Dopo la pubblica denuncia, da parte di Sara Bonanno, degli abusi posti in essere dall’ASL di Roma nei confronti suoi e di suo figlio Simone (un giovane uomo con una grave disabilità), anche altre madri caregiver romane hanno accettato di rendere pubblici ulteriori episodi di intimidazione e abusi, molto simili a quelli subiti da Bonanno, da parte di alcuni servizi socio-sanitari di Roma e provincia. La circostanza che i servizi socio-sanitari utilizzino l’amministrazione di sostegno come arma per ricattare le famiglie, non fa che mettere in luce, per l’ennesima volta, la necessità e l’urgenza di riformare questo istituto.
Ha giustamente assunto un rilievo nazionale la storia di Sara Bonanno, madre caregiver di Simone (un giovane uomo con una grave disabilità), che, avendo intrapreso un contenzioso con l’ASL Roma 2 per ottenere una maggiore continuità infermieristica e assistenziale per suo figlio, ha ottenuto in risposta dall’ASL in questione una procedura per chiedere la nomina di un amministratore di sostegno esterno allo scopo di poter istituzionalizzare coattivamente Simone. Come centro informare un’h ci siamo occupati della vicenda in più occasioni, dapprima divulgando la notizia (se ne legga a questo link), quindi segnalando la solidarietà e la vicinanza manifestata da diversi Enti a Bonanno e Simone (questo il link), ed infine, in ossequio ad un principio di autorappresentanza, dando la parola alla stessa Bonanno (se ne legga a quest’altro link).
Bonanno, come molti e molte, aveva salutato con favore la Legge 6/2004, istitutiva dell’amministrazione di sostegno, vedendo in essa una risposta alle macroscopiche storture degli altri due istituti di tutela ancora vigenti (l’interdizione e l’inabilitazione). Ma oggi, alla luce della sua esperienza, si ritrova suo malgrado a doversi chiedere come sia stato possibile che questa Legge abbia potuto trasformarsi «in un’arma intimidatoria e vessante» per le famiglie. E, a dire il vero, le persone che se lo chiedono sono sempre di più, e crescono con l’emersione dei nuovi casi di applicazione impropria e abusante della norma. Va peraltro rilevato che non tutte le storie di questo tipo riescono ad emergere, giacché il sistema, oltre ad essere sleale, ha in dotazione strumenti e risorse che comunemente non sono nella disponibilità dei singoli cittadini e cittadine.
Dunque dobbiamo accogliere con gratitudine le testimonianze come quelle di Bonanno, perché esse infondono fiducia anche in chi, pensandosi solo, e contattando l’imparità dei messi a disposizione dei contendenti, ritiene di non avere la forza per imbarcarsi in una simile impresa.
Ed infatti, proprio dopo essere venute a conoscenza della storia di Bonanno, anche altre caregiver romane hanno accettato di rendere pubblici episodi di intimidazione e abusi, molto simili a quelli subiti da Bonanno, da parte di alcuni servizi socio-sanitari di Roma e provincia. Ne dà notizia la giornalista Valentina Ruggiu sul quotidiano «la Repubblica» (cronaca di Roma), in un ottimo servizio intitolato “Non si può vivere con la paura di perdere tuo figlio”. La battaglia delle madri caregiver contro le ASL (del 6 marzo 2023).
Dopo aver già raccontato, sempre su «la Repubblica», la vicenda di Bonanno, in quest’ultimo testo Ruggiu espone la vicenda di Elisa (nome di fantasia), madre e caregiver di un ventottenne con autismo grave, che al telefono le spiega come sia stato proprio «il giudice tutelare a sconsigliarmi azioni forti contro la ASL che non mi stava aiutando, così, per paura di perdere mio figlio, mi tirai indietro e diventai un agnellino». La donna le racconta anche di come, «dopo mesi in attesa di un aiuto mai arrivato», proprio per evitare un contenzioso con l’ASL, si sia «trovata un centro diurno per il figlio da sola». Queste le ragioni della sua scelta: «non si può vivere ogni giorno con la laura di perdere tuo figlio» (grassetti nostri nella presente citazione ed in quelle successive).
