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Disabilità e Vita indipendente: una guida europea

di Giovanni Merlo*

La Commissione Europea indica le sue priorità nell’utilizzo dei fondi sulla disabilità. Offrire servizi di supporto per prendere decisioni e per garantire assistenza e cura nella comunità. Queste, in estrema sintesi, sono i compiti che la Commissione Europea affida agli interventi pubblici in favore delle persone con disabilità. Si tratta di indicazioni di cui, almeno in questa forma, si stenta a trovare traccia nei diversi atti normativi che interessano il mondo della disabilità, anche in questo periodo di transizione e che, quindi, vale la pena analizzare per coglierne il senso ed il valore.

Una giovane in sedia a rotelle su un prato, sullo sfondo il sole filtra dalle rade nubi.

La “Guida”

Il 20 novembre 2024, la Commissione Europea ha pubblicato, in forma di avviso (Commission Notice), la “Guida sulla vita indipendente e l’inclusione nella società delle persone con disabilità nel contesto dei fondi europei[la versione originale in lingua inglese è disponibile a questo link, quella in lingua italiana, prodotta in modo automatico e dunque non verificata, a quest’altro link, N.d.R.]. Nella gerarchia degli atti della Commissione Europea potrebbe apparire come non particolarmente rilevante. La sua lettura, però, risulta essere di grande interesse perché l’intento di questo testo è quello di tradurre in indicazioni concrete, in particolare nell’uso dei fondi europei, l’obiettivo di riconoscere e rispettare il diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale di tutte le persone con disabilità. Si tratta di un documento di 21 pagine, suddiviso in 4 capitoli e numerosi paragrafi. In primo luogo viene ri-affermato il principio che lo scopo delle politiche europee per le persone con disabilità è quello di contribuire a raggiungere la vita indipendente e l’inclusione sociale per le persone con disabilità. Simili affermazioni sono contenute anche nella Legge 227/2021 e nel Decreto Legislativo 62/2024 [1] e, con forse ancora maggiore chiarezza, nella Legge Regionale Lombarda 25/2022 [2]. Ma se passiamo dalle norme principali a quelle secondarie, almeno in Lombardia, possiamo notare alcune differenze: da un lato, ad esempio, abbiamo la Deliberazione della Giunta Regionale 984/2023 [se ne legga anche al seguente link, N.d.R.] che, istituendo i Centri per la vita indipendente, si inserisce chiaramente in questo filone normativo. Dall’altro, se invece osserviamo la più recente “Delibera delle regole” del sistema sociosanitario [3] si nota come, anche nei passaggi espressamente dedicati alla disabilità, si trascuri quasi del tutto il tema della vita indipendente limitandosi a citare, in alcuni passaggi, quello dell’inclusione sociale.

Obiettivo deistituzionalizzazione?

Le linee guida della Commissione Europea definiscono la deistituzionalizzazione [4] come un obiettivo, quasi scontato, dell’azione degli Stati europei e a cui deve essere finalizzato l’utilizzo dei fondi europei.

“EU funds continue to support Member States strategies and plan for the transition from institutional care to community-based services and independent living [5]” (Pag. 2)

Non abbiamo invece traccia di alcun piano nazionale o regionale per la deistituzionalizzazione. Questo obiettivo non figura, in modo esplicito, nella Legge 227/2021 e quindi neanche nel Decreto Legislativo 62/2024, nonostante fosse questo il punto di partenza di questo percorso, previsto dal PNNR [6]. Di deistituzionalizzazione parlerebbe invece l’art. 10 della [già menzionata] Legge Regionale 25/2022 quando affronta il tema della revisione dei criteri di accreditamento dei servizi [7]: si tratta di uno dei passaggi della “Legge 25” non ancora attuati.
Il tema del diritto alla vita indipendente e quello della deistituzionalizzazione si intrecciano spesso nella trama del documento della Commissione. Viene infatti specificato e descritto come la “vita indipendente” abbia a che fare con la possibilità di poter esercitare il diritto di scelta e di controllo sulla propria vita: ciò non significa vivere e cavarsela da soli, ma ricevere i supporti necessari per la propria autonomia e per partecipare alla vita sociale, alle stesse condizioni degli altri, anche nelle scelte della vita quotidiana.

