La non discriminazione e l’uguaglianza delle donne con disabilità sono disposizioni vincolanti e trasversali alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. La stessa Convenzione ONU può essere intesa e applicata correttamente solo includendo la variabile del genere. Per ottemperare a tali disposizioni gli Stati Parti devono adottare un “approccio a doppio binario”. Questi sono solo alcuni degli elementi che scaturiscono dall’esame del Commento Generale n. 3, elaborato, nel 2016, dal Comitato ONU per i diritti delle persone con disabilità. Un importantissimo documento che in Italia è stato completamente ignorato.
Anche se in Italia è stato completamente ignorato, nel 2016 il Comitato ONU per i diritti delle persone con disabilità ha prodotto un importantissimo documento in tema di donne con disabilità. Il Comitato ONU, è bene ricordarlo, è l’organo di esperti indipendenti che monitora l’attuazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità da parte degli Stati che l’hanno ratificata (tra questi, l’Italia, con la Legge 18/2009). Il testo a cui ci riferiamo è il Commento Generale n. 3 (in lingua inglese) che, prendendo le mosse dall’articolo 6 della Convenzione ONU (articolo specificamente dedicato proprio alle donne con disabilità), finisce col dare utili ed autorevoli indicazioni che portano a rileggere in una prospettiva di genere l’intera Convenzione ONU. Ciò che conferisce autorevolezza e rilevanza politica ai Commenti Generali adottati dal Comitato è anche la modalità partecipata che coinvolge nel processo di elaborazione di ciascun Commento tutti gli enti/organizzazioni composti da persone con disabilità e rappresentativi di esse a livello nazionale o internazionale che desiderano contribuire alla riflessione sui temi presi in esame di volta in volta. Prima di procedere alla stesura del testo, infatti, il Comitato sollecita questi enti/organizzazioni affinché inviino le proprie considerazioni e proposte inerenti allo specifico tema su cui verte il Commento Generale in fase di definizione; tema che, come nel caso del Commento Generale n. 3, solitamente prende spunto da un articolo o da una disposizione contenuta nella Convenzione stessa.
Le osservazioni che seguono vogliono mettere in evidenza alcuni elementi di particolare rilevanza contenuti nel Commento Generale n. 3 (adottato il 26 agosto 2016, e promulgato il 25 novembre dello stesso anno). Esse sono inevitabilmente parziali e non possono considerarsi esaustive dei contenuti del Commento (che si compone di 65 punti), infatti gli elementi presenti in esso sono tanti e tali da non consentire di essere adeguatamente valorizzati in un singolo testo divulgativo.
Prima di entrare nel merito, è necessario ricordare che l’articolo 6 della Convenzione ONU riconosce che «le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple» (grassetti nostri in questa e in tutte le citazioni successive, N.d.R.), ed impegna gli Stati Parti ad adottare misure per garantire loro «il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali».
Iniziamo, dunque, ad esaminare il Commento. Nella parte iniziale il Comitato osserva come esistano prove evidenti che dimostrano che le donne e le ragazze con disabilità devono affrontare ostacoli nella maggior parte degli ambiti della vita. Queste barriere creano discriminazioni multiple e intersezionali nei confronti di donne e ragazze con disabilità, in particolare per quanto riguarda la parità di accesso all’istruzione, le opportunità economiche, l’inclusione sociale e la giustizia, il pari riconoscimento davanti alla legge, la capacità di partecipare alla vita politica e di esercitare il controllo sulla propria vita in una serie di contesti, ad esempio, in relazione all’assistenza sanitaria, compresi i servizi per la salute sessuale e riproduttiva, e poter scegliere dove e con chi desiderano vivere (punto 2). Ignorate dalle leggi e dalle politiche internazionali e nazionali sulla disabilità, e da quelle rivolte alle donne, l’invisibilità delle donne e delle ragazze con disabilità ha permesso che si perpetuassero le situazioni di discriminazione multipla e intersezionale nei loro confronti (punto 3).
