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Il concetto (plurale) di Recovery nell’ambito della salute mentale

Il concetto di Recovery ha riscosso un notevole interesse nell’àmbito della salute mentale, tuttavia la mancanza di una definizione chiara e condivisa dello stesso fa sì che esso si presti a differenti interpretazioni. Per conoscere nel dettaglio i molteplici significati attribuiti a questo costrutto si rivela prezioso un recente studio svolto da un gruppo di lavoro del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FISPPA) dell’Università di Padova che ha coinvolto, quali componenti del team di ricerca, anche due Esperte del Supporto tra Pari. Le evidenze emerse hanno indotto il gruppo di lavoro a proporre un’interpretazione plurale del costrutto stesso.

Wassily Kandinsky, Studio dei colori, quadrati con cerchi concentrici, 1913.

Il concetto di Recovery ha riscosso un notevole interesse nell’àmbito della salute mentale, tuttavia la mancanza di una definizione chiara e condivisa dello stesso fa sì che esso si presti a differenti interpretazioni. C’è chi lo intende come «un recupero delle proprie capacità naturali» – è questa l’espressione utilizzata, ad esempio, da Susanna Brunelli, Esperta Per Esperienza o Supporto tra Pari (ESP), in un testo dedicato al Supporto tra Pari (se ne legga a questo link), che lo considera anche un’opportunità per trasformare le esperienze passate in occasione di apprendimento e di evoluzione personale che rende la persona capace di affrontare le sfide future con una nuova prospettiva –, e c’è chi invece lo usa per indicare il processo di «guarigione», collocandolo in un’area semantica che richiama in qualche modo il modello medico della disabilità. E tuttavia indagare e comprendere bene cosa si debba intendere per Recovery ha notevoli implicazioni, non solo sulle politiche e le pratiche poste in essere nell’area della salute mentale, ma anche, ad un livello più generale, sul modo in cui le persone che vivono, o hanno vissuto, un’esperienza di sofferenza mentale vengono percepite dalla collettività.

Per conoscere nel dettaglio i molteplici significati attribuiti a questo costrutto si rivela prezioso un recente studio svolto da un gruppo di lavoro del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FISPPA) dell’Università di Padova che ha coinvolto, quali componenti del team di ricerca, anche due Esperte del Supporto tra Pari. Le due Esperte hanno partecipato alla pari con gli/le altri/e componenti del team in tutte le fasi del lavoro: la progettazione, la conduzione dello studio, la discussione dei risultati, la consulenza sulle implicazioni e la divulgazione. Una scelta metodologica, quest’ultima, di per sé qualificante perché orientata a dare concretezza ai principi di autorappresentanza e protagonismo delle persone con disabilità enunciati nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

In specifico, attraverso lo studio è stata svolta una revisione narrativa che ha esplorato le diverse definizioni del costrutto di Recovery disponibili in letteratura, esaminando gli aggettivi che lo qualificano e l’approccio teorico a cui l’aggettivo si riferisce. Per compiere tale revisione sono stati selezionati 43 articoli scientifici pubblicati dal 2005 al 2024 e reperiti tramite i database online PubMed, Scopus, Google Scholar e PsycINFO. Le evidenze emerse hanno indotto il gruppo di lavoro a proporre un’interpretazione plurale del costrutto stesso, come ben illustrato nell’articolo che ne è scaturito: One or Many Recoveries? Recoveries in the Plural for a Better Understanding of One’s Healing Journey, ovvero: Una o molte Recoveries? Recoveries al plurale per una migliore comprensione del proprio percorso di guarigione, di Elena Faccio, Michele Rocelli, Lia Bitetti, Giuseppe Salamina, Susanna Brunelli, Federica Mangione, Ludovica Aquili (PubMed Central, 15 marzo 2025).

Nonostante già a partire dagli Anni Sessanta numerose pubblicazioni si siano occupate del concetto di Recovery nella salute mentale, e vi sia stata un’impennata negli ultimi vent’anni, un’analisi approfondita della letteratura ha mostrato la mancanza di consenso riguardo alla sua definizione, e come esso venga inteso in modi differenti tra utenti dei servizi, caregiver, professionisti/e e decisori politici. Tuttavia la riflessione che si è sviluppata a partire dagli Anni Settanta si è focalizzata principalmente su due significati del termine: «Il primo, più concettuale, è stato proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e si basa su studi longitudinali con un approccio biomedico. Il secondo deriva dal movimento di ex pazienti, sopravvissuti, consumatori o utenti dei servizi di salute mentale, che rivendicava il diritto delle persone con gravi malattie mentali a vivere una vita al di là del ruolo di “paziente psichiatrico”. Nonostante l’interesse del movimento orientato al recupero per la natura soggettiva dei problemi mentali, il modello biomedico e la sua enfasi sull’eziologia rimangono molto influenti in tutto il mondo. Queste due prospettive, con i loro valori e linguaggi, sono ancora presenti; a volte le loro definizioni sono in forte tensione, a volte si intrecciano, generando ambiguità insuperabili».

In concreto dal lavoro di studio «sono emerse sette definizioni di Recovery, ciascuna supportata da specifiche prospettive teoriche: recupero clinico, personale, narrativo, sociale, familiare, culturale e relazionale. Gli aggettivi si riferiscono a quadri teorici spesso molto distanti tra loro e in competizione epistemologica; tuttavia, molti articoli presuppongono una conciliabilità e una possibile integrazione. Gli autori/autrici hanno discusso criticamente i vantaggi e i rischi di considerare costrutti così diversi come complementari».

Queste dunque le conclusioni a cui è giunto il gruppo di lavoro: «Mantenere aperte e plurali le descrizioni teoriche e i modelli di guarigione significa permettere agli operatori della salute mentale di non monologizzare i discorsi sul cambiamento imponendo il proprio punto di vista agli/alle utenti [dei servizi]. Significa sostenere gli/le utenti a cercare autenticamente i loro percorsi di guarigione senza conformarsi alle aspettative dei clinici. Significa anche abbandonare semplificazioni fuorvianti e ingenue e utilizzare rigorosamente i termini appropriati e pertinenti allo specifico costrutto di guarigione a cui i ricercatori fanno di volta in volta riferimento. Questo è particolarmente importante quando si tratta della componente relazionale, che sembra ricevere sempre più attenzione in letteratura e sulla quale c’è più confusione». (S.L.)

 

Vedi anche:

«Volevano vedermi volare», una Guida sul supporto tra pari nell’area della salute mentale, «Informare un’h», 17 gennaio 2025.

Susanna Brunelli,  Il “Supporto tra Pari” come strumento trasformativo, «Informare un’h», 29 dicembre 2024.

 

Ultimo aggiornamento il 15 Aprile 2025 da Simona