La strada da percorrere

Nelle “nostre” discussioni pubbliche, ricorre l’idea che l’utilizzo dei servizi istituzionalizzanti potrà essere eliminato o fortemente ridotto, solo quando saranno presenti e diffuse sul territorio delle proposte alternative. La prospettiva di questa Guida, sembra accogliere questa preoccupazione, indicando una strada precisa perché possa essere realizzata. Prevede la necessità di sostenere “servizi basati sulla comunità” (community-based service) anche re-indirizzando le risorse destinate ai servizi istituzionali al sostegno di luoghi di residenza accessibili e non segreganti [8]. Una possibilità non ancora praticata ma che, almeno sui singoli casi, sarebbe già oggi offerta dalla Legge Regionale 25/2022 [9].
Quello che invece la Guida europea chiede – e di cui non si trova traccia nella programmazione regionale e nazionale – è che si avvii una fase di transizione per il superamento dei servizi istituzionali definendo un preciso calendario per il raggiungimento di questo obiettivo. Una strategia che viene descritta e illustrata in modo preciso in 7 punti, indicando anche come i fondi europei potranno essere utilizzati solo per sostenere la vita indipendente e l’inclusione sociale delle persone con disabilità. La Guida specifica che per intraprendere questa strada sia necessario assicurare il sostegno ai

“Individual plans and case management approaches aim at identifying the individual support needs of persons with disabilities and ensuring the organisation and delivery of services centred on the user’s needs, as well as the continuity of support. [10]” (pag. 8)

Una decisa similitudine sul compito che le nostre recenti norme attribuiscono al “Progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato”.

Dalle parole ai fatti? A partire dall’inclusione

La parte decisamente di maggior interesse è quella presentata nel terzo capitolo, che cerca di offrire le indicazioni per dare concretezza ai principi fino ad ora affermati [11].
Colpisce, dal punto di vista del metodo, la scelta di ordinare gli interventi secondo un principio intersezionale: un criterio che risulta ancora sostanzialmente assente dai nostri piani e programmi di settore. Così mentre noi ci occupiamo ancora di piani per la “grave e gravissima disabilità” piuttosto che dedicati all’autismo, la Commissione Europea propone una programmazione che tenga conto di tutte le condizioni, da quelle specifiche dei bambini con disabilità, a quelle delle persone anziane con disabilità, da quelle delle ragazze e donne con disabilità, a quelle che fanno parte di minoranze etniche e di quelle LGBTIQ, sino e agli adulti con problemi mentali, disabilità intellettive o con bisogni di supporto complessi.
In tutti i casi, tenendo conto delle specifiche situazioni, il mantra è quello dell’inclusione, del contrasto all’isolamento e alla solitudine e del superamento della istituzionalizzazione. Una visione differente rispetto a quelle a cui siamo abituati, dalla quale emergono proposte che raramente troviamo sui nostri tavoli di discussione. Quando si parla di bambini, per esempio, nel lungo elenco di misure da prevedere emerge anche quella di mettere a disposizione anche dei minori la figura dell’assistente personale. Ancora quando si affronta il tema degli anziani tutto punta al sostegno alla domiciliarità e all’inclusione, senza alcun riferimento a servizi, anche solo paragonabili, alle RSA [residenze sanitarie assistite, N.d.R.]. Si fa riferimento alla “istituzionalizzazione di genere” così come si prevedono attenzioni alle persone con disabilità che vivono in zone rurali o remote.

Dalle parole ai fatti? Anche per i servizi

La gran parte delle risorse disponibili per il welfare sociale per la disabilità, viene oggi indirizzata ai servizi e alle prestazioni destinate agli adulti con bisogno di sostegno intensivo, in particolare persone con disabilità intellettiva e/o persone con problemi di salute mentale. Come annunciato in apertura, in questo caso gli interventi, secondo la Guida, dovranno essere indirizzati a sostenere:

  • servizi di supporto per prendere decisioni;
  • servizi di assistenza e cura nella comunità.

