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I profili di incostituzionalità del trattamento sanitario obbligatorio

Nel 2024 la Corte di Cassazione aveva sollevato rilevanti questioni di legittimità costituzionale in merito alla disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Ora, con una Sentenza del 5 maggio scorso, la Corte Costituzionale ha accolto alcuni dei rilevi esplicitati ed ha dichiarato illegittimo l’art. 35 della Legge 833/1978 perché l’omessa previsione della comunicazione del provvedimento del sindaco e della notificazione del decreto di convalida del giudice tutelare alla persona interessata o al suo legale rappresentante, nonché l’omessa previsione dell’audizione dello stesso interessato prima della convalida determinano la violazione degli articoli 13, 24, 32 e 111 della Costituzione.

Il Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale, a Roma.

Come abbiamo già avuto modo di riferire (se ne legga a questo link), con l’Ordinanza n. 207 del 9 settembre 2024, la prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha sollevato rilevanti questioni di legittimità costituzionale in merito alla disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (TSO). In particolare, l’Ordinanza evidenziava come l’attuale normativa sul TSO, basata sugli articoli 33, 34 e 35 della Legge 833/1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), fosse carente nel garantire il diritto all’informazione tempestiva e alla partecipazione attiva nei processi decisionali della persona che viene sottoposta a tale misura. Per la Suprema Corte tali lacune, andando a comprimere il diritto di autodeterminazione e di difesa del diretto interessato, espongono lo stesso al rischio di restrizioni arbitrarie della libertà personale.

Ebbene, con la Sentenza n. 76 del 5 maggio 2025 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 35 della menzionata Legge 833/1978 perché l’omessa previsione della comunicazione del provvedimento del sindaco e della notificazione del decreto di convalida del giudice tutelare alla persona interessata o al suo legale rappresentante, nonché l’omessa previsione dell’audizione dello stesso interessato prima della convalida determinano la violazione degli articoli 13, 24, 32 e 111 della Costituzione. Si tratta di una Sentenza importantissima, si cui auspichiamo la massima diffusione. Di seguito evidenziamo alcuni degli elementi più salienti del pronunciamento della Corte Costituzionale.

La questione di costituzionalità è stata posta in via incidentale dalla Corte di Cassazione nell’àmbito di un giudizio avente a oggetto il decreto del 18 gennaio 2021, con il quale il giudice tutelare del Tribunale ordinario di Caltanissetta aveva convalidato un trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, disposto dal sindaco di Caltanissetta, e impugnato il 19 febbraio 2021 dalla donna che vi era stata sottoposta ai sensi dell’art. 35 della Legge 833/1978. Sia il Tribunale ordinario che la Corte d’Appello di Caltanissetta avevano rigettato il ricorso ritenendo sussistenti le condizioni per attuare il TSO. Tuttavia, una volta che il procedimento è giunto presso la Corte di Cassazione, è la stessa Corte a riferire come sia stata la Procura generale a chiedere, in via principale, il rigetto del ricorso e, in via subordinata, che venisse sollevata la questione di legittimità costituzionale in ordine alla disciplina dei trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera.

In particolare, per ciò che attiene alla salute mentale, la Corte di Cassazione ha osservato che l’originario pregiudizio di pericolosità sotteso alla Legge 36/1904 (Disposizioni sui manicomi e sugli alienati) sarebbe stato superato dalla Legge 180/1978 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori), la cosiddetta Legge Basaglia, per cui oggi la misura di sicurezza non si applicherebbe per un generico pregiudizio, ma solo quando il soggetto abbia commesso un fatto costituente oggettivamente reato e vi sia una valutazione, anche prognostica, di pericolosità sociale, con eventuale applicazione del ricovero presso una Residenza per l’Esecuzione di una Misura di Sicurezza (REMS) disposto anche a tutela della collettività. Di contro, la persona con malattia mentale non dovrebbe essere isolata dalla società in ragione della sua patologia, giacché il nostro ordinamento ne favorisce la presa in carico da parte dei servizi territoriali di salute mentale e il suo reinserimento nel mondo del lavoro. Dunque, dal quadro delineato, emerge come il TSO sia finalizzato solo alla tutela della salute del paziente e non alla difesa sociale.

