Si intitola “Fine Vita: una questione ancora aperta”, il primo di una serie di eventi formativi gratuiti rivolti dall’ Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica ai professionisti e agli operatori sanitari. Esso si è svolto a Palermo, ed ha coinvolto prestigiosi ospiti in àmbito sanitario, scientifico e teologico in una riflessione sulle cure palliative come pratica per alleviare la sofferenza fisica, psicologica ed esistenziale della persona, in risposta ai bisogni complessi che le persone con SLA e le loro famiglie devono affrontare.
Nella suggestiva cornice della Sala del Trionfo di Diana di Palazzo Sant’Elia, a Palermo, l’evento formativo “Fine Vita: una questione ancora aperta”, tenutosi ieri, 25 maggio, ha aperto il dibattito sui temi, sempre più attuali, del diritto alla salute e della dignità umana. Si tratta del primo appuntamento della Road Map dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), l’evento è parte del mese dedicato alla formazione ECM gratuita promossa dall’Associazione, rivolta ai professionisti e agli operatori sanitari.
La SLA (sclerosi laterale amiotrofica) è una malattia che pone la persona di fronte a scelte esistenziali, un vero paradigma della complessità assistenziale. Lì dove la Vita e la sua qualità sono l’obiettivo verso cui tendere, in un’ottica “neuropalliative care”, l’Associazione supporta convintamente la cooperazione tra i professionisti della cura affinché l’area medica possa assolvere in modo appropriato al suo ruolo. In questa logica, la figura del medico palliativista è quella figura specialistica con le adeguate competenze per supportare le famiglie nell’affrontare situazioni complesse, quali manifestazioni comportamentali destruenti, quadri di demenza frontotemporale, revoche di consenso informato e problematiche sintomatologiche difficili. Il convegno, si è svolto sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, e col patrocinio della Regione Siciliana, del Comune di Palermo, dell’Università degli Studi di Palermo e della Fondazione Sant’Elia.
«La SLA è una malattia terribile che colpisce le persone senza pietà, portando con sé sfide incommensurabili. Ed è in queste circostanze che dobbiamo dimostrare la nostra responsabilità – hanno dichiarato Fulvia Massimelli e Michele La Pusata, rispettivamente presidente e vicepresidente nazionali dell’AISLA, che continuano –. Responsabilità nel continuare le nostre azioni nella sensibilizzazione, nell’educazione, per far sì che le persone comprendano meglio questa malattia, superando i pregiudizi e gli stereotipi che possono creare barriere sociali. Insieme, dobbiamo costruire una società inclusiva, dove ogni individuo, indipendentemente dalla sua condizione, possa vivere una vita dignitosa e felice».
Ci si chiede, dunque, quale sia una cura, lì dove la Ricerca, seppur con grandi passi in avanti, non abbia ancora fornito risposte risolutive. Ed è per questo che diventa fondamentale un piano di cure condiviso e uniforme per tutte le persone con SLA. Il dibattito bioetico, moderato da Roberto Gueli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia e vicedirettore nazionale TGR RAI, è stato impreziosito dai prestigiosi ospiti in àmbito sanitario, scientifico e teologico: tema centrale è quello delle cure palliative volte ad alleviare la sofferenza fisica, psicologica ed esistenziale della persona, così come previsto dagli articoli 2 e 32 della Costituzione e dalla Legge 38/2010 (Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore).
Il dibattito ha quindi messo al centro il lavoro di condivisione e di riflessione avviato dall’Associazione in merito alla Pianificazione Condivisa delle Cure, così come definita nell’articolo 5 della Legge 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento). Sin dal 2014, AISLA si è impegnata nella stesura di un documento di consenso sulle scelte terapeutiche della persona affetta da SLA, un lavoro che si è sviluppato nel tempo e grazie al lavoro di equipe multidisciplinari. «L’imprevedibilità della SLA è differente da persona a persona e mai univoca – dichiara Daniela Cattaneo, medica palliativista dell’Associazione, che prosegue –. Bisogna investire in un legame empatico con gli esperti delle cure palliative. La sinergia con un team specializzato può delineare percorsi personalizzati per il benessere della persona, offrendo un supporto che riduce l’eventualità di ricoveri urgenti o di emergenza».
