Pochi giorni orsono è stata pubblicata la relazione del Ministero della Salute sull’applicazione delle disposizioni per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva con i dati relativi all’anno 2020. Da essa risulta che il 18,6% della popolazione dai 15 anni in su è interessato da disabilità visive più o meno gravi. Che a livello regionale la distribuzione dei Centri per la riabilitazione visiva è disomogenea, e che c’è stata una progressiva riduzione del loro numero. Che nel 2020, a causa della pandemia da Covid-19, c’è stato un calo netto di -32,3% delle persone assistite rispetto all’anno precedente.
Se oggi in Italia si è affermata una cultura della prevenzione e della riabilitazione nel campo delle disabilità visive si deve alla Legge 284/1997, che, appunto, contiene le “Disposizioni per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva e l’integrazione sociale e riabilitativa dei ciechi pluriminorati”. Lo stato di attuazione di questa norma è soggetto a verifica da parte del Ministero della Salute, che produce una relazione annuale. Il 30 gennaio 2024 è stata resa pubblica quella con i dati del 2020 (ed è disponibile a questo link).
«Lo Stato italiano riconosce l’efficacia della prevenzione e della riabilitazione visiva destinando finanziamenti specifici per le attività dei Centri di educazione e riabilitazione visiva delle Regioni e per le attività istituzionali della Sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità (sottoposta alla vigilanza del Ministero della Salute), presso cui opera dal 2007 il Polo nazionale di servizi e ricerca per la prevenzione della cecità e la riabilitazione visiva degli ipovedenti, che è stato individuato Centro di collaborazione OMS [Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.] per la prevenzione della cecità e la riabilitazione visiva», si legge nella Presentazione (pag. 4, grassetti nostri, in questa e nelle successive citazioni testuali).
Il Ministero nota che nonostante l’aumento della sensibilità collettiva su questi temi, l’impatto psicosociale della cecità e dell’ipovisione risulta ancora molto rilevante, considerate le notevoli interferenze di questo tipo di disabilità con numerose aree dello sviluppo, dell’apprendimento e dell’autonomia dell’individuo. A ciò si aggiunga che a livello regionale si evidenzia ancora una distribuzione territoriale dell’offerta di servizi disomogenea, e che l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19 ha fortemente condizionato l’attività dei Centri di riabilitazione visiva, comportando una riduzione del numero di pazienti trattati e delle prestazioni erogate.
Questi alcuni dei dati contenuti nella relazione sulla situazione italiana che, è specificato, presenta cifre in linea con l’Unione Europea: «l’1,9% delle persone dai 15 anni in su soffre di gravi limitazioni sul piano visivo. Questa percentuale sale al 5,0% tra gli chi ha più di 65 anni e all’8,0% tra chi ha più di 75 anni. Per quanto riguarda le limitazioni moderate nella vista, ne soffre il 16,7% della popolazione (il 28,8% di chi ha più di 65 anni e il 33,9% di chi ha più di 75 anni). Dunque, se si sommano le limitazioni visive moderate a quelle gravi, complessivamente ne soffre il 18,6% della popolazione, percentuale che sale al 33,8% tra gli ultrasessantacinquenni e al 41,9% tra gli ultrasettantacinquenni» (pag. 7).
In merito alle persone con ipovisione, il Ministero osserva che il loro numero «è in aumento per molteplici cause, tra cui, in particolare per quanto riguarda il nostro Paese, il progressivo aumento della speranza di vita (escludendo la flessione registrata nel 2020 a causa della pandemia da Covid-19), che ha portato a una maggiore diffusione di malattie oculari legate all’invecchiamento, quali la degenerazione maculare legata all’età, il glaucoma, la cataratta, patologie vascolari retiniche. Hanno influito anche i grandi progressi scientifici e tecnologici dell’oftalmologia registrati negli ultimi decenni, che hanno portato ad una riduzione dei pazienti destinati alla cecità, ma che, contemporaneamente, hanno determinato un incremento dei soggetti con residuo visivo parziale, insufficiente a garantire il mantenimento di una completa autonomia. Inoltre, la migliorata assistenza neonatologica ha aumentato la prevalenza di patologie legate alla prematurità» (pag. 7-8).
La considerazione che «tanto più è precoce l’identificazione delle cause di danno funzionale o di ostacolo alla maturazione, tanto più aumenta la possibilità di trattamento o di efficaci provvedimenti riabilitativi» (pag. 8), va a scontrarsi con i dati sul censimento dei Centri regionali: «I centri segnalati dalle Regioni sul territorio nazionale per l’anno 2020 sono 50. Nel corso degli anni si è verificata una progressiva riduzione del numero dei centri» (pag. 46). La Regione che presenta il numero maggiore dei Centri in termini assoluti è la Lombardia (15). Mentre, a partire dal 2018, la Regione Basilicata ha sospeso l’attività di prevenzione e riabilitazione visiva sul territorio regionale per criticità organizzative connesse al reclutamento del personale. Le Regioni Molise e Sicilia (quest’ultima per il secondo anno consecutivo) non hanno trasmesso i dati sull’attività dei Centri di riabilitazione visiva al Ministero. La Regione Puglia, che aveva quattro Centri attivi nel 2019, ora dichiara di averne attivo solo uno. In merito alla distribuzione dei Centri di riabilitazione visiva rispetto al numero di abitanti è evidenziato «che diverse Regioni hanno un elevato numero di centri rispetto alla popolazione residente; in particolare, alcune delle Regioni meno popolose hanno comunque un centro di riabilitazione visiva (ad esempio la Valle d’Aosta) o più di uno (ad esempio l’Abruzzo)» (pag. 46).
Nell’anno 2020 non si è ridotto solo il numero dei Centri riabilitazione visiva, anche la loro attività si è ridimensionata a causa della pandemia da Covid-19, con un calo netto di -32,3% delle persone assistite rispetto all’anno precedente (17.634 pazienti nel 2020 rispetto a 26.063 pazienti nel 2019). Entrando nel merito delle distribuzioni dei/delle pazienti per fasce di età, il Ministero specifica che «complessivamente i pazienti seguiti in età pediatrica sono 4.651, in diminuzione rispetto al 2019, quando erano 6.930. Questa diminuzione è in linea con la diminuzione del numero di pazienti nella popolazione generale, in quanto la percentuale di pazienti di età 0-18 anni è rimasta stabile (26,6% del totale nel 2019 e 26,4% nel 2020). I disabili visivi pediatrici sono una minoranza rispetto al gran numero degli anziani, tuttavia il loro processo riabilitativo costituisce un impegno ed un onere maggiore. Nel 2020 i pazienti seguiti di età superiore ai 65 anni, la fascia d’età più interessata dai disturbi visivi in termini di prevalenza, sono stati 7.995 (il 45,3% del totale), in calo in termini assoluti rispetto al 2019, quando erano 11.679 (44,8% del totale)» (pag.51). (S.L.)
Testo di riferimento:
Italia. Ministero della Salute, Relazione del ministro della Salute sullo stato di attuazione delle politiche inerenti la prevenzione della cecità, l’educazione e la riabilitazione visiva (legge 284/97) – Dati 2020, marzo 2023.
Ultimo aggiornamento il 8 Febbraio 2024 da Simona