Appena qualche giorno fa abbiamo dato spazio ad un appello promosso dal Forum Permanente sulla sessualità delle persone con disabilità o con disagio mentale per l’introduzione dell’educazione affettiva e sessuale nella scuola. Angela D’Alessandro, esponente del Comitato Pro-life insieme, teme che dietro a questa proposta possa celarsi «l’obiettivo di indottrinare gli alunni con teorie propagandistiche». Pubblichiamo di seguito il testo che ci ha inviato, ed affidiamo all’avvocato Salvatore Nocera, uno dei maggiori esperti italiani sui temi dell’inclusone scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità, il compito di rispondere alle obbiezioni sollevate da D’Alessandro.
L’appello per l’introduzione dell’educazione affettiva e sessuale nella scuola, di cui si tratta, è disponibile a questo link.

Educazione sessuale nelle scuole? Solo se i contenuti vengono condivisi con i genitori
di Angela D’Alessandro, del Comitato Pro-life insieme
«La rivoluzione sessuale, nota anche come liberazione sessuale, è stato un movimento sociale avvenuto attorno al 1968 principalmente nei Paesi occidentali e modificò i tradizionali codici di comportamento relativi alla sessualità e alle relazioni interpersonali» [citazione della voce “Rivoluzione sessuale” su Wikipedia, N.d.R.].
Personalmente non l’ho vissuta in prima persona perché ancora bambina.
«Negli anni Settanta c’era la liberazione sessuale: non si flirtava, si faceva l’amore direttamente» ricorda Albalisa Sampier nella trasmissione televisiva “Le Ragazze”.
Ricordo anche io che ad un certo punto si vedevano coppie di giovani baciarsi e scambiarsi effusioni ovunque. Quello che prima doveva restare nell’intimità della coppia improvvisamente diventava di dominio pubblico.
Amore è amore, il famoso “love is love”, fate l’amore non fate la guerra erano gli slogan più gridati in quegli anni e contribuirono a cambiare una società definita “bacchettona”.
Si cominciò a prendere di mira la Chiesa Cattolica che, con tutti i suoi dettami e comandamenti, rendeva l’uomo schiavo, incatenato a dottrine castranti atte solo a creare infelicità.
Se il messaggio fosse stato vero non si assisterebbe oggi a tutto il dramma che stiamo vivendo: violenze, omicidi, stupri ecc.
Purtroppo tutto questo permissivismo non è servito a liberare le persone da messaggi castranti, ma ha creato individui ancora più schiavi e incapaci di dominare le proprie passioni.
L’evoluzione negativa l’abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi e spesso, purtroppo, protagonista di cronaca nera.
Il sesso dà la sua massima espressione quando è condiviso con chi si ama. Quando rimane nell’intimità di due corpi che si donano amore vicendevolmente.
Vissuto al di fuori diventa pornografia, prostituzione, mercificazione, sfruttamento, schiavitù e, una volta consumato, lascia solo un senso di vuoto.
Pensare di introdurre nelle scuole “l’educazione sessuale” può diventare rischioso se il relatore non ha ben chiari quali siano i rischi che si corrono, travisando il messaggio che veicola, definire “atto d’amore consapevole” e sottolineo ATTO D’AMORE.
Adesso si sente molto parlare di diritto alla sessualità per le persone con disabilità fisiche e mentali.
È importante che anch’esse possano poter vivere l’amore in una dimensione di gioiosa e libera consapevolezza.
Chi mai ha affermato il contrario, mi chiedo?
Penso però che anche questa “categoria” di persone rientri come tutti, in quella che debba poter vivere il sesso come atto d’amore condiviso.
La mente e il corpo sono complementari anche per loro, poter innamorarsi e condividere l’amplesso come naturale evoluzione di una storia d’amore è legittimo.
Pensare a loro a come portatori di diritti sessuali equivale a discriminarli.
La scuola può essere dunque il luogo favorevole per introdurre un tema così delicato? Forse.
Di certo non può essere esclusa la famiglia, che deve essere coinvolta, ascoltata per poter condividere i contenuti di un tale intervento sui minori.
Non tutti hanno piacere che i propri figli affrontino contenuti che fanno parte della sfera personale con estranei.
Educazione sessuale nelle scuole? NI… via libera solo se l’argomento viene trattato da docenti preparati, se non c’è l’obiettivo di indottrinare gli alunni con teorie propagandistiche, se i contenuti vengono condivisi con i genitori i quali, però, devono poter, in qualsiasi momento, decidere se fare frequentare ai propri figli quel dato corso.
Non deve diventare materia curricolare ma restare “progetto” e, data la delicatezza del tema, ci deve poter essere diritto di recesso qualora famiglie lo ritenessero inadeguato per la formazione del proprio figlio.