«Il complesso delle leggi rispetto all’etica cambia rapidamente, ma il nostro sentire comune cambia in maniera molto più lenta e meno lineare – dichiara Lucia Craxi, professoressa, vicepresidente Consulta di Bioetica e ricercatrice presso Dipartimento BIND (Biomedicina, Neuroscienze e Diagnostica avanzata) dell’Università degli Studi di Palermo –. Prendersi cura focalizzato sì, ma focalizzato sulla persona. La nostra narrazione della medicina vede il medico come eroe guerriero, io vorrei una narrazione in cui l’eroe è il paziente, che può anche decidere di non essere necessariamente un guerriero. Quindi il dovere di cura in senso biomedico deve spostarsi verso il rispetto dell’autodeterminazione della persona. La Vita è un bene inviolabile». Un approccio culturale e sistemico che ribalta il tradizionale modello prestazionale. È il Tempo, inteso come metro emotivo della Scelta della persona e della sua famiglia, a diventare responsabile in questa prospettiva di cura.
Si tratta, infatti, di creare le premesse dove l’impegno di oggi deve prendere in considerazione le decisioni e le prospettive del futuro. In un dialogo tra la teologia, la morale e la sofferenza umana, Pietro Cognato, teologo Bioeticista della Pontificia Facoltà Teologica della Sicilia, ha affrontato la platea con domande aperte e prendendo come spunto la lettera Samaritanus bonus [Buon Samaritano, N.d.R.], pubblicata il 14 luglio 2020 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Un testo definibile come una guida per l’“etica della cura alla fine della vita” che offre senso e speranza alla fragile esistenza umana. L’epistola, che argomenta la cura delle persone durante le fasi critiche e terminali della vita, rappresenta un importante sviluppo etico della Chiesa e richiama l’esempio di San Camillo de Lellis, fondatore dell’Ordine dei Ministri degli Infermi, che, nel XVI secolo, ha rivoluzionato la cura dei moribondi. Fondamentale tra tutti i diritti umani, incluso il diritto alla vita, è l’essenza stessa della dignità umana. Questo diritto, non considerato un obbligo, trova la sua radice nella dignità intrinseca dell’individuo e non può mai essere strumentalizzato per ledere tale dignità.
Dal pensiero all’Azione. Presenti al tavolo la padrona di casa, Angela Fundarò, vicepresidente della Fondazione Sant’Elia, che ha dato il suo benvenuto unitamente alla referente della Sezione AISLA di Palermo, Bice di Piazza. Interessanti gli interventi di Antonino Petronaci, Case Manager Team SLA SAMOT (Società per l’Assistenza al Malato Oncologico Terminale), che in questi due anni si è preso carico di circa 70 persone con SLA e dei Vincenzo La Bella, coordinatore del Centro SLA dell’Azienza Ospedaliera Universitaria – Policlinico “P. Giaccone” di Palermo. Particolarmente emozionante, infine, il riconoscimento che il sindaco Roberto Lagalla ha conferito, da parte della città metropolitana di Palermo, a Michele La Pusata, esprimendo una «profonda gratitudine non soltanto per l’impegno profuso a favore della comunità SLA, ma soprattutto per essere esempio di vita vissuta al servizio del Bene Comune». Il sindaco Lagalla ha concluso il suo intervento con una riflessione sui 40 anni di attività dell’AISLA, un patrimonio per una società che voglia definirsi civile. (S.L.)
Fonte: comunicato Ufficio Stampa AISLA.
Per informazioni: Elisa Longo elongo@aisla.it e ufficiostampa@aisla.it
Vedi anche:
AISLA – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica.
AISLA di Palermo – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica.
Ultimo aggiornamento il 26 Maggio 2023 da Simona