La distanza appare notevole rispetto a quanto avviene nel presente, ma anche rispetto a quanto si sta progettando per il futuro: per colmare questo gap sarà necessario che quanto scritto in alcuni passaggi del Decreto Legislativo 62/2024 e della Legge Regionale 25/2022, rispetto alla redazione del “Progetto di vita”, venga implementato con serietà e radicalità. In questo contesto, non stupisce che i “sistemi di tutela o altre limitazioni delle capacità legale siano definiti senza mezzi termini delle barriere. [12]
La qualità dei servizi deve essere misurata nella loro capacità di garantire l’autodeterminazione delle persone con disabilità, anche grazie alla preparazione e competenza degli operatori a cui devono essere garantite eque condizioni di lavoro.
Nel passaggio dalle parole ai fatti, viene indicata anche la strada del garantire l’uso di tecnologie assistive e la disponibilità di case adeguate, accessibili e non segreganti. Il sostegno ai progetti individuali deve prevedere l’assistenza personale, cure domiciliari professionali (sanitarie e non) e il supporto ai familiari che prestano assistenza.
Nel complesso la Commissione Europea indica che attraverso l’uso dei suoi fondi si sviluppino e sostengano dei modelli di finanziamento incentrati sulla persona (definiti come budget personali) per fare in modo che l’utilizzo delle risorse si adatti alle esigenze delle persone: l’obiettivo è quello di evitare l’istituzionalizzazione e di permettere di organizzarsi e controllare il proprio sostegno. [13]

Dalle parole ai fatti? Il lavoro per e nella comunità

Un altro aspetto che, nonostante le evoluzioni normative, fatica a trovare tempo, spazio e risorse nelle politiche di welfare sociali territoriali è il lavoro per rendere maggiormente inclusiva la comunità. Il capitolo della Guida che si occupa di questo tema ha un titolo decisamente evocativo “Breaking barriers for inclusion in the community [14]. Si tratta di prendere atto che se una persona con disabilità vive una situazione di marginalità e solitudine non è in primo luogo, per via della sua compromissione (“è grave!”) ma per la presenza di barriere di diversa natura che ne impediscono la sua partecipazione alla vita sociale.  Per questo motivo, viene posto come centrale il tema dell’accessibilità.

Investments can thus support equal access to social and health care services, early childhood education and care, education and training, employment, culture and leisure activities. In this regard, accessibility of the built environment, community facilities, infrastructure, goods and services, including transport and housing and of information and communication technologies is essential” [15] (pag. 9)

Una Guida, soprattutto per i Centri per la Vita Indipendente

Nelle politiche regionali, tra i sostegni necessari per essere inclusi nella società e mantenere i legami con la comunità figurano i Centri per la Vita Indipendente, che stanno finalmente venendo alla luce nel nostro territorio. La “Guida”, nella sua interezza, potrebbe essere assunta come uno strumento a sostegno di questa fase pioneristica di avvio dei primi 34 Centri lombardi. Seguendo le linee del documento, i CVI devono configurarsi come servizi, concettualmente nuovi, che dovranno spendere le proprie energie e competenze proprio per offrire servizi di supporto alle persone con disabilità per prendere decisioni e per garantire loro assistenza e cura nella comunità. Una delle sfide che i Centri dovranno assumere in questo primo biennio dovrà proprio essere quello di riconoscere e rispettare il ruolo che le persone con disabilità devono assumere nella loro gestione.

“Peer support should be self-directed, independent of institutions and medical professionals, and autonomously organised by persons with disabilities” [16] (pag. 10)

In questo panorama, non è apparso superfluo sottolineare la necessità, se non anche il vincolo, di coinvolgere le associazioni rappresentative delle persone con disabilità nello sviluppo delle politiche di implementazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità: infatti, è significativo – e non affatto scontato – il richiamo all’obbligo di coinvolgere le stesse persone con disabilità nell’evoluzione dei servizi su base comunitaria. Una attenzione che deve riguardare e includere tutte le persone con diverse compromissioni, comprese le persone con disabilità intellettiva o con bisogni complessi di supporto.

 

* Giovanni Merlo è direttore della LEDHA (Lega per i diritti delle persone con disabilità – Federazione regionale lombarda delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari). Il presente testo è già stato pubblicato sul sito «LombardiaSociale.it», e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