«Le donne con disabilità non sono un gruppo omogeneo», ciascuna di esse può incarnare nella propria persona molte altre caratteristiche potenzialmente discriminanti. Possiamo avere donne indigene, rifugiate, migranti, richiedenti asilo o semplicemente sfollate, donne in stato di detenzione (perché ricoverate in ospedali o in strutture residenziali, oppure recluse in istituti penitenziari, in penitenziari minorili, in prigioni), donne che vivono in condizioni di povertà, donne di diversa etnia, religione e razza, donne con disabilità multiple che necessitano di alti livelli di supporto, donne con albinismo, donne lesbiche, bisessuali e transgender, nonché persone intersessuali. La diversità delle donne con disabilità comprende anche tutti i tipi di menomazioni e condizioni fisiche, psicosociali, intellettuali o sensoriali che possono o meno comportare limiti funzionali (punto 5). «Il concetto di discriminazione intersezionale riconosce che gli individui non subiscono discriminazioni come membri di un gruppo omogeneo ma, piuttosto, come individui con strati multidimensionali di identità, stati e circostanze della vita. Esso riconosce le realtà vissute e le esperienze di accresciuto svantaggio degli individui causato da forme multiple e intersecanti di discriminazione, che richiedono l’adozione di misure mirate in relazione alla raccolta disaggregata dei dati, alla consultazione, all’elaborazione delle politiche, all’applicabilità delle politiche di non discriminazione, e alla fornitura di rimedi efficaci» (punto 16).
L’articolo 6 della Convenzione ONU è una risposta alla mancanza di riconoscimento dei diritti delle donne e delle ragazze con disabilità che hanno lavorato duramente per includere quell’articolo nel trattato. Esso rafforza l’approccio non discriminatorio della Convenzione, in particolare per quanto riguarda le donne e le ragazze, e richiede che gli Stati Parti vadano oltre l’astensione dall’intraprendere azioni discriminatorie, e si spingano sino ad adottare misure volte allo sviluppo, l’avanzamento e l’emancipazione delle donne e delle ragazze con disabilità, e a promuovere disposizioni per rafforzarle riconoscendo che sono titolari di diritti distinti, fornendo canali per far sentire la loro voce ed esercitare il libero arbitrio, aumentando la loro fiducia in se stesse, incrementando il loro potere e l’autorità di prendere decisioni in tutte le aree che riguardano la loro vita. L’articolo 6 dovrebbe indurre gli Stati Parti ad ottemperare alle proprie responsabilità connesse alla Convenzione di promuovere, proteggere e soddisfare i diritti umani delle donne e delle ragazze con disabilità, secondo un approccio basato sui diritti umani ed in una prospettiva di sviluppo (punto 7).
«L’articolo 6 è una disposizione vincolante di non discriminazione e di uguaglianza che mette in chiaro in modo inequivocabile la discriminazione nei confronti delle donne con disabilità e promuove la parità di opportunità e la parità di risultati. Le donne e le ragazze con disabilità hanno maggiori probabilità di essere discriminate rispetto agli uomini e ai ragazzi con disabilità e alle donne e alle ragazze senza disabilità» (punto 9).
La fase preparatoria della stesura del Commento ha identificato tre temi principali che riguardano la protezione dei diritti umani delle donne e delle ragazze con disabilità: violenza, diritti inerenti la salute sessuale e riproduttiva e la discriminazione. Il Comitato esprime preoccupazione per la prevalenza della discriminazione multipla e della discriminazione intersezionale nei confronti delle donne con disabilità, che scaturisce dal genere, dalla disabilità e da altri fattori che non sono sufficientemente considerati nella legislazione e nelle politiche; per il diritto alla vita; per il pari riconoscimento davanti alla legge; per la persistenza della violenza contro le donne e le ragazze con disabilità, compresa la violenza e l’abuso sessuale; per la sterilizzazione forzata e le mutilazioni genitali femminili; per lo sfruttamento sessuale ed economico; per il ricorso all’istituzionalizzazione; per la mancanza o l’insufficiente partecipazione delle donne con disabilità ai processi decisionali nella vita pubblica e politica; per la mancanza di inclusione di una prospettiva di genere nelle politiche sulla disabilità e di una prospettiva dei diritti delle persone con disabilità nelle politiche che promuovono la parità di genere; per la carenza di misure specifiche volte a promuovere l’istruzione e l’occupazione delle donne con disabilità (punto 10).
Il Commento Generale in questione «esprime un’interpretazione dell’articolo 6 che si basa sui Principi generali delineati nell’articolo 3 della Convenzione, vale a dire: il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone; la non discriminazione; la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società; il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa; la parità di opportunità; l’accessibilità; la parità tra uomini e donne; il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità» (punto 11).
«L’articolo 6 è un articolo trasversale relativo a tutti gli altri articoli della Convenzione. Dovrebbe ricordare agli Stati Parti di includere i diritti delle donne e delle ragazze con disabilità in tutte le azioni volte ad attuare la Convenzione» (punto 12).
