del Coordinamento PERSONE*
A margine dell’evento di Solfagnano del 16 ottobre scorso, Vincenzo Falabella, Presidente della FISH, ha dichiarato che «un progetto di vita costa in media 25.000 euro» e che ci vorranno otto o nove anni per accantonare le risorse necessarie. Ma com’è stata fatta questa stima? Ed a fronte di una legge in vigore, come si può chiedere alle persone con disabilità e alle loro famiglie di aspettare un altro decennio per attuarla? Si chiedono, tra le altre cose, dal Coordinamento PERSONE.

A margine dell’evento di Solfagnano del 16 ottobre scorso, il Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) Vincenzo Falabella ha dichiarato al «Corriere della Sera» che «un progetto di vita costa in media 25.000 euro» e che ci vorranno otto o nove anni per accantonare le risorse necessarie [si veda, Giacomo Fasola, “Disabilità e diritti negati sul lavoro e a scuola: mille segnalazioni in nove mesi al Garante”, «Correre della Sera», 17 ottobre 2025, N.d.R.].
Volano cifre come rondini a primavera. Però, mentre noi tutti sappiamo che le rondini tornano ai loro nidi, una spiegazione a quelle cifre non viene fornita.
Se, secondo le stime di Falabella, un progetto personalizzato costa 25.000 euro all’anno, ci sembra doveroso chiedere quanto costa tenere le persone con disabilità in una struttura. Se Falabella, in quanto Presidente di FISH, è in grado di fare una stima dei costi di un progetto di vita ad oggi in sperimentazione, dovrebbe essere in grado di fornire una cifra attendibile dei costi delle soluzioni residenziali e semiresidenziali che sono in piedi da tempo immemore. Quello che suona come un paternalistico richiamo ad essere realistici, se non altro sui costi della riforma, dovrebbe esserlo fino in fondo e mettere a confronto il costo medio di un progetto di vita nel mondo di tutti con il costo dell’istituzionalizzazione.
Il realismo, allora, ci impone di prendere in considerazione due fattori:
- l’attuale sistema di servizi per la disabilità non è stato in piedi fino ad oggi per opera dello Spirito Santo, ma ha richiesto investimenti, che oggi reggono in piedi il sistema di servizi da riformare.
- Le enormi falle del nostro sistema di welfare sono strutturali, ma anche legate a finanziamenti insufficienti a implementare normative promettenti. La scarsità di fondi, quindi, non è un problema nuovo introdotto dalla riforma del welfare e da “irrealistici” progetti personalizzati, ma è sempre esistito e depriva le persone dei loro diritti da sempre. I fondi vanno trovati, perché i diritti fondamentali non si negoziano. La carenza di fondi non è una giustificazione al rallentamento dei processi di riforma, semmai è un’aggravante che le grandi Federazioni dovrebbero attaccare con convinzione.
Rimane incomprensibile come si possa stabilire che i progetti costano 25.000 euro in media, senza sapere chi sono quelle persone, ciò che desiderano e quali sono i sostegni di cui hanno bisogno.
In ogni caso, secondo Falabella ci vorranno otto o nove anni per trovare i fondi. Peccato che la Riforma sia stata approvata nel 2021. Sono passati 4 anni e molte cose si sarebbero potute fare. Invece ci ritroviamo a fine 2025 a tessere le lodi di una sperimentazione che non doveva essere, perché le leggi non si sperimentano, si attuano; una sperimentazione di cui non sappiamo nulla (chissà se, quando e come avremo i dati) e che ha blindato il dibattito: stiamo sperimentando, non disturbate il manovratore.
La Legge 227/2021 è una legge di Riforma, eppure in questi lunghi anni di attesa, non si è discusso di come cambiare radicalmente un sistema di welfare che cozza con i diritti delle persone con disabilità.
C’è anche un dato che non viene mai messo in luce: nelle strutture non ci sono solo le persone che necessitano di un’alta intensità di sostegno. Ci sono persone con necessità di sostegno diverse alle quali si risponde sempre e solo con l’istituzionalizzazione.
Il problema non è la domanda, è la risposta!
Ci sono persone che hanno bisogno di assistenza h24 e altre con una necessità di sostegno decisamente bassa. Entrambe godono dei medesimi diritti: un progetto personalizzato, strategie, opportunità e poter accedere ad una efficiente rete di sostegno.
Manca una visione complessiva. Si ricade ogni volta nella rappresentazione della persona con disabilità distaccata dal mondo, come se non ne facesse parte. L’Italia è piena di cittadini con disabilità e famiglie che non vogliono più sentir parlare di strutture e che si sostituiscono alle istituzioni per dare una vita ai loro cari. Spesso indebitandosi economicamente e consumandosi fisicamente ed emotivamente.
Con quale coraggio, di fronte a una legge in vigore, si chiede loro di aspettare un altro decennio?
Basta con questo ridimensionamento costante di fronte ai diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
E ancora Falabella, nei saluti a Solfagnano: «occorre un cambiamento di passo dove la disabilità non venga più considerata un costo».
La prendiamo come una confessione e un’auto-incoraggiamento a rendersi conto che le persone con disabilità non possono essere ridotte a voci di bilancio.
Viene da chiedersi se si ricorda di essere il Presidente di una delle maggiori organizzazioni italiane di difesa e tutela dei diritti delle persone con disabilità, dato che sembra impegnarsi a giustificare i rimandi, i rallentamenti e i ridimensionamenti sistematici del processo di Riforma, invece di spendersi per difendere l’esigibilità di quanto sancito per legge.
Per maggiori informazioni: personecoordnazionale@gmail.com
* PERSONE – Coordinamento Nazionale Contro la Discriminazione delle Persone con Disabilità
Ultimo aggiornamento il 23 Ottobre 2025 da Simona