[1] Si segnalano i seguenti due contributi di approfondimento sui contenuti del D.lgs 62/2024, pubblicati su LombardiaSociale.it:
Franchini R., Il Progetto di Vita: verso la sperimentazione, 19 giugno 2024
Merlo G., Disabilità: un progetto (di vita) per tutti, 21 giugno 2024
[2] Per approfondimenti, alcuni contributi pubblicati su LombardiaSociale.it:
Plebani R., Voglio una vita … di quelle fatte così, 29 maggio 2023
Spazio Aperto Servizi, Vita indipendente: prospettive e sfide per servizi e istituzioni, 12 marzo 2024
[3] DGR 3720 del 30.12.2024 Determinazioni in ordine agli indirizzi di programmazione del SSR per l’anno 2025.
[4] Sul tema, ricordiamo, che il Comitato ONU per i diritti delle persone con disabilità nel mese di settembre 2022 ha emanato le “Linee guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza”, oggetto di attenzione da parte di LombardiaSociale.it con alcuni contributi tesi ad aprire il dibattito sulle implicazioni concrete che ne possono derivare per il sistema di welfare in particolare della nostra Regione:
Merlo G., Disabilità: è l’ora della de istituzionalizzazione?, 13 gennaio 2023
Franchini R., Tutti a casa? Disabilità, l’abitare tra diritti e Qualità della Vita, 19 febbraio 2023
Gorlani L., De-istituzionalizzazione e UdO per la disabilità: quale legame?, 29 maggio 2023
[5] Traduzione: i fondi dell’UE continuano a sostenere le strategie e i piani degli Stati membri per la transizione dall’assistenza istituzionale ai servizi basati sulla comunità e alla vita indipendente.
[6] La Missione 5 del PNRR indica come obiettivo principale della riforma quello di modificare la legislazione sulla disabilità e promuovere la de istituzionalizzazione.
[7] “… prevedere regole e interventi che garantiscono la formazione di ambienti di vita assimilabili a quelli familiari, il passaggio in condizioni ordinarie dell’abitare e la de-istituzionalizzazione, anche attraverso la riconversione delle risorse, in favore di percorsi inclusivi.”
[8] Sul tema della segregazione, si segnalano alcuni contributi di approfondimento pubblicati su LombardiaSociale.it , a partire dagli esiti di una ricerca promossa da FISH sulla segregazione in Italia:
Merlo G., La segregazione delle persone con disabilità, 8 maggio 2018
Chiodaroli F., Relazione versus Segregazione nelle forme dell’abitare, 26 giugno 2018
Malè M., Servizi contro la segregazione? Si può fare, 19 ottobre 2022
[9] “… le risorse impegnate dalla Regione e dai comuni per le tariffe delle unità di offerta residenziale sociosanitarie o socio-assistenziali, che possono confluire nel budget di progetto qualora si preveda un percorso di uscita dai servizi residenziali e tenuto conto della valutazione multidimensionale, nonché del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato.” (art. 7, punto 2.i L.R. 25/22).
[10] Traduzione: piani individuali che dovranno valutare i bisogni individuali e di accompagnamento della persona attraverso la transizione alla vita indipendente, assicurando la continuità dei supporti.
[11] Il titolo di questo capitolo è “From pinciples to practice: putting independent living into action” (Dai principi alla pratica: mettere in azione la vita indipendente).
[12]“Adults with mental health problems and/or psychosocial disabilities and adults with intellectual disabilities or complex support needs often face barriers in exercising their right to choose and to take decisions over their lives, in particular in systems of guardianship or other limitations to legal capacity” (pag. 7).
[13] “Person-centred funding models, often referred to as individual budgets or personal budgets, can facilitate the tailoring of funding to the individual needs of persons with disabilities. They can enable persons with disabilities and their families to arrange their own support, including personal assistance, preventing their institutionalisation and providing them with choice and control over which services they use, how and where” (pag. 9).
[14] Rompere le barriere per l’inclusione nella comunità.
[15] Traduzione: gli investimenti possono quindi sostenere la parità di accesso ai servizi sociali e sanitari, all’educazione e alla cura della prima infanzia, all’istruzione e alla formazione, all’occupazione, alla cultura e alle attività del tempo libero. A questo proposito, l’accessibilità, dell’ambiente edificato, delle strutture comunitarie, delle infrastrutture, dei beni e dei servizi, compresi i trasporti e gli alloggi e delle informazioni e delle tecnologie di comunicazione è essenziale.
[16] Traduzione: il sostegno tra pari dovrebbe essere autogestito, indipendente dalle istituzioni e dai professionisti medici, e organizzato autonomamente dalle persone con disabilità.

 

Ultimo aggiornamento il 5 Febbraio 2025 da Simona