del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Il 23 settembre 2025, presso il Tribunale di Pisa, si è tenuta quella che dovrebbe essere la penultima udienza del processo per maltrattamenti avvenuti, nel 2016, nella struttura di Montalto di Fauglia (Pisa) destinata a ospitare persone autistiche, e gestita dalla Fondazione Stella Maris. Ne riferisce il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, che osserva, tra le altre cose, come la negazione e il ridimensionamento dei maltrattamenti e della loro reiterazione e continuità di fatto rappresentino l’ennesimo schiaffo intollerabile alle sacrosante aspettative di giustizia delle vittime e delle loro famiglie. La sentenza dovrebbe arrivare il 4 novembre 2025, anche in questa occasione sarà presente un presidio di solidarietà alle vittime.

«Definisci bambino»: abbiamo ancora nelle orecchie la sciagurata domanda pronunciata dal Presidente dell’Associazione Amici di Israele, rivolta durante un dibattito televisivo all’allibito interlocutore, per giustificare la strage di minori nella Striscia di Gaza.
Queste parole, che producono sdegno e disgusto, possono essere paragonate a quelle pronunciate dall’avvocato Stefano Del Corso, difensore della dottoressa Masoni, durante l’ultima udienza del processo per maltrattamenti in una struttura gestita dalla Fondazione Stella Maris. L’avvocato ha domandato alla giudice e agli astanti di definire la parola “maltrattamenti” in riferimento a quanto accaduto tra le mura della struttura di Montalto di Fauglia (Pisa). E non era la prima volta! Altri avvocati nel corso del processo avevano provato a sminuire e a derubricare gli efferati atti che sono stati ripresi dalle telecamere dei carabinieri nell’estate del 2016 nel refettorio della struttura. Secondo i legali degli imputati quei 284 episodi di botte, vessazioni, umiliazioni, documentati dalle videocamere in quasi quattro mesi di riprese, non erano maltrattamenti ma un semplice eccesso di mezzi di correzione.
Eppure alcuni genitori quando sono stati chiamati dai carabinieri a vedere per la prima volta le immagini dei propri figli malmenati, strattonati e offesi verbalmente, si sono sentiti male; quando i video sono stati presentati al processo molti astanti sono usciti dall’aula; quando i giornalisti e i tecnici, che hanno prodotto il reportage della Rai sui fatti della Stella Maris, hanno visto quelle immagini le hanno definite «violenze inaudite su soggetti indifesi e quindi meritevoli di una cura ancora maggiore».
A tutti era parso evidente cosa vuol dire “maltrattamento”, non appariva così complicato definire il termine. Erano bastate le immagini nella loro cruda evidenza, nella loro oggettiva presentazione a spiegare che cosa è un maltrattamento.
Ma per capire il senso di certe affermazioni che sembrano offendere il buon senso, oltreché umiliare ancora una volta i ragazzi e i loro familiari, bisogna riferirsi al codice penale e a quello che esso prescrive. È lì che si gioca la vera partita giudiziaria, è lì che il termine assume una valenza valoriale. Il maltrattamento secondo il codice penale deve prevedere la presenza di atti abituali o sistematici che cagionano sofferenze fisiche o morali: percosse, violenze fisiche o sevizie; minacce o ingiurie gravi; «Comportamenti ripetuti che arrecano danno morale o psicologico». Queste condotte devono avere come effetto la sofferenza fisica o morale per la vittima anche senza la presenza di lesioni gravi.
Il reato di maltrattamento ha dunque bisogno, per essere definito tale, della “abitualità”, deve cioè essere ripetuto nel tempo, non configurarsi come un episodio isolato.
Da ciò si capisce perché gli avvocati delle difese abbiano teso a parlare di singoli episodi non sistematici, a fare riferimento a condotte isolate, cercando di dimostrare che i maltrattamenti erano solo buffetti, al limite “eccesso di mezzi di correzione” o “ingiurie”: reati che se venissero accolti come plausibili dalla Giudice Messina sarebbero già prescritti da tempo. E tale accoglimento avrebbe dunque l’effetto di ridurre in una bolla di sapone un processo andato avanti per anni con decine di persone implicate tra imputati, parti civili, avvocati, consulenti.
Ma la realtà è un’altra: come aveva scritto il Giudice dell’Udienza Preliminare Giulio Cesare Cipolletta nella sentenza-ordinanza del 2019, dopo soli quattro giorni di riprese i video già documentavano «atti di violenza fisica come schiaffi e strattoni oppure minacce ed ingiurie, poste in essere in maniera del tutto gratuita e senza riferimento a pregresse condizioni dei pazienti». Col passare del tempo quegli atti reiteratamente compiuti, nell’indifferenza degli operatori che osservavano inerti la scena (a testimonianza di un’abitualità fatta di violenze accettate e condivise,) hanno dimostrato, secondo la requisitoria finale del Pubblico Ministero Pelosi, la presenza di un sistema fortemente radicato.