Più simile alla vicenda di Bonanno è la storia di Rita Basso, presidente dell’Associazione ADI Famiglie Italiane (Roma) e madre di Amina, una donna di 39 anni con disabilità complessa, che, per porre fine all’eccessivo ricambio degli operatori inviati per assistere sua figlia, si è ritrovata a dover ricorrere al Tribunale, ed ora è già alla quarta o quinta causa contro l’ASL Roma 3, «e nonostante le Sentenze del Tribunale, dobbiamo comunque elemosinare per far sì che vengano rispettate», riferisce. Dover spiegare al personale sempre diverso quale fosse la situazione di Amina e come relazionarsi con lei, si stava rivelando dannoso per la salute e la tranquillità di sua figlia. E «[…] mentre io chiedevo che ci assegnassero degli infermieri fissi, che potessero instaurare un rapporto medico e personale continuativo con Amina, la ASL ha fatto ricorso al giudice tutelare per rivedere la mia posizione di tutrice», racconta ancora. È dallo scorso ottobre che Basso e sua figlia attendono di sapere che ne sarà di loro.
L’ultima storia raccontata da Ruggiu è quella di Loredana Gabano, madre di Gabriele, che si è ritrovata in Tribunale insieme a tutta la famiglia, convocata su richiesta della ASL Roma 2 per essere sostituita nelle sue funzioni di amministratrice di sostegno. La famiglia chiedeva che per Gabriele venisse predisposto «un progetto di vita autonoma assistita, così come era stato consigliato dall’istituto di riabilitazione in provincia di Rimini dove era stato ricoverato per sette anni, mentre per la ASL Roma 2, che non lo aveva praticamente mai visto, Gabriele doveva entrare in un istituto. Secondo loro mio figlio era pericoloso perché, oltre a un lieve ritardo, ha una diagnosi di schizofrenia paranoide», spiega la donna. Dopo le dimissioni di Gabriele, nel 2021, la famiglia si è rivolta al Tribunale Amministrativo del Lazio, che il 22 aprile ha emesso una Sentenza in loro favore. Sentenza che però l’ASL non ha mai rispettato, preferendo convocare la famiglia davanti al giudice tutelare. A dicembre scorso la vicenda si è chiusa positivamente. «È solo grazie a un giudice illuminato se oggi mio figlio è libero e può seguire il suo progetto di vita», conclude Gabano.
Il servizio su «la Repubblica», al quale rimandiamo, prende in esame molti ulteriori aspetti. Si parla, ad esempio, della necessità e della difficoltà di monitorare le singole situazioni, anche alla luce del fatto che i contenziosi sono tantissimi, e solo nel Tribunale di Roma ci sono oltre 20 mila pratiche aperte, un numero che cresce di anno in anno (se ne legga anche a questo link). Si accenna, infine, alla proposta di riforma della Legge 6/2004 avanzata lo scorso novembre dall’Associazione Diritti alla Follia, da molti anni in prima linea nell’informare su questi temi, anche, ma non solo, con campagne di sensibilizzazione mirate (si veda, a tal proposito, quella lanciata nell’aprile 2021: Se la tutela diventa ragnatela).
Come centro Informare un’h, oltre a continuare a tenere un faro acceso su queste storie, non ci resta che ribadire la necessità e l’urgenza di mettere mano all’istituto dell’amministrazione di sostegno. Una raccomandazione che, non ci stanchiamo di ripeterlo, ci era già stata rivolta nel 2016 dal Comitato ONU, l’organo di esperti/e indipendenti preposto al monitoraggio dell’attuazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (si veda il punto 28 delle Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della citata Convenzione).
Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)
Vedi anche:
Sara Bonanno, Com’è stato possibile che l’amministrazione di sostegno sia divenuta un’arma intimidatoria?, «Informare un’h», 4 febbraio 2023.
Noi, non saremo complici: diversi Enti si schierano con Simone e sua madre, Sara Bonanno, «Informare un’h», 3 febbraio 2023.
È ora di mettere fine agli abusi nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno, «Informare un’h», 3 febbraio 2023.
Amministrazione di sostegno, doveva essere un abito su misura… invece, «Informare un’h», 18 febbraio 2022.
Ultimo aggiornamento il 23 Marzo 2023 da Simona