Con la Sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025 la Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione è intervenuta in materia di inclusione lavorativa delle persone con disabilità stabilendo che il lavoro agile (smart working) deve essere considerato come un accomodamento ragionevole, e dunque si configura come un obbligo per i datori di lavoro se compatibile con le esigenze organizzative aziendali.
Con la Sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025 la Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione è intervenuta in materia di inclusione lavorativa delle persone con disabilità stabilendo che il lavoro agile (smart working) deve essere considerato come un accomodamento ragionevole, e dunque si configura come un obbligo per i datori di lavoro se compatibile con le esigenze organizzative aziendali.
In specifico la Suprema Corte è stata a chiamata a pronunciarsi sulla vicenda di un dipendente con disabilità visiva che ha denunciato il proprio datore di lavoro per l’assenza di misure come l’assegnazione a una sede più vicina e la possibilità di lavorare da remoto, ritenendo che tali misure si configurassero come accomodamenti ragionevoli, e che la mancata adozione delle stesse violasse la normativa antidiscriminatoria italiana e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Prima di giungere in Cassazione, sulla vicenda si sono pronunciati i Tribunali dei diversi gradi di giudizio. In specifico la Sentenza di primo grado ha rigettato le richieste del dipendente, mentre la Corte d’Appello ha accolto il ricorso ritenendo che il datore di lavoro non avesse rispettato l’obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli previsti dall’art. 3, comma 3-bis, del Dlgs. n. 216/2003 (Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro). Infine, come accennato, si è pronunciata la Corte Suprema, confermando la Sentenza d’Appello.
In particolare, la Corte Suprema ha richiamato la Direttiva 2000/78/CE, che è stata recepita dall’Italia con il citato Dlgs. n. 216/2003 nonché la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge 18/2009).
Tale normativa impone ai datori di lavoro di adottare tutte le misure ragionevoli per garantire al lavoratore e alla lavoratrice con disabilità condizioni di lavoro paritarie che non comportino un onere sproporzionato.
In particolare Sentenza ha stabilito che il diritto a predisporre gli accomodamenti ragionevoli è vincolante per i datori di lavoro, che sono chiamati a rimuovere le barriere che ostacolano l’inclusione dei lavoratori e delle lavoratrici con disabilità; che poiché nel caso in esame questa modalità organizzativa era già stata utilizzata durante il periodo di emergenza sanitaria correlata alla pandemia da COVID-19, ciò ne ha mostrato la sua fattibilità, e induce a ritenere che lo smart working possa essere considerato un accomodamento ragionevole; che sotto il profilo probatorio spetta al lavoratore o alla lavoratrice con disabilità dimostrare la disparità di trattamento subita, mentre al datore di lavoro è richiesto di provare che le proprie decisioni non siano discriminatorie; che le soluzioni concrete devono essere frutto di una negoziazione tra le parti, e che qualora queste non addivenissero ad un accordo, il compito di individuare le soluzioni più adeguate compete al giudice. (Simona Lancioni)
Ultimo aggiornamento il 20 Gennaio 2025 da Simona