Recenti studi e sondaggi internazionali condotti su diverse migliaia di lavoratori e lavoratrici intervistati/e mostrano come la disabilità, oltre alla genitorialità e all’età, siano ancora fattori di esclusione. Smart working e luoghi di lavoro senza barriere architettoniche non sono sufficienti ad arginare le condotte scorrette: un esperimento sociologico ha infatti rilevato tassi decisamente sconfortanti, per i candidati e le candidate al lavoro con disabilità.*

Non tutti i colloqui di lavoro sono uguali: una persona su 2 dichiara infatti di avere subito discriminazione durante la selezione o sul posto di lavoro. L’allarme emerge da un sondaggio condotto su 4.000 lavoratori e lavoratrici recentemente pubblicato nel Regno Unito. Ad essere colpite soprattutto le donne che hanno il doppio delle probabilità di denunciare discriminazioni rispetto agli uomini. Ulteriori studi realizzati in Europa e negli Stati Uniti evidenziano poi le difficoltà delle persone con disabilità, perché smart working (“lavoro agile”) e luoghi di lavoro senza barriere architettoniche non sono sufficienti ad arginare le condotte scorrette: un esperimento sociologico ha infatti rilevato tassi di recall (“richiamo al lavoro”) inferiori del 15% rispetto a candidati e candidate senza disabilità.
In tal senso, un sondaggio americano pubblicato da HrBrew.com e condotto intervistando oltre 2.000 lavoratori e lavoratrici ha rivelato come il 25% delle persone intervistate con disabilità abbia affermato come questa rappresenti una sfida nell’àmbito dei processi di selezione. Il 37%, inoltre, ha affermato di avere difficoltà a capire dalle job description (“descrizione delle caratteristiche del tipo di lavoro”) se i ruoli per i quali si candidano potranno essere adatti alla loro condizione. Circa il 33% ha inoltre affermato di non sentirsi a proprio agio nel rivelare la propria disabilità nel processo di ricerca di un impiego.
Riattraversando l’Atlantico le cose non sembrano andare molto meglio. L’Università di Cardiff, quella di Liverpool e la Thames Water hanno infatti condotto di recente uno studio sociologico su larga scala in cinque città britanniche, presentando domande fittizie per oltre 4.000 posti di lavoro vacanti, identificandosi una parte come aspiranti lavoratori su sedia a rotelle e una parte come candidati privi di disabilità. Le candidature riguardavano principalmente e volutamente due categorie professionali, quella della contabilità e dell’assistenza finanziaria, che non ponevano ostacoli di natura fisica. Il risultato? È stata riscontrata una discriminazione significativa nei confronti dei candidati con disabilità, con un tasso di recall (“richiamo al lavoro”) inferiore del 15% rispetto ai candidati senza disabilità. La discriminazione è stata più forte per il ruolo, meno qualificato, di assistente finanziario, dove il divario era addirittura del 21%. E persino per i posti di lavoro da remoto non sono stati registrati divari minori, sollevando interrogativi sulla capacità dello smart working di contrastare la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità.
«La discriminazione nei colloqui di selezione è un problema radicato e che, dal nostro punto di vista, limita il potenziale delle aziende – commenta Cristina Danelatos, membro del Consiglio di Zeta Service, azienda italiana specializzata nei servizi HR e Payroll –. Non si tratta “solo” di una questione etica, che pure è rilevante, ma di pratiche che impediscono, in virtù di pregiudizi sovente di natura culturale, anche l’inclusione di talenti preziosi che possono contribuire alla diversità e all’innovazione».
«Se si vuole realmente puntare alla diversità in azienda – conclude – occorre utilizzare canali e strumenti nuovi di ricerca, altrimenti non si otterrà un risultato diverso da quello ottenuto fino ad oggi. Professionisti e professioniste con esperienza sono in grado di affiancare la funzione HR [Risorse umane] nella ricerca e nell’identificazione dei talenti, utilizzando canali ed approcci specifici». (Carmela Cioffi)
Per maggiori informazioni: Cristiano Puglisi (c.puglisi@espressocommunication.it).
* Il presente testo è già stato pubblicato su «Superando.it», il portale promosso dalla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie, già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.
Ultimo aggiornamento il 5 Marzo 2025 da Simona