungendo in maniera sostanziale gli obiettivi previsti?
Ma, soprattutto, le persone con disabilità non hanno diritto di sapere le ragioni che hanno indotto questo differimento? Non hanno diritto di sapere che cosa ha alterato l’iter attuativo del decreto legislativo 62/2024? Non meriterebbero di sapere a chi è imputabile questa sospensione dei loro diritti attesi? Il fatto che si redigano carte, come quella Solfagnano in occasione del G7, non significa che i diritti delle persone con disabilità siano di carta.
Che cosa, insomma, non ha funzionato nelle previsioni ministeriali? Ci sono ministeri in ritardo? Ci sono, forse, atti ministeriali propedeutici ai processi valutativi ancora non predisposti dai ministeri competenti? Oppure si è ritenuto che i medici non fossero ancora in grado di applicare i nuovi sistemi di valutazione di base? O si sono valutati inadeguati alle nuove funzioni gli assistenti sociali? E, nel caso, i rispettivi ordini hanno fatto pervenire pareri e documentazioni di questo tenore? Infine, la formazione ministeriale è stata sufficiente e adeguata?
Rispondere a queste domande servirebbe almeno a capire cosa inceppa il processo di inclusione democratica delle persone con disabilità, e da lì ripartire per superare ostacoli e resistenze in un’alleanza trasparente fra cittadini e istituzioni. L’alternativa di far entrare in vigore delle leggi e poi farle galleggiare nel limbo della non applicazione o dell’applicazione a macchia di leopardo e sperimentale significa, invece, creare per le persone con disabilità un circuito di cittadinanza differenziale che stride con la nostra Costituzione e con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Queste, allora, sono solo le prime domande su cui, volendo, si potrebbe aprire un confronto pubblico per evitare in futuro nuove fratture nella cittadinanza democratica e nella cultura giuridica. Penso che non discutere di questa vicenda aggiunga alla frustrazione una profonda lesione alla dignità delle persone con disabilità che vengono così ridotte a uno stato infantile che speravamo superato da tempo. Come nei peggiori asili di un tempo, le si tiene a giocare al gioco del silenzio. Ma le persone con disabilità e i loro familiari hanno ancora voglia di giocare al gioco del silenzio?
* Professore di Sociologia del diritto presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa.
Ultimo aggiornamento il 19 Febbraio 2025 da Simona