Il Coordinamento Dipoi preoccupato per la logica del progetto di polo della disabilità previsto in via del Terrafino, a Empoli. Frilli: «il progetto Terrafino va rivisitato. Non si possono concentrare 70 persone disabili in una “cittadella” isolata in aperta campagna. Condannandole all’isolamento. Non vogliamo fare polemica ma promuovere soluzioni per la qualità della vita delle persone disabili e loro familiari.»
«Il polo della disabilità previsto in via del Terrafino non risponderebbe ai bisogni reali delle persone disabili e dei loro familiari. Per questo – sottolinea Patrizia Frilli, presidente del “Dipoi – Coordinamento toscano delle organizzazioni per il durante e dopo di noi” – chiediamo agli amministratori del Comune di Empoli di rivisitarlo profondamente, perché insistere sulla strada tracciate sarebbe a nostro avviso un regresso rispetto alla storia positiva che possono vantare i servizi socio-sanitari dell’empolese.
Lo diciamo a voce bassa e senza alcuna volontà polemica, ma con la stessa fermezza con la quale lo abbiamo ribadito al tavolo regionale, prima di doverlo abbandonare nostro malgrado: realizzare in aperta campagna e lontano dal tessuto urbano 4 moduli edilizi, per due diurni da venti posti ciascuno e appartamenti per una trentina di persone, equivarrebbe a realizzare un piccolo ghetto. Per quanto bello e ben progettato potrebbe essere, infatti, purtroppo solo un ghetto rimarrebbe. Comprendiamo che il Comune voglia valorizzare i 12.000 metri quadrati della donazione, ma una “cittadella della disabilità” dove le persone disabili starebbero solo fra loro e con gli operatori, non sarebbe accettabile.
Il principale problema delle persone con disabilità psichica e intellettiva o multidisabilità, qualunque sia il livello di gravità, consiste nell’isolamento sociale e nella rarefazione delle relazioni umane. Da qui credo bisogni partire nel mettere in campo un progetto articolato che dia soluzione ai vari problemi del “durante e dopo di noi”.
Per il Coordinamento Dipoi a Empoli c’è un modello virtuoso da seguire: quello di “Casa Arrighi”. L’abitazione di via Meucci recentemente ampliata e inaugurata lo scorso 21 dicembre, che è stata destinata a un progetto di cohousing per persone con disabilità gestito dalla Fondazione Dopo di Noi. Quella è la strada maestra: piccole strutture residenziali per la vita in autonomia e centri diurni inseriti nel tessuto vitale cittadino, per favorire relazioni umane e attività di socializzazione reale, al di fuori delle quattro mura dei centri semi residenziali. Un approccio innovativo, coerente con le linee guida della programmazione socio sanitaria regionale e con le conclusioni delle conferenze regionale e nazionale sulla disabilità.
D’altra parte, le risorse stanziate sono davvero ingenti, e con 3.780.000 per il progetto Terrafino si possono fare davvero grandi cose. Diverse da una piccola cittadella della disabilità in una periferia rurale.
Al sindaco Brenda Barnini, e all’assessore alle politiche sociali Arianna Poggi, ma anche a tutti i membri del Consiglio comunale, chiedo per conto del Dipoi di fermarsi un attimo e di riconsiderare il progetto Terrafino. Senza che questo sia vissuto come una marcia indietro, ma piuttosto come un passo avanti nella direzione di una migliore qualità della vita delle persone disabili e delle loro famiglie.
Mi auguro che la politica e la comunità di Empoli sappiano ascoltarci senza pregiudizi, e vogliano aprire una nuova e più costruttiva fase di confronto. Noi del Coordinamento Dipoi, come sempre, siamo a disposizione».
Fonte: Ufficio stampa del Coordinamento Dipoi (Coordinamento toscano delle Organizzazioni per il durante e dopo di noi).
Ultimo aggiornamento: 9 gennaio 2017