Nell’esporre le proprie motivazioni, la Corte di Cassazione richiama, tra gli altri atti, anche il Rapporto periodico adottato nel 2023 nei confronti dell’Italia dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti disumani e degradanti (CPT) del Consiglio d’Europa  (Rapporto disponibile, in lingua inglese, a questo link). Secondo il CPT il procedimento di applicazione del TSO seguirebbe un formato standardizzato e ripetitivo, nel quale il giudice tutelare non incontrerebbe mai i pazienti di persona ed essi rimarrebbero disinformati sul loro status legale. Viene inoltre segnalato come l’importanza dell’audizione diretta del paziente da parte del giudice tutelare sia stata sottolineata anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (si veda la Decisione dell’8 ottobre 2013, Azenabor contro Italia, Sezione Seconda della Corte EDU).

Dal canto suo la Corte Costituzionale, prima di entrare nel merito delle questioni sollevate, ha proposto una breve ricostruzione della disciplina legislativa del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera e del suo inquadramento nel sistema delle garanzie costituzionali. In questa ricostruzione è evidenziato come la Legge 180/1978, disponendo la chiusura dei manicomi, ha segnato il passaggio da una visione custodialista, finalizzata alla difesa sociale, a una visione volta alla cura della persona interessata da disabilità psichica, costituendo una tappa fondamentale del cambiamento di paradigma culturale, scientifico e normativo nel trattamento della salute mentale e contribuendo al riconoscimento, anche in favore delle persone interessate da disabilità mentale, della pienezza dei diritti costituzionali. Inoltre, il secondo comma dell’articolo 33 della Legge 833/1978 stabilisce che i TSO si svolgono «nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura».

La stessa Corte Costituzionale, in un precedente pronunciamento (Sentenza n. 22 del 2022), ha affermato che gli articoli 13 e 32, secondo comma, della Costituzione, unitamente all’articolo 2 della Costituzione, che tutela i diritti involabili della persona, tra cui la sua integrità psicofisica, esigono che il legislatore preveda trattamenti sanitari coattivi in chiave di extrema ratio ed entro i limiti della proporzionalità in rapporto alle necessità terapeutiche e al rispetto della dignità della persona. A ciò si aggiunga che il requisito della ricerca del consenso fino a dove è possibile, già presente nella Legge Basaglia e poi nella Legge 833/1978, risulta oggi ulteriormente rafforzato dalla Legge 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), che ha affermato, rispetto alla generalità dei trattamenti medici, la necessità, di regola, del consenso libero e informato del paziente maturato in seno all’alleanza terapeutica con il medico.

Nell’evidenziare che il TSO trova giustificazione solo nella cura della persona interessata, la Corte Costituzionale fa presente che nel nostro ordinamento esistono altri istituti che presuppongono la pericolosità sociale della persona interessata da infermità mentale e che sono finalizzati anche alla protezione dell’incolumità e dei diritti costituzionali di terzi, quali le misure di sicurezza, e, in particolare, l’assegnazione alle REMS.