Non ci sono ragioni di temere l’educazione affettiva e sessuale
di Salvatore Nocera, avvocato ed esperto di inclusone scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità
Egregia Signora Angela D’Alessandro,
l’appello promosso dal Forum Permanente sulla sessualità delle persone con disabilità o con disagio mentale è orientato fondamentalmente all’“educazione” affettiva e sessuale, e non a sviluppare il tema della “liberazione sessuale degli anni ’60 e ’70”. Pertanto non c’è alcun rischio che si parli del libero amore o dell’“amore di gruppo” come Lei sembra temere. In vero “amore di gruppo” lo realizzano i giovani maschi non educati all’affettività congiunta alla sessualità. Per questo si stanno moltiplicando casi obbrobriosi di violenze di gruppo su ragazze indifese.
Un’educazione affettiva e sessuale delle giovani eviterebbe che, per ignoranza, esse possano avere rapporti sessuali senza protezione, divenendo così madri giovanissime contro la propria volontà.
Attraverso l’educazione affettiva e sessuale le ragazze potrebbero ricevere informazioni sull’uso dei contraccettivi, che eviterebbero poi il ricorso all’aborto che è più contrario alla vita di un anticoncezionale.
Ciò posto, Lei dice ancora che questa educazione potrebbe essere effettuata da docenti che pubblicizzano una sessualità sganciata dall’affettività o potrebbero diffondere notizie scorrette sulla sessualità.
In proposito, a parte la deontologia professionale che ogni docente dovrebbe praticare, fortunatamente la classe ha molti studenti e studentesse e quindi ciò che direbbero i docenti su questo argomento sarebbe facilmente conoscibile e, se invece di educazione, si facesse “pubblicità scorretta”, ciò verrebbe facilmente rilevato e potrebbe divenire oggetto di ispezioni ministeriali.
Quanto alla Sua proposta che questa educazione venga scelta dalla famiglia e non insegnata obbligatoriamente nella scuola, mi permetto di dirLe che invece, se fosse obbligatoria, tutte le ragazze ed i ragazzi ne parlerebbero in famiglia e quindi vi sarebbe una verifica ed un “controllo” da parte delle famiglie stesse che, a propria volta, potrebbero confrontarsi in merito nelle liste di discussione dei genitori, ed eventualmente fare presente ai presidi ciò che non condividono. Ciò permetterebbe una discussione ampia su modalità o temi ritenuti non condivisibili dalle famiglie ed anche nell’opinione pubblica si avrebbe una riflessione sempre più diffusa sulle questioni dell’educazione affettiva e sessuale.
Ricordo che anche quando si introdusse l’educazione civica nelle scuole alcune persone volevano vietarla per il timore che alcuni docenti cominciassero a fare propaganda politica per un partito o per l’altro. Ciò non è avvenuto nella generalità dei casi, e dove è accaduto, il fatto è stato immediatamente stigmatizzato e riportato all’obiettivo effettivo, che è quello dell’“educazione” civica. Lo stesso quindi accadrebbe con l’“educazione” affettiva che, giustamente, nell’appello è congiunta a quella sessuale, evitando la separazione di quest’ultima da quella.
Per questi motivi ho apprezzato l’appello, l’ho sottoscritto, e sarei pronto a stigmatizzare eventuali casi nei quali questa importante “educazione” venisse deformata in diseducazione. Questo perché condivido con Lei il valore ineliminabile dell’educazione.
Nota aggiuntiva del Centro Informare un’h: in merito al tema trattato segnaliamo anche che esiste una cospicua letteratura scientifica che documenta come i soggetti maggiormente penalizzati dalla mancanza di un’educazione all’affettività e alla sessualità siano le bambine, le ragazze e le donne con disabilità. L’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ad esempio, ha trattato il tema innumerevoli volte, l’ultima giusto il mese scorso, nel testo EDF position paper on gender stereotypes against women with disabilities, ovvero: Documento di sintesi dell’EDF sugli stereotipi di genere nei confronti delle donne con disabilità (la versione originale in lingua inglese è disponibile a questo link, mentre quella in lingua italiana, prodotta in modo automatico e dunque non verificata, a quest’altro link). Tra gli stereotipi citati nel documento vi è anche quello secondo cui “le donne e le ragazze con disabilità non hanno bisogno di educazione sessuale, non sono sessualmente attive e le altre persone devono controllare la loro sessualità e fertilità in quanto non sono ritenute in grado di prendere le decisioni giuste per sé stesse”. Riguardo a questo stereotipo è osservato che vi è una generale mancanza di consapevolezza, informazione, educazione e formazione, rivolta alle donne e alle ragazze con disabilità, alle loro famiglie e ai/alle professionisti/e dei settori sanitario, educativo e giuridico. I servizi per la salute sessuale e riproduttiva, compresi i servizi di ginecologia e ostetricia, spesso non sono accessibili e non vengono forniti o vengono forniti pochissimi dispositivi di supporto tecnico e assistenza personale per garantire il rispetto della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi. Di conseguenza, le donne e le ragazze con disabilità sono più a rischio di sfruttamento sessuale, violenza, gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili. (Simona Lancioni)
Vedi anche:
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.
Ultimo aggiornamento il 20 Marzo 2025 da Simona