Nella sua arringa finale il PM ha posto l’accento sulla abitualità delle condotte maltrattanti, sull’atteggiamento indecoroso e poco professionale degli operatori della Stella Maris, sul clima di paura che dominava la struttura, sull’omertà che regnava in quelle stanze. Tutto ciò ha reso possibile il fatto che la Stella Maris abbia potuto assumere l’aspetto di una struttura concentrazionaria (cosa peraltro ben esplicitata anche dalla relazione del Perito del tribunale Alfredo Verde) dove la brutalità aveva preso il sopravvento, dove le condotte violente erano sistematiche e non episodiche, reiterate anche di fronte a un pubblico inerte. Cosa è accaduto, ci chiediamo, al di là del refettorio, l’unico luogo dove erano state posizionate le telecamere? Cosa poteva succedere nei bagni, nelle camere, nei corridoi? Non è difficile immaginarlo. Il Pubblico Ministero aveva ben definito come maltrattamenti quelle «condotte plurime rivolte a soggetti indifesi e appartenenti alla stessa comunità», e in base a tale convinzione aveva chiesto le relative pene fino a un massimo di cinque anni di reclusione.
«Il più grande processo per maltrattamenti ai disabili in Italia» (come era stato definito dal documentario che la Rai ha messo in onda due anni fa [si riferisce all’inchiesta di «RaiNews 24» denominata: “Spotlight. Storia di Mattia – Il più grande processo per maltrattamenti ai disabili in Italia”, pubblicata su «Rai Play» il 31 agosto 2023, visibile a questo link (lunghezza del filmato: 28,35 minuti), N.d.R.]) che sta lentamente volgendo alla conclusione, è anche quello che ha portato alla luce la pratica disumanizzante, degradante, brutale dell’“arrotolamento” degli ospiti ritenuti recalcitranti, oppositori, ingestibili, all’interno di tappeti comperati per l’occasione all’Ikea. E della difesa pubblica di questa pratica da parte di avvocati, testimoni e imputati, che l’hanno rivendicata addirittura come “strumento dolce”, come una normale routine da adottare per il bene dei “pazienti”. Anche nel corso dell’ultima udienza c’è stato chi ha avuto la spudoratezza di definire il tappeto contenitivo un “presidio di civiltà”. Come Collettivo abbiamo denunciato e ribadito in tutte le sedi che non ci sono ragioni che possano giustificare una violenza del genere. Che non si possono arrotolare esseri umani in un tappeto. Che le pratiche manicomiali non dovrebbero mai trovare spazio. Che le persone non si legano, mai.
La negazione e il ridimensionamento dei maltrattamenti (come purtroppo è accaduto anche nell’ultima udienza) e della loro reiterazione e continuità di fatto, così come il tentativo di ridurre tutto a singoli episodi, decontestualizzandoli e depotenziandoli, rappresentano l’ennesimo schiaffo intollerabile alle sacrosante aspettative di giustizia delle vittime e delle loro famiglie.
Martedì 4 novembre 2025, molto probabilmente la Giudice dovrebbe emettere Sentenza di primo grado. È dunque per questa data che invitiamo tutte e tutti a partecipare al presidio in solidarietà alle vittime dei maltrattamenti, che si terrà alle ore 10.30, davanti al Tribunale di Pisa, in Piazza della Repubblica.
Per ulteriori informazioni: antipsichiatriapisa@inventati.org
Vedi anche:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud.
Autori vari, Pisa, ventesimo presidio in solidarietà alle vittime dei maltrattamenti alla Stella Maris, 15 settembre 2025.
Sondra Cerrai, Processo per i maltrattamenti alla Stella Maris, il report delle ultime due udienze, 23 luglio 2025.
Autori vari, Diciannovesimo presidio per chiedere la verità sulle violenze alla Stella Maris, 15 luglio 2025.
Sondra Cerrai, Il processo sui maltrattamenti alla Stella Maris e la microfisica del potere, 26 giugno 2025.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, Galleria degli orrori. La banalità del male al processo Stella Maris, 19 giugno 2025.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, Per non dimenticare le vittime dei maltrattamenti alla struttura gestita dalla Stella Maris, 13 giugno 2025.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, Ancora un presidio per i maltrattamenti alla Stella Maris e per dire basta all’uso del tappeto contenitivo, 26 maggio 2025.
Sondra Cerrai e Andrea Giordani, Nuovo Ospedale Stella Maris: la privatizzazione della sanità e le ombre sulla Fondazione, 2 maggio 2025.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, Contenzioni praticate in Toscana, al via la campagna “Date i numeri”, 30 aprile 2025.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, Un presidio per i maltrattamenti alla Stella Maris e il pulmino donato, 13 febbraio 2025.
Ultimo aggiornamento il 17 Ottobre 2025 da Simona