La Corte Costituzionale osserva anche come, nonostante la discrezionalità accordata al legislatore nel modulare le forme di tutela giurisdizionale, l’art. 35 della Legge 833/1978 determini una significativa compressione del diritto di difesa e al contraddittorio, cioè dei contenuti minimi della tutela giurisdizionale. Tale compressione assume particolare rilievo perché attiene a provvedimenti amministrativi adottati in assenza del consenso dell’interessato, in violazione del principio di libertà di cura, e incidenti sulla sua libertà fisica, quindi sul nucleo primario della protezione costituzionale della libertà personale. Questo comporta che «proprio il soggetto nel cui interesse il provvedimento coattivo è adottato non è messo in condizione di conoscerlo ed è escluso dal relativo procedimento di convalida giurisdizionale». La Corte precisa anche che «Il diritto di ricevere comunicazione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale non è inficiato dalla condizione di alterazione psichica in cui versa la persona sottoposta a trattamento sanitario coattivo». Questo perché la giurisprudenza di legittimità ha affrontato questi aspetti rilevando come la realtà clinica suggerisca che possano esistere degli spazi di autonomia e libertà decisionale residui anche in pazienti sottoposti a TSO, ed «osservando come nella prassi debbano operare approcci multidimensionali, volti alla valutazione caso per caso, nel singolo paziente, della capacità a prestare il consenso». Non solo, la Corte Costituzionale chiarisce molto bene che «è certamente escluso che le persone, soltanto perché affette da infermità fisica o psichica, siano per ciò stesso private dei diritti costituzionali, compreso il diritto di agire e di difendersi in giudizio».

Richiamare la centralità del diritto della persona di essere sentita prima dell’adozione di provvedimenti che la riguardano anche in relazione al TSO si pone in linea con i diritti sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, approvata dall’Assemblea generale nel 2006 e recepita in Italia con la Legge 18/2009.

In conclusione, poiché l’omessa previsione della comunicazione del provvedimento sindacale e della notificazione del decreto di convalida alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente, nonché l’omessa previsione dell’audizione della stessa persona interessata prima della convalida determinano la violazione degli articoli 13, 24, 32 e 111 della Costituzione, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 35 della Legge 833/1978 nella parte in cui non prevede:
– al primo comma, dopo le parole «deve essere», le parole «comunicato alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente, e»;
– al secondo comma, dopo le parole «assunte le informazioni», le parole «, sentita la persona interessata»; e dopo le parole «ne dà comunicazione al sindaco», le parole «e ne dispone la notificazione alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente»;
– al quarto comma, dopo le parole «ne dà comunicazione», le parole «alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente, e».

Quanto esposto induce a ritenere che per una corretta applicazione della Sentenza della Corte Costituzionale sia necessario e auspicabile un tempestivo intervento legislativo di riformulazione dell’articolo 35 che recepisca le indicazioni della Corte. Possiamo tuttavia notare che la Sentenza non si è spinta sino a decretare l’incostituzionalità dello stesso istituito del trattamento sanitario obbligatorio, che potrà dunque continuare ad essere praticato, sebbene con una procedura che riduce la discrezionalità dei soggetti legittimati a disporlo. Rimane pertanto in piedi il quesito – etico e politico, prima ancora che giuridico – se, anche alla luce del paradigma delineato dalla citata Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, sia legittimo che la salute del singolo individuo – qualunque individuo – possa essere promossa e tutelata anche con metodi coercitivi(Simona Lancioni)

 

Nota: tutti i grassetti nelle citazioni testuali sono un intervento redazionale.

Ringraziamo Bruna Bellotti per la segnalazione.

Segnalazione: l’Associazione Diritti alla Follia, che già dal 2017 aveva denunciava l’incostituzionalità della disciplina del TSO, ha accolto con soddisfazione la Sentenza della Corte Costituzionale n. 76 del 5 maggio 2025, ed ha dedicato all’approfondimento della stessa una puntata della propria rubrica online, «Il Diritto Fragile», nella quale sono stati coinvolti attivisti, avvocati, medici e testimoni. Si tratta della puntata n. 223 del 2 giugno 2025, visibile sul canale YouTube dell’Associazione a questo link (lunghezza del filmato: 1:33:19 minuti).

 

Vedi anche:

Associazione Diritti alla Follia, Corte Suprema di Cassazione: è urgente riformare la disciplina dei trattamenti sanitari obbligatori, «Informare un’h», 12 settembre 2025.

Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema della “Tutela giuridica”.

 

Ultimo aggiornamento il 4 Giugno 2025 da Simona