«In linea con la Convenzione, gli Stati Parti devono adottare “tutte le misure appropriate” per garantire e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità. Le misure possono essere di natura legislativa, educativa, amministrativa, culturale, politica, linguistica o di altro tipo. Le misure sono appropriate se rispettano i principi della Convenzione, compreso l’obiettivo di garantire alle donne con disabilità l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella Convenzione. Le misure possono essere temporanee o di lunga durata e dovrebbero superare la disuguaglianza di diritto e di fatto. Mentre misure speciali temporanee come le quote potrebbero essere necessarie per superare la discriminazione multipla strutturale o sistemica, misure di lunga durata, come la riforma delle leggi e delle politiche per garantire la pari partecipazione delle donne con disabilità in tutti gli ambiti della vita, sono prerequisiti essenziali per raggiungere l’uguaglianza sostanziale per le donne con disabilità» (punto 20).
«Tutte le misure devono garantire il pieno sviluppo, l’avanzamento e l’emancipazione delle donne con disabilità. Sebbene lo sviluppo riguardi la crescita economica e l’eliminazione della povertà, esso non si limita a tali aree. Anche se le misure di sviluppo sensibili al genere e alla disabilità nei settori dell’istruzione, dell’occupazione, della generazione di reddito e della lotta alla violenza, tra le altre, possono essere appropriate per garantire la piena emancipazione economica delle donne con disabilità, sono necessarie misure aggiuntive in materia di salute, partecipazione politica, cultura e sport» (punto 21). Tali misure «devono andare oltre l’obiettivo dello sviluppo e mirare anche a migliorare la situazione delle donne con disabilità per tutta la durata della loro vita. Non è sufficiente tenere conto delle donne con disabilità quando si progettano misure per lo sviluppo; piuttosto, anche le donne con disabilità devono essere messe in grado di partecipare e contribuire alla società» (punto 22).
L’obbligo di ottemperare alle disposizioni della Convenzione «impone un dovere continuo e dinamico di adottare e applicare le misure necessarie per garantire lo sviluppo, l’avanzamento e l’emancipazione delle donne con disabilità. Gli Stati Parti devono adottare un approccio a doppio binario: (a) integrando sistematicamente gli interessi ed i diritti delle donne e delle ragazze con disabilità in tutti i piani d’azione nazionali, le strategie e le politiche riguardanti le donne, l’infanzia e la disabilità, nonché nei piani settoriali riguardanti, ad esempio, l’uguaglianza di genere, la salute, la violenza, l’istruzione, la partecipazione politica, l’occupazione, accesso alla giustizia e alla protezione sociale; e (b) intraprendendo azioni mirate e specificamente centrate sulle donne con disabilità. Un approccio a doppio binario è essenziale per ridurre le disuguaglianze in termini di partecipazione e godimento dei diritti (punto 27).
Come già specificato, il Commento contiene tantissimi elementi. Analizza il rapporto tra l’articolo 6 e gli altri articoli della Convenzione (sia quelli in cui la questione di genere è espressamente richiamata, sia quelli nei quali è sottesa). Fornisce indicazioni molto puntuali per l’implementazione delle disposizioni di cui si tratta nei contesti nazionali. Individua e definisce le tante forme di discriminazione che possono colpire le donne con disabilità (“discriminazione multipla”, “discriminazione intersezionale”, “discriminazione diretta”, “discriminazione indiretta”, “discriminazione per associazione”, “negare un accomodamento ragionevole”, “discriminazione strutturale o sistemica”). Fornisce, nel suo complesso, un esempio di cosa voglia dire applicare concretamente la prospettiva di genere connessa non solo alla disabilità, ma ai molteplici fattori che, combinandosi, fanno crescere in modo esponenziale il rischio di discriminazione e di violazione dei diritti umani. Tutto ciò sottolineando il carattere vincolante e trasversale delle disposizioni indicate.
In conclusione riteniamo di poter affermare che tutti gli elementi contenuti nel Commento Generale n. 3 poggino sul seguente assunto portante: la Convenzione ONU può essere intesa e applicata correttamente solo includendo la variabile del genere.
A cura di Simona Lancioni
Responsabile del centro Informare un’h di Peccioli (Pisa)
Per approfondire:
Nazioni Unite: Comitato sui Diritti delle Persone con Disabilità, General comment No. 3 (2016) on women and girls with disabilities, adottato il 26 agosto 2016, promulgato il 25 novembre 2016 (in lingua inglese).
In relazione al Commento n. 3 Comitato sui Diritti delle Persone con Disabilità è disponibile anche il seguente testo: Simona Lancioni, Le diverse forme di discriminazione nei confronti delle donne con disabilità, «Informare un’h», 4 settembre 2019.
Donne con disabilità: quadro teorico di riferimento, «Informare un’h», 28 agosto 2019.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.
Data di creazione: 4 Settembre 2019
Ultimo aggiornamento il 13 Gennaio 2020 da Simona