“Disabilità e relazioni sociali. Temi e sfide per l’azione educativa” (Carocci, 2021) di Matteo Schianchi è una pubblicazione specificamente rivolta a chi opera nei servizi educativi, nelle istituzioni scolastiche e nei servizi sociosanitari. Essa mette in luce come solo costruendo relazioni competenti ed autentiche sia possibile attivare anche con le persone con disabilità quei processi di riconoscimento, emancipazione personale, apprendimento e partecipazione che la “semplice” e acritica applicazione di protocolli, linee guida e leggi non è in grado di garantire. Ma, ovviamente, il tema delle relazioni non riguarda solo il comparto educativo.
La disabilità è una questione di diritti. La disabilità è una questione di inclusione. Entrambe queste affermazioni sono vere, ma è abbastanza improbabile che la loro semplice enunciazione produca cambiamenti sociali. Davanti alle persone con disabilità si attivano reazioni e paure ancestrali, e se, oltre ad enunciare i diritti ed a rivendicare l’inclusione, non siamo disposti a lavorare sulle relazioni, è verosimile che diritti e inclusione rimarranno concetti astratti, espressioni di quella retorica appiccicosa che spesso caratterizza la narrazione della disabilità.
Parla di questo e di molto altro Disabilità e relazioni sociali. Temi e sfide per l’azione educativa (Carocci, 2021) di Matteo Schianchi, dottore di ricerca all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi e ricercatore in Didattica e pedagogia speciale all’Università degli Studi di Milano Bicocca. Autore anche di: La terza nazione del mondo. I disabili tra pregiudizio e realtà (Feltrinelli, 2009), Il debito simbolico. Una storia sociale della disabilità in Italia tra Otto e Novecento (Carocci, 2019) e Storia della disabilità. Dal castigo degli dèi alla crisi del welfare (Carocci, 2012, 10ª ristampa 2021).
La pubblicazione di Schianchi è specificamente rivolta a chi opera nei servizi educativi, nelle istituzioni scolastiche e nei servizi sociosanitari. Essa mette in luce come solo costruendo relazioni competenti ed autentiche sia possibile attivare anche con le persone con disabilità quei processi di riconoscimento, emancipazione personale, apprendimento e partecipazione che la “semplice” e acritica applicazione di protocolli, linee guida e leggi non è in grado di garantire. Ma, ovviamente, il tema delle relazioni non riguarda solo il comparto educativo. L’affermazione «La disabilità è una relazione» – che dà il titolo all’introduzione – ci dice anche che non vi è ambito della vita delle persone con disabilità che non sia permeato dalla relazionalità. Se nel contesto educativo l’aspetto relazionale è intrinseco, non lo è meno in quello familiare, lavorativo, amicale, sentimentale, sessuale, associativo, dell’impegno politico… sono gli individui ad essere soggetti relazionali, individui la cui soggettività va riconosciuta e messa in condizione di esprimersi.
In questa prospettiva anche strumenti di straordinaria importanza e utilità – come la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, l’ICF – Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute, nonché il modello sociale della disabilità – sono sottoposti al vaglio critico e analizzati nelle pratiche attuative. Da questa analisi emerge chiaramente che in concreto non siamo mai riusciti ad emanciparci dall’approccio individualista che quegli strumenti si proponevano di superare. Scrive intatti Schianchi: «Frequentando i mondi della disabilità, facendo ricerca sulle biografie individuali e familiari ci si rende conto che le persone con disabilità e i familiari che hanno una migliore qualità della vita sono coloro che hanno risorse proprie (sociali, relazionali, economiche, culturali e psicologiche) a cui si affiancano eventualmente quelle offerte dai servizi e dalle agenzie educative. Questi ultimi non riescono a far fare un salto qualitativo a chi è meno provvisto di risorse personali. Chi ha meno risorse, chi rischia di dilapidarle nella gestione di situazioni complesse, resta spesso soggiogato da vincoli materiali, dalla gestione dei bisogni imposti dalle menomazioni. Ciò impedisce loro di entrare appieno nella vita, di imprimerle una direzione specifica, costringendoli a viaggiare sul timone fisso sulla gestione della condizione di disabilità come unica direzione possibile» (opera citata, pagine 150-151).
Al di là delle buone intenzioni, quando riusciamo a liberarci della retorica scopriamo che siamo immersi in un sistema che consente di includere chi è nella posizione ed ha le caratteristiche per auto-includersi, ma non cambia la vita – o la cambia solo in minima parte – a chi dispone di meno risorse e presenta situazioni più complesse. Davanti a queste situazioni le risposte continuano essere centrate sulle logiche e le possibilità di chi eroga i servizi, piuttosto che sulle aspirazioni, le speranze, le esigenze e i diritti delle persone con disabilità. Individuare il problema è il primo passo per correggere il tiro e, sotto questo profilo, l’opera di Schianchi è davvero illuminante. (Simona Lancioni)
Ultimo aggiornamento il 19 Novembre 2021 da Simona